
Gli studi dimostrano che le epidemie sono calate drasticamente con il miglioramento delle condizioni di vita. Un maggior apporto vitaminico, infatti, fa la differenza nell’efficienza del sistema immunitario.Nel 1800 l’infezione da morbillo era temibile. In Inghilterra e negli Stati Uniti, ogni due anni circa si verificavano epidemie con alto tasso di mortalità. Negli anni Trenta, in questi stessi Paesi, le probabilità di morire per la malattia erano scese all’1-2%. Il fenomeno non fu influenzato, come molti pensano, dalla scoperta della penicillina, la cui produzione di massa iniziò solo dal 1944, ma anzitutto dal miglioramento delle condizioni sociali, igieniche e alimentari. Nel 1960 il tasso di mortalità era dello 0,24 per 100.000. Alti tassi di mortalità per il morbillo si registrano attualmente in Paesi in cui la malnutrizione compromette il sistema immunitario dei bambini. Poiché le statistiche non fanno distinzione tra i tassi di mortalità dei Paesi con un buon apporto nutritivo e quelli in cui manca, la nostra percezione del fenomeno è in parte distorta.Il primo vaccino conteneva virus coltivato su cellule renali di scimmia, inattivato con formaldeide. La formaldeide è tossica, e un pochino di formaldeide finisce nei vaccini. È molto poca, certo, ma se i vaccini invece che uno alla volta - come dovrebbe essere per regola ovvia -, sono somministrati tutti insieme, c’è l’effetto somma. Il vaccino inattivato, oltre ad essere pericoloso, era inefficace; ciò rese necessario effettuare un richiamo con vaccino con virus vivo. Questo causò ulteriori problemi: chi si ammalava a causa del virus selvaggio o del virus del morbillo del vaccino vivo dopo la vaccinazione con virus inattivato, tendeva a sviluppare il morbillo atipico, più grave del morbillo che colpiva i non vaccinati. I vaccini con virus inattivato furono infatti abbandonati.Un vaccino vivo e stabile antimorbillo non fu disponibile fino al 1980. Il vaccino antimorbillo non conferisce immunità permanente, quindi richiede che le persone siano vaccinate più volte nel corso della vita. Gli elementi della risposta immunitaria sono molteplici: la maggior parte delle persone guarisce dopo un’infezione acuta grazie all’immunità naturale che è presente indipendentemente dalla vaccinazione ed è condizionata dalla presenza di nutrienti essenziali. I promotori della vaccinazione affermano che in questo modo si proteggono i soggetti ad alto rischio, tuttavia, negli Stati Uniti, dal 2005 si manifestano epidemie di morbillo con contagiati anche tra chi aveva fatto una o due dosi di vaccino. Poi c’è il problema Ade (Potenziamento anticorpo-dipendente). La risposta anticorpale è la misura dell’efficacia di un vaccino, ma qualsiasi anticorpo può rendere più suscettibili sia alla malattia per la quale si è stati vaccinati, sia ad altre perché alcuni anticorpi possono aumentare la capacità del virus di infettare le cellule bersaglio. Questo meccanismo prende il nome di «potenziamento anticorpo-dipendente dell’infezione». Negli Stati Uniti il vaccino viene fatto a 12 mesi di età perché prima vi è l’interferenza dell’immunità materna, oltre alla risposta limitata del sistema immunitario immaturo del neonato. Con il latte materno, il neonato acquisisce temporaneamente la memoria immunitaria della madre, nel caso del morbillo è importante che il bambino riceva con il latte anche la vitamina A. Le madri guarite dal morbillo trasferiscono linfociti T attivati immagazzinati nel seno. Questi linfociti passano nei linfonodi intestinali del bambino e vengono utilizzati per resistere alle infezioni. Il rischio minore di contrarre il morbillo dopo essere stati allattati potrebbe durare fino a 10 anni. La vitamina A rallenta la replicazione del virus nelle cellule: oggi sappiamo che un basso livello di questa vitamina è correlato a un basso livello di anticorpi specifici contro il morbillo e a un aumento di morbilità e mortalità. La risposta immunitaria cellulare dipende dall’apporto di vitamina A, B e C, zinco e selenio. Le infezioni secondarie che possono complicare il morbillo fino a causare la morte sono dovute principalmente a una scarsa risposta immunitaria, dovuta a carenza vitaminica. Già nel 1932 si era scoperto che la mortalità