2022-01-24
La corsa al Colle inizia con il tiro ai piccioni
Pier Ferdinando Casini e il presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati (Ansa)
Destra e sinistra passano la domenica a fare summit e liste di nomi di facciata. Enrico Letta spinge Andrea Riccardi ma ci pensa Matteo Renzi a impallinarlo. Matteo Salvini annuncia «donne e uomini di valore» e silura Pier Ferdinando Casini. Il voto di oggi darà il via alle trattative. Mario Draghi e Sergio Mattarella ancora in pista.Iniziano oggi alle 15 le votazioni per eleggere il prossimo presidente della Repubblica: nelle prime tre votazioni sarà necessaria la maggioranza di due terzi dell’assemblea, pari a 672 voti. Dal quarto scrutinio per essere eletti basterà la maggioranza semplice di 505 voti. I grandi elettori sono 1.009: senatori, deputati e delegati regionali. Salvo clamorosi imprevisti, la votazione di oggi servirà solo a scaldare i motori: non c’è nessun nome in grado di superare il quorum dei due terzi. Prevedibilmente, anche domani e dopodomani si andrà avanti con schede bianche e candidati cosiddetti «di bandiera», votati dai vari partiti pur senza avere speranze di elezione. C’è chi prevede una grande quantità di voti per Silvio Berlusconi. Sul fronte del centrosinistra giallorosso, ieri ennesimo incontro Pd-M5s-Leu: segretari e capigruppo si sono riuniti alla Camera, tutti in cerchio come ai bei tempi delle scuole elementari con tanto di foto sui social, e hanno partorito il nome quotidiano da bruciare: trattasi di Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, ex ministro del governo Monti e prodiano doc. «Quella di Riccardi», dice Enrico Letta, «non è una candidatura di bandiera, è il mio profilo ideale. Ulteriori candidature di centrodestra faranno la stessa fine di quella di Berlusconi»; «Riccardi», aggiunge Giuseppe Conte, «ha le caratteristiche giuste». «Nel M5s», scherza con la Verità un big del centrosinistra, «ci sarà la gara a chi fa prima a non votarlo». Riccardi è anche nel mirino della sinistra per le sue posizioni contro i matrimoni Lgbt. La vera carta di Letta resta Mario Draghi, che può contare anche sul sostegno dei centristi di Coraggio Italia e su quello del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Quest’ultimo in queste ore è protagonista di quella che un parlamentare Dem descrive alla Verità come la consuetudine della doppia telefonata: «La prima la si fa a Conte», dice il deputato, «come forma di cortesia, la seconda a Di Maio per parlare di politica».Letta e Di Maio devono fare i conti con la frantumazione dei rispettivi gruppi parlamentari: tra i Dem sono molti i contrari a Draghi, a partire dai ministri Dario Franceschini e Andrea Orlando; balcanizzati i gruppi grillini, tra chi spera in un Mattarella bis, chi vorrebbe un accordo con Salvini, chi punta su Draghi e chi su chiunque, basta che non si torni alle elezioni. A proposito del Mattarella bis: ieri il Capo dello Stato uscente ha trascorso la giornata a Palermo, il rientro a Roma è previsto per domani, e c’è ancora chi ipotizza un suo ok alla rielezione nel caso non si riuscisse a trovare una quadra. Sempre ieri Silvio Berlusconi ha sentito al telefono il segretario della Lega Matteo Salvini. Un colloquio lungo e cordiale, nel corso del quale i due alleati si sono confrontati sulla situazione politica: si stanno vagliando proposte di alto profilo, donne e uomini, «sulla cui levatura difficilmente qualcuno potrà porre veti. Il leader della Lega ha ribadito al Cavaliere, ricoverato al San Raffaele, il ringraziamento e la stima per il suo passo indietro. I nomi che il centrodestra potrebbe proporre sono sempre gli stessi: Maria Elisabetta Alberti Casellati, Marcello Pera, Letizia Moratti. In campo anche Gianni Letta. E Fratelli d’Italia? Giorgia Meloni non sarebbe ostile all’ipotesi-Draghi, che a suo parere potrebbe portare alle elezioni anticipate. «Quello che fa ridere», dice alla Verità un esponente di primo piano di Fratelli d’Italia, «sono i partiti che appoggiano Draghi premier ma non lo vogliono al Colle: e se lui dicesse: ragazzi, se non vado bene per la presidenza della Repubblica allora non vado bene neanche a Palazzo Chigi? Non lo farà, ma sarebbe divertente». L’unica possibilità per Draghi sembra quella di un accordo sul «governo dei leader», che stuzzica anche Matteo Renzi, il quale a Mezz’ora in più su Rai 3 sottolinea come «al Quirinale non si va contro i partiti. Penso che la candidatura di Draghi, ammesso che abbia una propria strategia, possa stare in piedi solo con un’iniziativa politica». Matteo Salvini, al termine degli incontri della giornata con lo stato maggiore leghista, fa il punto della situazione e stoppa ancora Draghi: «L’Italia», argomenta Salvini, «non merita confusione. Ritengo che togliere Draghi da presidente del Consiglio sarebbe pericoloso perché l’Italia è in un momento difficile e reinventarsi un nuovo governo daccapo fermerebbe la ripresa. Sto raccogliendo profili di donne e uomini di grande esperienza e spessore», aggiunge il leader del Carroccio, «dispiace che da Letta arrivino no pregiudiziali e ideologici. Faremo i nomi nelle prossime ore, due, tre o quattro. Il centrodestra voterà compatto dall’inizio alla fine, non imporremo niente a nessuno ma proporremo, però non puoi sederti intorno al tavolo dicendo che qualsiasi proposta arrivi dal centrodestra farà la fine di Berlusconi». Casini? «Non è un nome di centrodestra», dice Salvini, che boccia anche Andrea Riccardi. Oggi incontro tra il leader della Lega e Enrico Letta.
L'ex amministratore delegato di Mediobanca Alberto Nagel (Imagoeconomica)
Giorgia Meloni ad Ancona per la campagna di Acquaroli (Ansa)
«Nessuno in Italia è oggetto di un discorso di odio come la sottoscritta e difficilmente mi posso odiare da sola. L'ultimo è un consigliere comunale di Genova, credo del Pd, che ha detto alla capogruppo di Fdi «Vi abbiamo appeso a testa in giù già una volta». «Calmiamoci, riportiamo il dibattito dove deve stare». Lo ha detto la premier Giorgia Meloni nel comizio di chiusura della campagna elettorale di Francesco Acquaroli ad Ancona. «C'é un business dell'odio» ha affermato Giorgia Meloni. «Riportiamo il dibattito dove deve stare. Per alcuni è difficile, perché non sanno che dire». «Alcuni lo fanno per strategia politica perché sono senza argomenti, altri per tornaconto personale perché c'e' un business dell'odio. Le lezioni di morale da questi qua non me le faccio fare».
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