2020-05-22
Conte vuole richiuderci in casa per nascondere i suoi fallimenti
Giuseppe Conte (Archivio Massimo Di Vita:Mondadori Portfolio via Getty Images)
Il premier punta il dito sugli aperitivi e agita lo spauracchio di un'altra chiusura. Intanto gli amministratori dem, da Giorgio Gori a Beppe Sala a Leoluca Orlando, si esibiscono sul Web: lasci in pace gli italiani e pretenda da loro più controlli.Dopo aver raccontato in diretta tv che le decisioni prese dal governo per contenere l'epidemia da coronavirus sono un esempio copiato in Europa, Giuseppi ne ha detta un'altra delle sue. Intervenendo alla Camera per un'informativa sulla fase 2, il presidente del Consiglio ha sostenuto ieri che l'Italia è al primo posto nel mondo per numero di tamponi eseguiti. Ovviamente, trattandosi di una notizia di cui andare orgogliosi, siamo andati subito a cercare sul sito più informato e consultato a proposito di Covid-19, per scoprire come il nostro Paese avesse scalato la classifica e a chi fosse davanti. Peccato che su wordometers.info nella graduatoria suddetta non si trovi conferma di quanto annunciato con un certo trionfalismo da Conte. L'Italia infatti sta al 25° posto della lista, certo meglio piazzata rispetto ad altri Paesi come la Gran Bretagna, la Germania o gli Stati Uniti e però, pur avendo davanti a sé staterelli sperduti in mezzo al mare, quasi sempre sede di paradisi dei contribuenti, viene sorpassata da Stati europei come Lituania, Danimarca, Portogallo, Spagna, Belgio e Irlanda. Prima vengono anche Israele e un'altra Repubblica appartenuta al blocco sovietico come l'Estonia. Insomma, quanto a tamponi non siamo gli ultimi della classe, ma neppure i primi come invece ha dato a intendere il premier allo scopo di lucidare i risultati della battaglia contro l'epidemia.Tuttavia, quella dei test e del primato mondiale italiano non è la sola questione che ha attirato la nostra attenzione ieri. Nel discorso a Montecitorio, il presidente del Consiglio se l'è anche presa con chi si fa l'aperitivo senza rispettare le regole. Alcune frasi le aveva già fatte filtrare ai giornali mercoledì mentre lasciava Palazzo Madama. Tanto è vero che molti quotidiani riferivano l'avvertimento a giovani e meno giovani che si lasciano andare a party e movida non a debita distanza. Alla Camera però Giuseppi è stato ancora più chiaro, dicendo di aver disposto «un accurato monitoraggio che gli permetterà di intervenire, se necessario, con misure restrittive nel caso in cui, in luoghi specifici, dovessero generarsi nuovi focolai». Lasciate perdere il linguaggio da professore di diritto e rovescio: Conte parla sempre come se dovesse tenere una lezione a una banda di studenti un po' duri di comprendonio. E però, al di là della maniera pomposa usata, il messaggio era chiaro: vi tengo d'occhio e se non rigate dritto, cioè se non mettete la mascherina e non state lontani almeno un metro l'uno dall'altra, vi rinchiudo un'altra volta sotto chiave e non vi faccio più uscire. Certo, se il contagio riparte, bisogna bloccarlo, impedendo che faccia altri danni e altri morti. Ma qui sta il punto: forse, prima di avere i contagi e le vittime, si deve intervenire là dove non vengono rispettate le prescrizioni. Datemi un attimo e vi spiego che cosa voglio dire. È inutile minacciare di richiudere una città o una provincia quando i buoi sono scappati. Se a febbraio si poteva tollerare un intervento a posteriori perché nessuno - di certo non chi ci governa e neppure chi si dichiarava esperto - aveva capito nulla della pandemia, adesso no. Ora sappiamo che cosa succede e come si propaga il coronavirus. Ma sappiamo anche dove sono i centri più affollati, dunque non serve aspettare che qualcuno si ammali, bisogna agire prima, evitando gli assembramenti festaioli e i brindisi in compagnia. Cioè, traduco, si devono fare i controlli. Semplice, no? Invece di lasciare che la folla si accalchi davanti ai banchi della Vucciria a Palermo o a quelli di viale Papiniano a Milano, basta mandare i vigili. I ragazzi vanno in massa nei locali del capoluogo lombardo oppure in Città Alta a Bergamo e poi succede come tre mesi fa che gli stessi giovani finiscono all'ospedale dopo aver contagiato altra gente? E perché non avete mandato gli agenti a impedire che si radunassero? Non serviva un ministro dell'Interno per decidere una cosa del genere, bastava un sindaco. Ma purtroppo i nostri sindaci sono tutti impegnati a costernarsi, indignarsi e impegnarsi, come cantava Fabrizio De André. Beppe Sala, primo cittadino di Milano, fa gli annunci dalle guglie del Duomo, Giorgio Gori, sindaco di una delle province lombarde più colpite dall'emergenza, si fa ritrarre mentre si taglia i capelli, Leoluca Orlando fa un appello video alla cittadinanza. Fateci caso: sono tutti sindaci del Pd, perché la sinistra governa quasi tutte le grandi città italiane. Cioè sono sindaci che appartengono alla stessa maggioranza che ci governa. Milano, Bergamo, Palermo, Roma: i casi segnalati in questi giorni dovrebbero essere affrontati da giunte rette dal Pd o dai 5 stelle. E invece di prendersela con degli amministratori che non dispongono le misure di controllo e di contenimento, che cioè non fanno rispettare le precauzioni, Giuseppe Conte che fa? Minaccia di richiudere tutto. Prenda per le orecchie i primi cittadini che sono ultimi nell'applicazione delle regole invece di lanciare avvertimenti a chi le regole le rispetta. Il premier faccia una cosa semplice, invece di discorsi generici, dica di andare ad amministrare anziché dichiarare. Che di un sindaco sulle guglie Milano non ha bisogno.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)
Ecco #DimmiLaVerità del 17 settembre 2025. Il nostro Giorgio Gandola commenta le trattative nel centrodestra per la candidatura a presidente in Veneto, Campania e Puglia.