crollava del 58% nei bambini ospedalizzati per morbillo quando veniva dato olio di fegato di merluzzo, ricco di vitamina A e D e acidi grassi Omega 3. Il morbillo contratto naturalmente, e anche la vaccinazione, esauriscono le riserve di Vitamina A dell’organismo. La deplezione di vitamina A indotta dal vaccino può aumentare la suscettibilità ad altre infezioni. Le superinfezioni batteriche che complicano le malattie virali, in genere sono dovute a carenze di vitamine C e D, ma l’aspetto legato alla nutrizione non viene preso in considerazione dai media quando lanciano l’allarme circa le malattie epidemiche. Basta la somministrazione sistematica di una perla di olio di fegato di merluzzo al giorno. Per inciso: aver raccomandato l’olio di fegato di merluzzo nella prevenzione del Covid (la sua efficacia contro questa malattia è stata ampiamente dimostrata dall’Università di Oslo) è uno dei motivi della mia radiazione. La Panencefalite sclerosante subacuta (Pess) è una rara forma di encefalite progressiva con esito infausto nella maggior parte dei soggetti. Nel 1989 Dyken indicò un aumento nella proporzione dei fenomeni di Pess dopo la vaccinazione antimorbillo, anche il tempo di incubazione risulta più breve rispetto ai casi che si sviluppano dopo l’infezione naturale. Gli antipiretici e le immunoglobuline somministrati per moderare la risposta immunitaria al vaccino antimorbillo e al morbillo selvaggio potrebbero aver impedito l’incompleta espulsione del virus dall’organismo, che è correlata allo sviluppo della panencefalite sclerosante subacuta. Come per l’SV40, il virus cancerogeno dei vaccini antipolio, anche per il morbillo la discussione sul virus contenuto nel vaccino come possibile causa di malattia è di fatto evitata.
Christine Lagarde (Ansa)
Siluro dell’ex economista Bce, il teutonico Jürgen Stark: «È chiaro perché l’Eliseo l’ha voluta lì...».
Stefano Antonio Donnarumma, ad di Fs
L’amministratore delegato Stefano Antonio Donnarumma: «Diamante 2.0 è il convoglio al centro dell’intero progetto».
Rete ferroviaria italiana (Rfi), società del gruppo Fs, ha avviato un piano di rinnovo della propria flotta di treni diagnostici, i convogli speciali impiegati per monitorare lo stato dell’infrastruttura ferroviaria. L’operazione prevede nei prossimi mesi l’ingresso in servizio di due nuovi treni ad Alta velocità, cinque destinati alle linee nazionali e 15 per le reti territoriali.
L’obiettivo dichiarato è quello di rafforzare la sicurezza e la regolarità del traffico ferroviario, riducendo i rischi di guasti e rendendo più efficace la manutenzione. Tra i nuovi mezzi spicca il convoglio battezzato Diamante 2.0 (Diamante è l’unione delle prime tre sillabe delle parole «diagnostica», «manutenzione» e «tecnologica»), un treno-laboratorio che utilizza sensori e sistemi digitali per raccogliere dati in tempo reale lungo la rete.
Secondo le informazioni diffuse da Rfi, il convoglio è in grado di monitorare oltre 500 parametri dell’infrastruttura, grazie a più di 200 sensori, videocamere e strumenti dedicati all’analisi del rapporto tra ruota e rotaia, oltre che tra pantografo e catenaria. Può viaggiare fino a 300 chilometri orari, la stessa velocità dei Frecciarossa, consentendo così di controllare le linee Av senza rallentamenti.
Un’ulteriore funzione riguarda la misurazione della qualità della connettività Lte/5G a bordo dei treni ad Alta velocità, un aspetto considerato sempre più rilevante per i passeggeri.
«Diamante 2.0 è il fiore all’occhiello della flotta diagnostica di Rfi», ha affermato l’amministratore delegato del gruppo, Stefano Antonio Donnarumma, che ha viaggiato a bordo del nuovo treno in occasione di una corsa da Roma a Milano.
Attualmente, oltre al nuovo convoglio, Rfi dispone di quattro treni dedicati al monitoraggio delle linee tradizionali e di 15 rotabili destinati al servizio territoriale.
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Da sinistra, Carlo Cottarelli, Romano Prodi, Enrico Letta (Ansa)
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L’attivista è stato un esempio a livello culturale: non mollava sui temi etici, non aveva alcun timore, era preparatissimo, dialogava con tutti, non pativa alcuna sudditanza. Cose che qui a volte mancano.