2025-03-08
Cortocircuito Ue: impossibile gestire le emissioni da armi con le regole green
Ursula von der Leyen (Ansa)
L’Europa crea le emergenze, ma non ci spiega come si tengono insieme i paletti verdi con l’inquinamento di caccia e carri.Quando Elly Schlein protesta anche strappando con i socialisti europei: siamo contrari al riarmo, vogliamo investimenti comuni come per far fronte al Covid, lo fa per far star buoni i pacifinti che dentro al Pd la tengono al guinzaglio. Non si accorge però di rivelare una verità: la baronessa Ursula al comando delle von truppen per imporre il suo ReArm Europe usa le stesse armi, è il caso di dirlo, che utilizzò ai tempi della pandemia. Fu creata l’emergenza del virus scappato o liberato dai laboratori di Wuhan – nessuno ha il coraggio di accertarlo: si può parlar male di Donald Trump presidente della più vasta e solida democrazia del mondo, ma non si può disturbare il dittatore comunista Xi Jinping – e comprimendo all’uso fascista le libertà individuali e le volontà democratiche si fece un grande favore alle big pharma. Lo provano i messaggini che la baronessa Ursula si è scambiata con Albert Bourla capo supremo di Pfizer poi inopinatamente scomparsi, perciò la Corte europea ha condannato la Commissione per poca trasparenza sul Covid. Lo schema è quello invocato da Elly Schlein; il ReArm sta al Covid come il Green deal sta a Vladimir Putin. Passata la paura della pandemia si è data un’accelerata sulla fine del mondo causa CO2 per giustificare le farneticazioni ideologico-ambientali dell’Ue e ora vengono in auge i missili. Gli acculturati la chiamano: finestra di Overton dagli studi del sociologo americano Joseph Overton sul proibizionismo. È semplice: bisogna far essere pervasiva e ossessiva un’idea inaccettabile e all’aumentare della potenza e frequenza dei messaggi diventerà condivisa e grata. Lo hanno fatto col Covid, con l’allarme Co2 e ci riprovano. Già Niccolò Machiavelli consigliava al Principe d’esser temuto, ma Otto von Bismark - siamo dalle parti della baronessa - aveva ben chiaro che «la forza viene prima del diritto e la libertà è vago concetto». Perciò la von truppen non si dà cura di spiegare come tiene insieme il Green deal con il ReArm Europe. Un mese fa la baronessa ha ripetuto: «Sul Green deal manteniamo la rotta, è il nostro uomo sulla luna». Ora deve spiegare però come si gestiscono la crisi tedesca, la perdita di competitività europea, la strage di posti di lavoro, la disperazione dei cittadini che devono spendere almeno 60.000 euro per mettere a norna le case, i tappi attaccati alle bottiglie, le farine di grillo, i finti latte e carne in rapporto agli 800 miliardi da trovare e spendere per il ReArm. Visto che in Germania sono abili a riconvertire gli impianti civili in industrie belliche - dal 1936 Adolf Hitler ne impose uno sviluppo a tappe forzate devastando il bilancio tedesco e il rischio che ora succeda in Europa c’è: per le referenze citofonare a Giancarlo Giorgetti - forse la von der Leyen pensa di trasformare le Golf della Volkswagen in autoblindo. Però con i carri armati a pila si giocava quando ce li regalavano a Natale: erano i giorni ingenui dell’infanzia. Oggi sappiamo che un carro armato leggero consuma 300 litri di combustibile per 100 chilometri e «sputa» oltre 600 chilogrammi di CO2; un caccia F-35 mette in circolo circa 28.000 chilogrammi di CO2 per ogni missione di volo. Un litro di benzina produce 2,35 chili, il gasolio un po’ di più: perciò Ursula vuole mandarci in giro con le auto a batteria dei cinesi. Luca Mercalli, il meteorologo ipergreen col papillon, ha fatto dei conti: «Ogni giorno di guerra si consuma tanto carburante per fare il pieno a 1 milione 125.000 auto e vengono emesse 112.400 tonnellate di CO2. Ogni italiano genera emissioni pari a 9.800 kg di CO2 all’anno perciò ogni giorno di guerra vale circa 11.500 persone». Mille giorni di guerra in Ucraina corrispondono a 130 milioni di tonnellate di CO2: un anno di Londra! Ursula von der Leyen in nome dell’ambiente dovrebbe invocare la pace da Trump e Zelensky facendo garrire la bandiera del Green deal, altro che riarmarsi. Ora però la minaccia non è più quella «esagitata» da Greta Thunberg, ora la «morte» ha il volto di Vladimir Putin. Sul green tuttavia non si molla. Tre giorni fa ragionando dell’automotive la baronessa ha confermato che il traguardo resta al 2035 lo stop ai motori endotermici, ha dilazionato le multe, ma l’elettrico deve trionfare. Resta in piedi per le industrie il «green procurement» che significa che devono certificare la compatibilità ambientale di tutta la filiera. Se non lo fanno devono comprare tanti Ets (i certificati ambientali che hanno reso ricco Elon Musk) quanti ne servono per compensare l’impronta carbonica. Possono costruire le bombe, ma devono essere a impatto zero! Fa già ridere detta così. La direttiva sulle emissioni prevede di ridurle di almeno il 55% entro il 2030 e rende giuridicamente vincolante la neutralità climatica entro il 2050. Per il 2030 - giusto il tempo di fabbricare qualche missile - le emissioni vanno ridotte del 55% per le automobili e del 50% per i furgoni, entro il 2030 i camion e gli autobus devo abbatterle del 40%. Il Fit For 55 impone agli aerei di imbarcare carburante che sia per il 2% verde quest’anno, per il 6% entro 2030 e per il 70% entro il 2050. Egualmente per le navi. Non si sa però se le bombe atomiche con cui Emmanuel Macron vuole proteggerci sono soggette ai vincoli delle centrali nucleari. Come non si sa se i costruttori di veicoli, navi, aerei militari saranno costretti alle regole del green deal. Ah, sia detto per inciso: alle frontiere europee è in vigore la carbon tax perché non passi lo straniero! Chiamarla dazio pare inelegante.