2023-08-09
«Non sta arrivando la fine del mondo. Rinnovabili? Serve pure il nucleare»
Francesco Corvaro (Facebook)
Francesco Corvaro, nuovo inviato per il clima nominato dal governo: «Giusto agire, ma senza catastrofismi. La transizione sia graduale o lascerà molti indietro. L’elettrico non è l’unica strada e per le case green serviranno dei sussidi».Francesco Corvaro, professore associato in Fisica tecnica industriale all’Università Politecnica delle Marche, ieri è diventato all’improvviso famoso. I ministri degli Esteri e dell’Ambiente lo hanno scelto come inviato speciale per il clima in sostituzione di Alessandro Modiano, indicato da Mario Draghi e dimessosi mesi fa. Corvaro dovrà dunque occuparsi di coordinare le iniziative dei vari ministeri riguardanti la transizione ecologica e, cosa più rilevante, dovrà partecipare ai tavoli internazionali sul tema. Sedi in cui troppo spesso, sull’onda dell’ideologia green, si prendono decisioni dannose per la popolazione. Per questo è estremamente rilevante capire quali siano le posizioni del professore sullo spinosissimo argomento del cambiamento climatico: viste alcune delle ultime uscite del ministro dell’Ambiente, non è che ci sia da stare tranquilli. Tuttavia Corvaro riserva qualche sorpresa, anche se - come ha scritto Domani - le sue prime collaborazioni con la politica sono state a sinistra. Dopo il terremoto in centro Italia ha lavorato come consulente per il commissario straordinario per la ricostruzione, Gianfranco Legnini, e ha collaborato parecchio con Legambiente. Eppure - nonostante sia evidentemente un fan della transizione ecologica - quando lo abbiamo raggiunto al telefono negli Stati Uniti, non ci ha rifilato le solite tirate retoriche (presunte) verdi. Professore, noi la conosciamo poco, anzi non la conosciamo affatto. Allora andiamo subito al punto: che pensa del cambiamento climatico?«Da quando mi sono laureato, nel 2002, lavoro su questi temi. Mi pare che sia ormai assodato che l’attuale situazione dipenda in parte dalle attività antropiche. Dopodiché non penso che si debba fare i catastrofisti. Bisogna intervenire subito, certo, ma senza catastrofismo. Abbiamo tutte le tecnologie per ridurre l’impatto dell’uomo sulla natura, non soltanto per ciò che riguarda le emissioni». Ovvero? «L’inquinamento va molto oltre la sola CO2, insomma basta guardarsi intorno. Io credo che l’uomo abbia il compito di creare un ambiente sano: serve all’uomo, non alla natura. Mi spiego: il pianeta comunque sopravviverà, ma sta a noi trovare un punto di equilibrio che ci permetta di vivere nei luoghi in cui stiamo ora, senza migrare o altro». Insomma, lei non è affatto un «negazionista», come va di moda dire oggi utilizzando un termine molto sgradevole. «Negazionista no di certo. Però su questi temi è troppo facile sviluppare estremismi, dal negazionismo all’ambientalismo più spinto, mi passi il termine. Io tendo sempre a partire dalla realtà, e a fare distinzioni. Ad esempio dobbiamo saper distinguere il meteo dal clima... Scientificamente parlando mi sembra innegabile che l’uomo abbia un impatto sulla natura. Grande o piccolo che sia, per me non fa grande differenza. Poi sui numeri possiamo discutere quanto vogliamo, ma mi sembra assodato che l’azione umana possa creare squilibri. In ogni caso, la natura un punto di equilibrio lo trova da sola, io mi preoccupo di trovare quello che va bene per l’uomo». A lei sta a cuore salvare l’uomo più che il pianeta? «Vorrei salvare il pianeta per salvare l’uomo». Sa però che a nominarla è stato un governo che viene accusato di negazionismo climatico dagli attivisti e dalla sinistra. «Io ho parlato con i ministri Tajani e Pichetto Fratin, e mi pare che entrambi abbiano ben presente la situazione. Lo ribadisco: non dobbiamo cedere agli estremismi, questo del clima sta diventando un argomento da talk show e non mi pare utile. Io stesso, pur lavorando in questo settore da anni, non so tutto, dunque...». Ieri il ministro Gilberto Pichetto Fratin ha incontrato gli esponenti di Ultima generazione, a proposito di estremismi. Lei che ne pensa di questi attivisti? «Sono in America, dunque non ho seguito direttamente la cosa. Penso che si dovrebbe discutere in maniera franca, ascoltando tutti. E bisognerebbe anche essere