2024-09-27
Trucco di Conte per sfangarla sul Covid
Giuseppe Conte (Imagoeconomica)
Giuseppi si è unito all’indagine sostenendo di voler motivare ogni scelta passata. Ma da componente dell’organo parlamentare, non sarà possibile audirlo. Un chiaro conflitto d’interessi, passato sotto silenzio.Giuseppe Conte lo ha presentato come un gesto nobile e coraggioso. Il 18 settembre scorso, quando si è insediata la commissione di inchiesta parlamentare sulla pandemia, si è presentato alla seduta e ha chiesto di diventarne membro, subentrando a un altro esponente del suo partito. «La commissione d’inchiesta sul Covid è stata costruita da questa maggioranza non per far tesoro della dura esperienza maturata durante la pandemia e per evitare difficoltà future, ma come strumento politico per colpire me e la squadra di governo che ha lavorato per salvare il Paese», ha dichiarato. «Pensano di mettermi in difficoltà perché la maggioranza di Meloni, con la complicità di Renzi, ha fatto partire una commissione d’inchiesta così palesemente viziata, che tiene fuori dalle attività di indagine le Regioni, che hanno gestito per gran parte l’emergenza Covid». Infine, la conclusione ad effetto: «È una presa in giro degli italiani, ma siccome noi del Movimento 5 stelle abbiamo rispetto delle istituzioni e io non ho nulla da nascondere, sono qui per dare comunque un contributo nell’interesse generale affinché cose del genere non succedano più, per non ritrovarci ancora una volta impreparati in un futuro che non ci auguriamo». Un bel colpo di teatro, nulla da dire. Ma per quale motivo l’ex presidente del Consiglio ha scelto questa linea? Ufficialmente, appunto, mostra di essere pronto a ogni critica, disposto a rispondere su tutto e preparato a difendere ogni scelta compiuta negli anni bui del delirio sanitario. Fin qui, la superficie.Qualcuno non troppo ingenuo, tuttavia, suggerisce che Conte voglia stare fra coloro che indagano proprio perché di magagne da celare in effetti ne ha, e dunque sia intenzionato a tenere sott'occhio l’operato della commissione e i suoi progressi, al fine di non farsi cogliere di sorpresa su temi scottanti. C’è però anche una ulteriore lettura possibile, meno immediata ma forse più corrispondente al vero. Partiamo da un punto fermo: se volesse soltanto presidiare il territorio e difendere l’operato del suo governo durante la pandemia, Conte non avrebbe problemi a farlo anche senza diventare componente della commissione Covid: gli basterebbe rispondere dettagliatamente e per le rime alle domande che gli verrebbero sicuramente poste in una eventuale audizione. Allora perché assumere un incarico impegnativo e apparentemente difficoltoso da conciliare con il carico di lavoro che grava su un capo partito? Ecco una possibile risposta: l’ex premier vuole in realtà evitare di essere audito. A questo punto urge una piccola spiegazione. È evidente a chiunque che Conte - avendo guidato un governo proprio nel periodo su cui indaga la commissione d’inchiesta - sarebbe per forza di cose convocato e sottoposto a domande da parte dei parlamentari. Ed ecco il punto: i commissari non possono essere sottoposti a audizione. Questo per scongiurare un possibile conflitto di interessi: dato che il commissario è chiamato a giudicare i fatti che la commissione accerta, finirebbe sostanzialmente per indagare su sé stesso. È un po' quanto è accaduto nel caso del pentastellato Federico Cafiero De Raho, che attualmente è vicepresidente della commissione parlamentare antimafia ed è chiamato dunque ad approfondire il caso Striano in cui è in qualche modo coinvolto. È proprio per evitare sgradevoli episodi di questo tipo che tutti i parlamentari membri delle commissioni, entro dieci giorni dalla designazione, devono indicare possibili cause di conflitti di interesse che potrebbero configurare una incompatibilità sostanziale e formale. Non sappiamo se Giuseppe Conte abbia dichiarato questa incompatibilità o meno. Ma è piuttosto difficile non tenere conto del possibile (anzi molto probabile) conflitto di interessi. Alla luce del quale la sua decisione di entrare nella commissione Covid assume tutto un altro significato potenziale. Ieri, intanto, fa sapere il presidente dell’organismo, il senatore di Fratelli d’Italia Marco Lisei, «c’è stata la prima seduta dell’ufficio di presidenza. I lavori procederanno dalla prossima settimana con l’approvazione del regolamento, subito dopo inizierà un ciclo di audizioni con le associazioni rappresentative dei familiari delle vittime, comprese quelle dei servitori dello Stato come il personale sanitario, delle forze dell’ordine, nonché con le eventuali associazioni di guariti. Si tratta di un segno di rispetto e attenzione dovuto a chi ha sofferto».Secondo Lisei dunque «la commissione procede quindi spedita e operativa ai compiti che le sono attribuiti al fine di scoprire la verità su quel terribile momento della nostra storia». Speriamo vivamente che si faccia chiarezza anche sul ruolo di Conte.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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