
La concessionaria dei servizi pubblici amministrativi, guidata da Vincenzo Sanasi D’Arpe, punta a limare le gratifiche per 330.000 euro. Per le consulenze spesi 1,4 milioni.Tra le partecipate del ministero dell’Economia che dovranno rinnovare i loro vertici c’è anche Consap, concessionaria dei servizi assicurativi pubblici, divenuta durante il governo di Giuseppe Conte un vero e proprio avamposto giallorosso, di Partito democratico e 5 stelle. Il clima in azienda non è dei migliori. Ieri pomeriggio l’assemblea dei lavoratori Consap ha annunciato uno stato di agitazione permanente per le richieste della società che vuole un contributo da parte loro per ripianare i buchi di bilancio. «Il sistema “performante” è stato eluso», scrivono i lavoratori, lamentando «la totale mancata erogazione delle gratifiche riservata ai particolarmente meritevoli». L’attuale amministratore delegato di Consap, Vincenzo Sanasi D’Arpe ha ignorato durante il consiglio di amministrazione di ieri pomeriggio le richieste dei lavoratori, che erano state riportate in un documento al presidente del collegio sindacale, Roberto Sorrentino. Lo stato di tensione potrebbe riservare qualche sorpresa all’azionista di riferimento, ovvero il ministero dell’Economia e delle finanze guidato da Giancarlo Giorgetti. Per far quadrare i conti, infatti, Sanasi D’Arpe ha chiesto nelle scorse settimane un aiuto a tutti i dipendenti per contribuire con circa 330.000 euro al risanamento dei conti della partecipata. E la richiesta è stata fatta a fronte di una spesa di 1 milione e 400.000 euro solo per consulenze. Quando Sanasi D’Arpe si insediò nel gennaio 2021 sottoscrisse il bilancio Consap 2020 frutto della precedente gestione. Quello del 2021 si era concluso con un utile di circa 4 milioni di euro, cosa che aveva portato il ministero di via XX Settembre a incassare l’intero ammontare anziché - come da trentennale consuetudine - accontentarsi del 50% dell’utile. Ma i tempi sono cambiati. Del resto, in questi anni, Sanasi ha portato avanti un’opera di smantellamento della classe dirigente di Consap. L’azienda ha risentito della politica dell’amministratore delegato. Non a caso, il 24 febbraio scorso, l’assemblea dei lavoratori aveva già diramato una nota interna dove ha definito «inaccettabile la circostanza che, per risolvere la situazione economica di Consap e soddisfare le presunte richieste dell’azionista di contenimento dei costi, siano necessari circa 330.000 euro che in questo modo si risparmierebbero solo sul personale».Non solo. I lavoratori, che chiedono un incontro con i vertici e annunciano un’assemblea permanente, chiedono con fermezza che «la riduzione dei costi - come già rappresentato dai dirigenti sindacali in diverse occasioni e ribadito nell’incontro di ieri - venga effettuata su altre “voci”». Si registrano infatti alcune falle economiche di gestione di fondi, in perdite che vengono assorbite nelle pieghe della gestione separata del fondo vittime della strada quale unica fonte certa di redditività per Consap. Il fondo vittime della strada rappresenta una fonte inesauribile di gettito finanziario di denaro privato quale l’attuale imposta del 2,5% dei premi assicurativi Rc auto affidati al fondo dal ministero concedente e pertanto divenuti soldi pubblici. Ma evidentemente il ricorso a questa formula contabile non è stata sufficiente a colmare il deficit, al punto da richiedere un sacrificio ai dipendenti di Consap e alle loro 220 famiglie per contribuire con circa 330.000 euro al risanamento dei conti della partecipata. Il sacrificio sarebbe anche in deroga a quanto previsto dal contratto integrativo aziendale in materia di premi annuali di rendimento peraltro sostenuto da un chiaro sistema di performance management posto in trasparenza a garanzia del risultato di ogni dipendente. Venerdì scorso, i sindacati hanno riunito l’assemblea dei dipendenti dalla quale è scaturito un chiaro ed inequivocabile comunicato a conferma del disagio aziendale e di un latente stato di agitazione. E tutto questo avviene mentre circola l’ipotesi di nuove assunzioni di personale, circa 8 persone (ieri ne sono state ufficializzate 4), che potrebbero pesare ancora di più sui costi. Da ultimo, Consap ha imposto ai propri dipendenti un calendario di ferie obbligate, prevedendo periodi ben calendarizzati di chiusura totale della partecipata pubblica.
Zohran Mamdani (Ansa)
Nella religione musulmana, la «taqiyya» è una menzogna rivolta agli infedeli per conquistare il potere. Il neosindaco di New York ne ha fatto buon uso, associandosi al mondo Lgbt che, pur incompatibile col suo credo, mina dall’interno la società occidentale.
Le «promesse da marinaio» sono impegni che non vengono mantenuti. Il detto nasce dalle numerose promesse fatte da marinai ad altrettanto numerose donne: «Sì, certo, sei l’unica donna della mia vita; Sì, certo, ti sposo», salvo poi salire su una nave e sparire all’orizzonte. Ma anche promesse di infiniti Rosari, voti di castità, almeno di non bestemmiare, perlomeno non troppo, fatte durante uragani, tempeste e fortunali in cambio della salvezza, per essere subito dimenticate appena il mare si cheta. Anche le promesse elettorali fanno parte di questa categoria, per esempio le promesse con cui si diventa sindaco.
Ecco #DimmiLaVerità del 10 novembre 2025. Il deputato di Sud chiama Nord Francesco Gallo ci parla del progetto del Ponte sullo Stretto e di elezioni regionali.
Donald Trump (Ansa)
La Corte Suprema degli Stati Uniti si appresta a pronunciarsi sulla legittimità di una parte dei dazi, che sono stati imposti da Donald Trump: si tratterà di una decisione dalla portata storica.
Al centro del contenzioso sono finite le tariffe che il presidente americano ha comminato ai sensi dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa). In tal senso, la questione riguarda i dazi imposti per il traffico di fentanyl e quelli che l’inquilino della Casa Bianca ha battezzato ad aprile come “reciproci”. È infatti contro queste tariffe che hanno fatto ricorso alcune aziende e una dozzina di Stati. E, finora, i tribunali di grado inferiore hanno dato torto alla Casa Bianca. I vari casi sono quindi stati accorpati dalla Corte Suprema che, a settembre, ha deciso di valutarli. E così, mercoledì scorso, i togati hanno ospitato il dibattimento sulla questione tra gli avvocati delle parti. Adesso, si attende la decisione finale, che non è tuttavia chiaro quando sarà emessa: solitamente, la Corte Suprema impiega dai tre ai sei mesi dal dibattimento per pronunciarsi. Non è tuttavia escluso che, vista la delicatezza e l’urgenza del dossier in esame, possa stavolta accelerare i tempi.






