2025-09-01
Corsa all’appello solo se la causa è alla moda
All’estero, penne di primo piano quali Faulks e Rowling prendono di petto temi come migrazioni e ideologia trans. In Italia, si va avanti a battaglie conformistiche. Si avverte un fastidio subbuglio gastrico quando si osserva l’ennesima mobilitazione degli intellettuali andata in scena alla Biennale di Venezia. Non tanto per la causa difesa, che se sostenuta in altre forme sarebbe condivisibile senza tentennamenti. Piuttosto per la consapevolezza del fatto che i nostri maestri del pensiero, i nostri fulgidi artisti e rigogliosi creativi si muovono soltanto per battaglie che garantiscano non solo luminosi riflettori ma pure diffusi apprezzamenti. Manifestano, firmano e si indignano, insomma, soltanto per campagne riconosciute e approvate nel tinello della cultura che conta, mai per qualcosa che sfugga agli schemi, che esponga a rischi e attacchi. Pochissimi scelgono questa seconda via, e ne pagano amaramente le conseguenze. Viene in mente ciò che scriveva Massimo Fini una quarantina di anni fa, e cioè che «la vera e determinante questione morale italiana più che nella notoria corruzione della classe politica sta proprio qui: nella corruzione degli intellettuali, nella loro abdicazione, per opportunismo, viltà e tornaconto, alla coerenza nell’aver eretto la malafede a principio o, quantomeno, a modo di vita. Perché una società i cui politici sono corrotti può recuperare, ma una società in cui gli intellettuali e i moralisti sono più corrotti di coloro cui pretendono di far la morale non può che precipitare nel caos». Queste righe sono ancora più che valide. Mai che i nostri attori sfilino e si espongano per una causa che esca dai rigidissimi confini del politicamente corretto. Eppure distinguersi dalla massa è possibile, eccome se lo è, e lo dimostrano gli esempi nemmeno eccessivamente eroici di artisti e intellettuali stranieri. Per altro gente di grande successo e provata fama, che nessun interesse avrebbe a cantare fuori dal coretto dei buoni. Prendiamo il romanziere Sebastian Faulks, uno che sforna bestseller e a cui hanno pure affidato a un certo punto la prosecuzione della saga di James Bond. In una lunga intervista al Telegraph, Faulks, che non è certo un pericoloso destrorso, ha il fegato di parlare di immigrazione, proprio mentre in Inghilterra sono in corso furenti proteste contro l’attualentestione del sistema di accoglienza. «Ciò che manca è un dibattito veramente maturo», dice lo scrittore. «Di quanti migranti economici abbiamo bisogno? Perché abbiamo bisogno di così tante persone? Quando i precedenti occupanti (quelli che già vivono nel Regno Unito, ndr) hanno smesso di fare certi lavori e perché? E come gestire il flusso di immigrati?». Secondo Faulks il problema della migrazione di massa è prima di tutto economico, e a suo dire il tema andrebbe approfondito pubblicamente ma «questo non accade», crede, «perché non appena si inizia ad avere una discussione del genere, non appena si suggerisce una restrizione sui numeri o sui flussi controllati, allora la gente di sinistra dice che sei razzista». Sinceramente: ce lo vedete voi uno scrittore italiano a dire una cosa del genere in una intervista al Corriere della Sera? Se anche ci provasse, dal giorno dopo smetterebbero di invitarlo ai festival. È per questo, per non perdere prestigio che i nostri creativi preferiscono attenersi a copioni già scritti, aggregarsi a battaglie codificate e tutto sommato «presentabili», con l’unico risultato che in questa maniera contribuiscono a renderle conformiste e retoriche, meno efficaci e oneste. A scegliere cause urticanti finisce che si perdono ingaggi e compensi. Ne sa qualcosa J.K. Rowling, un’altra - dall’alto del suo impero mediatico - potrebbe fregarsene di parteggiare per questo e per quello, e invece da anni si scaglia contro i deliri trans ricavandone insulti e boicottaggi. Chris Columbus, regista dei primi due film di Harry Potter, ha dichiarato che non sarà possibile una reunion del cast originale. Motivo? Gli attori di Harry Potter si sono rivoltati contro la Rowling per i suoi commenti sui trans. «È diventato tutto così complicato con tutta questa politica», dice Columbus. «Ogni membro del cast ha la propria opinione, che è diversa dalla sua, il che rende tutto impossibile. Non so che cosa le sia successo». Beh, è successo che la Rowling ha scelto una lotta sbagliata, cioè non approvata dal pensiero prevalente nel mondo culturale occidentale, e ne paga le conseguenze. Certo non la si può oscurare o emarginare visto il peso che ha, ma la si può trattare come una pazza, come una che con l’età ha perso la brocca, e nel frattempo si organizzano boicottaggi contro di lei e le si bloccano i progetti. Eppure, J.K. non recede. Ce lo vedete uno scrittore italiano di successo a fare lo stesso? Certo che no. E allora, quando gli intellettuali di casa nostra si schierano compatti e firmano appelli, la prima reazione è quella di diffidare. La loro presenza rende le lotte meno serie, non più autorevoli. Cose che accadono quando si sceglie la via del conformismo.
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
L'ex procuratore di Pavia Mario Venditti (Ansa)
Un robotaxi a guida autonoma Pony.ai