2023-06-23
Coppie gay, finisce il far west creato dai sindaci di sinistra
Dopo la Cassazione e la Cedu, anche il tribunale di Milano annulla la registrazione dei genitori omosessuali. Resta la via dell’adozione, che però agli attivisti non basta. Preferiscono gridare falsità sui «poveri orfanelli». «Un’umiliazione senza fine». «Perché la destra ce l’ha con i bambini». «Il fascismo nel sangue». «Orfani per decreto». «Mamme cancellate dallo Stato». «Quei genitori trattati come criminali». Quello che avete appena letto è un piccolo campionario di titoli comparsi questa settimana sulle pagine di Repubblica, del Corriere e della Stampa. Al centro, la notizia che i pm di Padova hanno cancellato dall’anagrafe della città veneta il nome di 33 donne che erano state registrate con la qualifica di genitore di alcuni minori nonostante non lo fossero biologicamente. La storia è quella nota del sindaco di Padova, che, in ossequio al pensiero di sinistra, per anni è andato avanti a trascrivere i nomi di coppie lesbiche, attribuendo a entrambe le donne la qualifica di mamma. Ora, come anche la Corte di Cassazione ha chiarito, le nostre norme non lo consentono e dunque, visto che la legge va rispettata e non si può manipolare a proprio piacimento, i magistrati hanno fatto semplicemente il loro dovere, senza rendere orfano alcun bimbo.Tuttavia, la reazione è quella sintetizzata nei titoli dei tre principali giornali, che si sono ovviamente schierati dalla parte delle mamme retrocesse a semplici conviventi della vera madre. Dunque, sul governo, che nel caso di Padova certo non ha titolo per essere tirato in ballo visto che a procedere è stata la magistratura, sono piovute accuse di oscurantismo e omofobia, insieme all’addebito di voler imporre una deriva fascista, argomento che a sinistra usano come il prezzemolo in cucina, cioè mettendolo un po’ su tutto. A smontare però la narrazione che ci vorrebbe trasportati in pochi mesi in un Paese del Medioevo ci hanno pensato due sentenze, una delle quali non può neppure essere stata influenzata dall’attuale maggioranza di centrodestra. La prima è quella di cui vi abbiamo riferito ieri, della Corte europea dei diritti dell’uomo. Anche se la Cedu non è un organismo che fa capo alla Ue, i giudici da Strasburgo vigilano sul rispetto dei diritti umani nella gran parte dell’Unione. E dall’alto della loro terzietà hanno respinto i ricorsi che alcune coppie omosessuali avevano presentato contro l’Italia, stabilendo che in materia di diritto di famiglia, ogni Paese mantiene piena sovranità e non deve dunque assoggettarsi alle norme di Bruxelles. Dunque, la Corte ha bollato come inammissibili i ricorsi di chi, dopo essere andato all’estero per avere un figlio con la tecnica dell’utero in affitto, lamentava di non potersi registrare in patria come genitore. E a questo proposito ha aggiunto una postilla, rilevando che le coppie gay sapevano benissimo che in Italia la pratica della gestazione per altri era vietata, ma se proprio uno dei componenti della coppia volesse a tutti i costi essere riconosciuto come genitore, ha a disposizione la strada dell’adozione. Insomma, una batosta per chi sperava di calcare la mano sul governo di Giorgia Meloni, forzando l’ordinamento nazionale via Strasburgo.Non meglio è andata a Milano, dove i giudici hanno annullato la trascrizione dell’atto di nascita in cui due uomini dichiaravano entrambi di essere padri di un bambino. Oltre alla decisione, sono interessanti anche le motivazioni con cui le magistrate della sezione famiglia del capoluogo lombardo hanno adottato il provvedimento. Infatti, spiegano di non poter accogliere la richiesta di trascrivere un atto di nascita con due uomini in qualità di genitori perché manca il legame biologico di uno dei due con il bambino. Inoltre, bacchettano la pratica della maternità surrogata che offende la dignità della donna, smontando una delle tesi più diffuse in materia, ossia che negando l’iscrizione alla coppia di aspiranti genitori non si faccia l’interesse del bambino («Orfani per decreto» ha titolato Repubblica). Leggere per credere. La sentenza dichiara legittima la finalità di disincentivare il ricorso alla pratica della maternità surrogata, «che offende in maniera intollerabile la dignità della donna e mina nel profondo le relazioni umane, assecondando un’inaccettabile mercificazione del corpo, spesso a scapito delle donne maggiormente vulnerabili sul piano economico e sociale». E aggiunge che la registrazione come genitore, «sulla base del contratto di maternità surrogata e degli atti di autorità straniere che riconoscono la filiazione risultante dal contratto, non è funzionale alla realizzazione del miglior interesse del minore, semmai attua quello degli adulti che aspirano ad avere un figlio a tutti i costi». Insomma, i bambini non c’entrano niente, semmai questi ricorsi evidenziano l’egoismo di chi per essere genitore non guarda in faccia a nessuno, sfruttando il corpo di una donna. La sentenza da questo punto di vista è netta: «Va escluso che il desiderio di genitorialità, attraverso il ricorso alla procreazione medicalmente assistita lasciata alla autodeterminazione degli interessati, possa legittimare un presunto diritto alla genitorialità». Altro che il diritto di avere diritti, come si è letto su Repubblica. Se proprio volete, scrivono le magistrate, potete ricorrere all’adozione. Ma questa, come è evidente, non è la strada che le coppie gay vogliono percorrere. La loro è una battaglia ideologica, condotta in nome e per conto del movimento Lgbt e dove i bambini c’entrano fino a un certo punto. L’obiettivo è rendere normale una pratica e legittimare l’idea che i figli si possano comprare, perché il legame biologico non è determinante. Per questo, nei giorni scorsi abbiamo letto che la decisione dei magistrati di Padova ha reso orfani dei minori. «Così Caterina perderà una famiglia», ha scritto il Corriere. «Che ne sarà della nostra Vittoria», ha replicato Repubblica. «Per mia figlia è un trauma, non ha più un fratello», sempre il Corriere. In realtà, non è accaduto nulla. I bambini non sono stati strappati alle loro famiglie. Uno dei componenti della coppia non è più legalmente un genitore: se vuole, come consente la legge, può adottare il minore del compagno o della compagna e continuare a vivere sotto lo stesso tetto e a ritirare il bimbo all’asilo senza autorizzazione. Troppo poco per chi pensa di potersi sostituire a una madre o a un padre biologica? Pazienza. È il poco che consente la natura. E anche il buon senso.
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
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