2021-05-06
La corsa a ostacoli di Nikki Haley verso il 2024
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Tra le varie figure che stanno iniziando a muoversi in vista di un'eventuale candidatura alle primarie repubblicane del 2024, compare quella di Nikki Haley. Ex governatrice del South Carolina ed ex ambasciatrice statunitense all'Onu, è stata per molto tempo considerata un astro nascente del Partito repubblicano. Eppure, al momento, la situazione non è per lei delle migliori. Non che abbia una carriera politica irrimediabilmente fuori gioco, sia chiaro. Tuttavia la sua stella ultimamente si è un po' appannata. Cominciamo col ricordare che la Haley non è mai stata una trumpista e che, anzi, alle primarie repubblicane del 2016 si schierò con uno degli allora più feroci critici del magnate newyorchese, il senatore della Florida, Marco Rubio. Vinta la nomination e conquistata la Casa Bianca, Trump la scelse come ambasciatrice statunitense alle Nazioni Unite: un'opzione dal significato non subito chiarissimo, ma che fu probabilmente dettata dalla volontà, da parte dell'allora neo presidente, di tendere una mano ai repubblicani più riottosi nei suoi confronti. Una scelta che tuttavia scontentò molti esponenti dell'establishment, i quali, a partire da John Bolton, la consideravano troppo inesperta di politica internazionale. Gli anni all'Onu non furono privi di turbolenze, soprattutto a causa delle forti tensioni che - nel corso del 2017 - si verificarono tra Stati Uniti e Corea del Nord. A questo vanno aggiunti anche gli attriti interni all'amministrazione. L'approccio battagliero e bellicoso della Haley mal si sposava con quello realista e più cauto di Trump. E, nonostante una compattezza di facciata, non è escludibile che tra i due si siano registrate per questo delle frizioni. Improvvisamente, nell'ottobre del 2018 rassegnò le proprie dimissioni, che vennero accettate da Trump. Formalmente non si ebbe nessuna polemica, tuttavia il periodo scelto non era forse casuale. Appena un mese dopo si sarebbero infatti tenute le elezioni di metà mandato. Circostanza che portò qualcuno a ritenere che svariati repubblicani non in linea con Trump puntassero su una débâcle dell'elefantino: una catastrofe elettorale da usare poi come pretesto per una candidatura alla nomination repubblicana del 2020. Non è quindi escluso che la Haley, rassegnando le proprie dimissioni, abbia ragionato anche in base a queste considerazioni: un modo per prendere le distanze dall'allora inquilino della Casa Bianca prima dell' eventuale tracollo e per scendere in campo di lì a poco. Tuttavia l'esito dignitoso di quelle elezioni per l'elefantino infranse le sue (probabili) ambizioni presidenziali e, man mano che la leadership interna di Trump si rafforzava, l'ex ambasciatrice ha contribuito a fare quadrato attorno al presidente, soprattutto nel corso dell'ultima campagna elettorale. La sconfitta del magnate ha tuttavia nuovamente cambiato le cose. Dopo l'irruzione nel Campidoglio, la Haley cercò di riallontanarsi da Trump: in un'intervista di febbraio ebbe parole molto dure verso l'ex presidente. «Dobbiamo riconoscere che ci ha deluso», disse alla rivista Politico. «Ha intrapreso una strada che non avrebbe dovuto, e non avremmo dovuto seguirlo, e non avremmo dovuto ascoltarlo. E non possiamo lasciare che accada di nuovo». Parole severissime, che la stessa diretta interessata cercò tuttavia di mitigare appena pochi giorni dopo in un editoriale sul Wall Street Journal. Sempre in quel periodo, Politico riportò d'altronde che l'ex ambasciatrice stesse cercando (un po' paradossalmente) di ottenere un incontro con Trump in Florida: una richiesta che l'ex presidente avrebbe seccamente respinto, offeso dai suoi precedenti attacchi. Questo cambio di rotta repentino è probabilmente dettato dalla crescente consapevolezza, da parte della Haley, del fatto che l'influenza di Trump sul partito si stia progressivamente rafforzando. L'ex governatrice del South Carolina ha quindi compreso che metterselo contro rischia di far naufragare le sue ambizioni presidenziali: non dimentichiamo d'altronde che, a gennaio, la Haley abbia lanciato un nuovo political action committee (mossa che è stata letta da molti come un primo passo verso le primarie del 2024). Resta però il fatto che molti dei suoi papabili contendenti stiano cercando di mettersi sotto l'ala protettrice dell'ex presidente, da Mike Pompeo a Ron DeSantis. E lei rischia adesso di restare tagliata fuori. È anche per lanciare segnali distensivi che, a metà aprile, la Haley ha pubblicamente escluso una sua candidatura alla nomination, nel caso in cui Trump decidesse di scendere nuovamente in campo. Insomma, l'ex ambasciatrice avrebbe alcune frecce al suo arco: la sua esperienza di governatrice e il suo ruolo internazionale all'Onu. Il problema è che, al momento, nel partito risulta isolata: distante sia dai trumpisti che dagli anti-trumpisti. Va detto infatti che, finora, non abbia mostrato troppo fiuto politico, contraddistinguendosi per scelte intempestive e scarsa capacità di intercettare i cambiamenti. Probabilmente, qualora decidesse di candidarsi, la Haley punterebbe a intestarsi il ruolo di figura di sintesi: una figura di cui, in teoria, l'elefantino oggi avrebbe reale bisogno. Il suo problema tuttavia è, come detto, un forte isolamento nel partito e la diffidenza che ormai riscontra da parte delle sue varie anime. Tempo ce n'è ancora, è vero. Ma l'ex ambasciatrice deve fare in fretta. Perché svariati dei suoi (probabili) competitor hanno già guadagnato non poco terreno.