2022-06-11
Conte contestato a Taranto
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E dove rinasce il Conte Due: in coalizione a sostegno del candidato sindaco scelto da Michele Emiliano ci sono pd, 5 stelle, Verdi, socialisti, Articolo Uno, vendoliani, e persino esponenti di Italia Viva. È un banco di prova questo dei 5 stelle a Taranto, città simbolo per loro che nel 2018 presero il 47 per cento promettendo la chiusura dell’Ilva. Quando tornarono a Taranto, nei mesi successivi, i 5 stelle furono travolti da fischi e insulti, accusati di aver tradito la città, mentre tutti gli eletti grillini a Taranto, in consiglio comunale come in parlamento, sono fuoriusciti dal gruppo. È rimasto solo Mario Turco, ex sottosegretario a Palazzo Chigi e vicepresidente del movimento, che ha avuto l’incarico di formare la lista aggregando professionisti ambiziosi o personaggi simbolo come il dipendente di Acciaierie d’Italia licenziato per aver chiamato «assassini» i datori di lavoro e difeso da Sabrina Ferilli. Ma nonostante le buone entrate del senatore, anche ieri Conte è stato contestato. Non sono bastate le venti auto blu di scorta, i furgoni della polizia, le centinaia di agenti in divisa e in borghese che gli facevano da cordone, per evitare i fischi dei tarantini che gli gridavano «traditore, assassino, venduto criminale, in galera devi andare»… proprio come fecero i 5 stelle anni fa a Taranto contro Renzi. A fare da contraltare un gruppo di Navigator sventolanti le cartelline «collaboratori tecnici di Anpal Servizi», convocati al comizio per un appuntamento con il loro presidente. Conte sommerso dai fischi è costretto a trasformare in una corsa scortata verso il palco quella che da programma era prevista come una «passeggiata con i cittadini». Sotto il palco lo accoglie tutta la coalizione, compresa una bandiera del Psi, in barba alle parole che proprio Conte ha rivolto contro Stefania Craxi, ma anche alla storia del partito socialista. E infatti appena saliti sul palco Mario Turco si dichiara a sostegno dell’azione della magistratura. Il candidato sindaco si dissocia da quanto dichiarato da Draghi in settimana sul necessario aumento della produzione dello stabilimento Ilva che secondo il Presidente del Consiglio «deve tornare a essere il primo stabilimento siderurgico d’Europa», scelta che vede contraria la coalizione a Taranto rappresentata dagli stessi partiti di governo.
Conte risponde a Draghi: «La competitività è importante ma è importante che tutto ciò non vada realizzato a detrimento dei lavoratori: abbiamo 5.000 lavoratori in cassa integrazione» eppure la cassa integrazione è iniziata subito dopo che Di Maio aveva dichiarato «siamo arrivati al governo e in tre mesi abbiamo risolto il problema Ilva». «Vanno riassorbiti per nuove opportunità - dice Conte - bisogna diversificare, non devono rimanere a casa». Ma l’unica nuova opportunità citata dall’ex premier sono i 200 posti di lavoro promessi per il cantiere degli yatch Ferretti con un investimento pubblico di 142 milioni di euro e 64 privati, che non bastano neppure per reintegrare i 400 portuali in cassaintegrazione a Taranto dal 2014 (oltre ai 5.000 di Ilva, e tanti altri). E infatti Conte dagli operai della fabbrica si tiene lontano, preferendo incontrare gli allevatori di cozze, a cui il suo braccio destro Turco ha promesso con un emendamento le concessioni gratis, dopo averle stralciate dalla messa a gara del decreto concorrenza. Si concretizza il vecchio sogno grillino di trasformare Ilva in un grande allevamento di cozze, insieme alla rinnovata promessa di creare a Taranto «il più grande acquario green del mediterraneo», finanziato con 50 milioni dal governo Conte Due ma subito cancellato da Draghi. Anche Letta due giorni fa a Taranto aveva fatto la stessa scelta di incontrare i mitilicoltori anziché gli operai, ma mentre Conte ha affrontato il popolo, Letta se n’è andato in giro in barca intorno al mar piccolo su cui proprio il commissario voluto da Turco ha interrotto la bonifica che impedisce la coltivazione delle cozze tutto l’anno. Nel pomeriggio invece Conte è stato nei paesi della provincia, ma dalle tappe annunciate alla stampa e sui social misteriosamente è saltata quella che ha fatto a Castellaneta, dove Conte è andato a sostenere, con tanto di simbolo e lista, un candidato sindaco indagato per peculato, mentre sul palco a Taranto è salito rivendicando liste pulite ed etica pubblica. Da qui i fischi.