più sereni, perché il mondo non finirà». Ultima generazione la pensa diversamente. «Il mondo non finirà, almeno per le ragioni di cui abbiamo discusso finora, poi se per caso qualcuno ha un filo diretto con il padre eterno... Io non ce l’ho».Gli attivisti chiedono di rinunciare del tutto al fossile. Lei che ne pensa? «Il fossile lo usiamo prevalentemente per l’autotrazione, che ha impiegato circa 40 o 50 anni ad affermarsi. Che significa? Che le transizioni non sono immediate».Posizione interessante. Perché c’è chi dice che bisogna fare tutto e subito pena l’estinzione. «La transizione ecologica la stiamo accelerando il più possibile, però bisogna fare attenzione a non lasciare indietro nessuno. Non possiamo distruggere da una parte per salvare dall’altra, non so se mi spiego».Si spiega eccome. «Lo dico francamente: io ho un’auto elettrica, perché ho voluto fare questa scelta. Ma bisogna essere realisti. L’elettrico è una delle strade, e dobbiamo renderci conto che su questo versante noi - intendo noi italiani - soffriamo molto. Abbiamo difficoltà di produzione ma soprattutto di distribuzione. Ecco perché a spingere troppo sulla transizione rischiamo davvero di lasciare indietro della gente. Dobbiamo spingere il giusto, ma anche renderci conto del punto in cui siamo. Oggi, ad esempio, se tutti quelli che abitano nel mio stabile chiedessero di avere 6 kilowatt, il fornitore non saprebbe come accontentarli e... tanti saluti. Le cose funzionano quando c’è una tecnologia adeguata, nel momento in cui questa c’è poi la transizione avviene da sola. Pensate all’iPhone». Non è un gran pensiero. «Va bene, ma dobbiamo concordare che quando è stato presentato ha fatto una rivoluzione. Non è stata priva di conseguenze e certo non ha avuto un costo basso, anzi. Eppure ha funzionato, perché c’era la tecnologia. Dobbiamo stare attenti a non fare come durante il Covid». Cioè? «Durante il Covid le emissioni si sono ridotte. Ma perché? Perché praticamente non abbiamo più vissuto. E questo non è accettabile, non può andare così». Lei dice che non bisogna forzare. Però ad esempio in Europa si sta forzando parecchio. Penso alla discussione sulle cosiddette «case green», su cui anche al ministero dell’Ambiente hanno preso posizioni discutibili. «Infatti, capisco. Io sono arrivato a cose fatte, quello che penso è che a volte si accusa di negazionismo il governo perché non si vuole capire che provvedimenti come questi possono creare grandi problemi. L’Italia ha un patrimonio edilizio storico da gestire, noi siamo una eccezione in Europa, non possiamo pensare di fare cambiamenti con la bacchetta magica. Per le case bisognerà davvero pensare a forti misure di sostegno per chi non potrà adattarsi, è per questo che si dovrebbe ragionare bene su questo tipo di norme, perché il rischio di danneggiare la popolazione esiste eccome. Un po’ come avviene con le auto. Quello di avere solo auto elettriche nel 2035 è un bel sogno, ma prima ci sono tanti problemi da risolvere».Lei sarà chiamato a discutere di questi temi e a trattare sui tavoli internazionali. Non sarà facile, vista le linea dominante. «Credo che dobbiamo guardare agli esempi che funzionano. Prendiamo Tesla: prima di tutto si è dedicata a potenziare la rete di distribuzione, poi si è concentrata sulle auto. Sono partiti dalla realtà. Io talvolta non sono d’accordo con gli attivisti green che dicono di no a tutto: bisogna prendere atto dello stato reale delle cose, e operare con ciò che si ha in mano». A proposito di attivisti verdi. Tanti sono contrari al nucleare. E lei? «Voglio premettere che parlo da tecnico, non da politico. Quindi anche qui prendo atto dalla situazione attuale. Io sono a favore di tutte le rinnovabili, a quelle di ogni tipo».Però?«Però sappiamo che ciò che serve alle reti è la stabilità, e che allo stato attuale la stabilità si può dare con carbone, metano o nucleare».Quindi?«Quindi penso che dovremmo almeno sederci ai tavoli in cui si discute dei nuovi mini reattori. Nessuna tecnologia è a impatto zero, e se vogliamo mantenere la stabilità della rete dobbiamo per forza basarci su un mix di fonti. Vanno benissimo le rinnovabili, si figuri, ma non bastano. E allo stato le tecnologie disponibili sono quelle che le ho detto. Nucleare compreso».