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Il leader pentastellato ha chiuso nella provincia pugliese la campagna elettorale per le amministrative. Non sono bastate le venti auto blu di scorta, i furgoni della polizia, le centinaia di agenti in divisa e in borghese che gli facevano da cordone, per evitare i fischi dei tarantini che gli gridavano «traditore, assassino, venduto criminale, in galera devi andare». Proprio come fecero i 5 stelle anni fa a Taranto contro Matteo Renzi.E dove rinasce il Conte Due: in coalizione a sostegno del candidato sindaco scelto da Michele Emiliano ci sono pd, 5 stelle, Verdi, socialisti, Articolo Uno, vendoliani, e persino esponenti di Italia Viva. È un banco di prova questo dei 5 stelle a Taranto, città simbolo per loro che nel 2018 presero il 47 per cento promettendo la chiusura dell’Ilva. Quando tornarono a Taranto, nei mesi successivi, i 5 stelle furono travolti da fischi e insulti, accusati di aver tradito la città, mentre tutti gli eletti grillini a Taranto, in consiglio comunale come in parlamento, sono fuoriusciti dal gruppo. È rimasto solo Mario Turco, ex sottosegretario a Palazzo Chigi e vicepresidente del movimento, che ha avuto l’incarico di formare la lista aggregando professionisti ambiziosi o personaggi simbolo come il dipendente di Acciaierie d’Italia licenziato per aver chiamato «assassini» i datori di lavoro e difeso da Sabrina Ferilli. Ma nonostante le buone entrate del senatore, anche ieri Conte è stato contestato. Non sono bastate le venti auto blu di scorta, i furgoni della polizia, le centinaia di agenti in divisa e in borghese che gli facevano da cordone, per evitare i fischi dei tarantini che gli gridavano «traditore, assassino, venduto criminale, in galera devi andare»… proprio come fecero i 5 stelle anni fa a Taranto contro Renzi. A fare da contraltare un gruppo di Navigator sventolanti le cartelline «collaboratori tecnici di Anpal Servizi», convocati al comizio per un appuntamento con il loro presidente. Conte sommerso dai fischi è costretto a trasformare in una corsa scortata verso il palco quella che da programma era prevista come una «passeggiata con i cittadini». Sotto il palco lo accoglie tutta la coalizione, compresa una bandiera del Psi, in barba alle parole che proprio Conte ha rivolto contro Stefania Craxi, ma anche alla storia del partito socialista. E infatti appena saliti sul palco Mario Turco si dichiara a sostegno dell’azione della magistratura. Il candidato sindaco si dissocia da quanto dichiarato da Draghi in settimana sul necessario aumento della produzione dello stabilimento Ilva che secondo il Presidente del Consiglio «deve tornare a essere il primo stabilimento siderurgico d’Europa», scelta che vede contraria la coalizione a Taranto rappresentata dagli stessi partiti di governo.Conte risponde a Draghi: «La competitività è importante ma è importante che tutto ciò non vada realizzato a detrimento dei lavoratori: abbiamo 5.000 lavoratori in cassa integrazione» eppure la cassa integrazione è iniziata subito dopo che Di Maio aveva dichiarato «siamo arrivati al governo e in tre mesi abbiamo risolto il problema Ilva». «Vanno riassorbiti per nuove opportunità - dice Conte - bisogna diversificare, non devono rimanere a casa». Ma l’unica nuova opportunità citata dall’ex premier sono i 200 posti di lavoro promessi per il cantiere degli yatch Ferretti con un investimento pubblico di 142 milioni di euro e 64 privati, che non bastano neppure per reintegrare i 400 portuali in cassaintegrazione a Taranto dal 2014 (oltre ai 5.000 di Ilva, e tanti altri). E infatti Conte dagli operai della fabbrica si tiene lontano, preferendo incontrare gli allevatori di cozze, a cui il suo braccio destro Turco ha promesso con un emendamento le concessioni gratis, dopo averle stralciate dalla messa a gara del decreto concorrenza. Si concretizza il vecchio sogno grillino di trasformare Ilva in un grande allevamento di cozze, insieme alla rinnovata promessa di creare a Taranto «il più grande acquario green del mediterraneo», finanziato con 50 milioni dal governo Conte Due ma subito cancellato da Draghi. Anche Letta due giorni fa a Taranto aveva fatto la stessa scelta di incontrare i mitilicoltori anziché gli operai, ma mentre Conte ha affrontato il popolo, Letta se n’è andato in giro in barca intorno al mar piccolo su cui proprio il commissario voluto da Turco ha interrotto la bonifica che impedisce la coltivazione delle cozze tutto l’anno. Nel pomeriggio invece Conte è stato nei paesi della provincia, ma dalle tappe annunciate alla stampa e sui social misteriosamente è saltata quella che ha fatto a Castellaneta, dove Conte è andato a sostenere, con tanto di simbolo e lista, un candidato sindaco indagato per peculato, mentre sul palco a Taranto è salito rivendicando liste pulite ed etica pubblica. Da qui i fischi.
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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