Foto Pluralia
La XVIII edizione del Forum Economico Eurasiatico di Verona si terrà il 30 e 31 ottobre 2025 al Çırağan Palace di Istanbul. Tema: «Nuova energia per nuove realtà economiche». Attesi relatori internazionali per rafforzare la cooperazione tra Europa ed Eurasia.
Il Forum Economico Eurasiatico di Verona si sposta quest’anno a Istanbul, dove il 30 e 31 ottobre 2025 si terrà la sua diciottesima edizione al Çırağan Palace. L’evento, promosso dall’Associazione Conoscere Eurasia in collaborazione con la Roscongress Foundation, avrà come tema Nuova energia per nuove realtà economiche e riunirà rappresentanti del mondo politico, economico e imprenditoriale da decine di Paesi.
Dopo quattordici edizioni a Verona e tre tappe internazionali — a Baku, Samarcanda e Ras al-Khaimah — il Forum prosegue il suo percorso itinerante, scegliendo la Turchia come nuova sede di confronto tra Europa e spazio eurasiatico. L’obiettivo è favorire il dialogo e le opportunità di business in un contesto geopolitico sempre più complesso, rafforzando la cooperazione tra Occidente e Grande Eurasia.
Tra le novità di questa edizione, un’area collettiva dedicata alle imprese, pensata come piattaforma di incontro tra aziende italiane, turche e russe. Lo spazio offrirà l’occasione di presentare progetti, valorizzare il made in Italy, il made in Turkey e il made in Russia, e creare nuove partnership strategiche.
La Turchia, ponte tra Est e Ovest
Con un PIL di circa 1.320 miliardi di dollari nel 2024 e una crescita stimata al +3,1% nel 2025, la Turchia è oggi la 17ª economia mondiale e membro del G20 e dell’OCSE. Il Paese ha acquisito un ruolo crescente nella sicurezza e nell’economia globale, anche grazie alla sua industria della difesa e alla posizione strategica nel Mar Nero.
I rapporti con l’Italia restano solidi: nel 2024 l’interscambio commerciale tra i due Paesi ha toccato 29,7 miliardi di euro, con un saldo positivo per l’Italia di oltre 5,5 miliardi. L’Italia è il quarto mercato di destinazione per l’export turco e il decimo mercato di sbocco per quello italiano, con oltre 430 imprese italiane già attive in Turchia.
Nove sessioni per raccontare la nuova economia globale
Il programma del Forum si aprirà con una sessione dedicata al ruolo della Turchia nell’economia mondiale e proseguirà con nove panel tematici: energia e sostenibilità, cambiamento globale, rilancio del manifatturiero, trasporti e logistica, turismo, finanza e innovazione digitale, produzione alimentare e crescita sostenibile.
I lavori si svolgeranno in italiano, inglese, russo e turco, con partecipazione gratuita previa registrazione su forumverona.com, dove sarà disponibile anche la diretta streaming. Il percorso di avvicinamento all’evento sarà raccontato dal magazine Pluralia.
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Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane (Ansa)
«Non esiste al mondo un prodotto così diffuso e delle dimensioni del risparmio postale», ha dichiarato Matteo Del Fante, amministratore delegato di Poste Italiane, a margine dell’evento «Risparmio Postale: da 150 anni la forza che fa crescere l’Italia», a cui ha presenziato anche il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. «Come l’ha definito il Presidente della Repubblica, si tratta di un risparmio circolare: sono 27 milioni i risparmiatori postali», ha spiegato ai giornalisti Dario Scannapieco, amministratore delegato di Cassa Depositi e Prestiti.