2022-09-11
«Con tessuto e colori ho stregato gli States»
La stilista fiorentina sfilerà il 13 settembre a New York: «Le donne americane cercano praticità, libertà di movimento e capi gioiosi con stampe. Vestiamo tante serie di Netflix, è il loro stile. Il nostro segreto? Consegniamo velocemente, i clienti apprezzano molto».«Vuole un numero?», dice Chiara Boni, nota stilista fiorentina. «Quest’anno in America verranno celebrati 39 milioni di matrimoni tra quelli rimandati e quelli che sono in calendario ora. Si sono tutti concentrati». Gli sposi, e poi parenti e invitati vari. Tutti da vestire da capo a piede. In effetti il numero fa gola, ma per Chiara Boni l’America non è una scoperta ma, semmai, una conferma.Per lei, la sfilata che si terrà mercoledì 13 settembre agli Spring Studios, durante la fashion week americana, è un ritorno sulla passerella newyorkese con La Petite Robe, la sua iconica collezione. «È lì il nostro principale mercato, un mercato molto forte in questo momento, tanto che ci sono brand mai arrivati a questa settimana di sfilate e che tentano di entrarvi. L’America, ora, tiene botta. Tutto il resto è più zoppicante», spiega alla Verità la designer che, dopo aver sfilato al famoso Caffè Paszkowski di Firenze, primo defilè mondiale post pandemia, dimostra di avere a New York il suo palcoscenico privilegiato.«New York ci ha sempre accolti a braccia aperte e il ritorno nella grande mela ci è sembrato del tutto naturale dopo questi anni di pandemia».L’America è stata un punto di partenza? «Sì, fin dall’inizio, nel 2007. Abbiamo avuto fortuna perché, all’epoca, Neiman ci ha creduto e la prova è andata talmente bene che è stata riconfermata. Mentre noi siamo cresciuti esponezialmente di anno in anno. Ora abbiamo cento metri quadri da Sachs in Fifth Avenue, e non sono pochi».Cosa è piaciuto alle americane delle sue collezioni? «Prima di tutto, il tessuto, morbido e che si adatta al corpo. Le americane, le latine, le nere, tutte cercano la praticità, la libertà di movimento e il tessuto stretch ha queste caratteristiche, con la differenza che il nostro è anche chic».È una questione di materiale, quindi? «Alle americane piacciono i colori, cercano capi molto colorati. Se si tolgono New York, Boston, città più wasp, più europee, le richieste e le tendenze sono verso il colore, le stampe, una moda, forse, più gioiosa. Noi vestiamo tantissime serie Netflix, questo è il loro stile, anche da giorno, un classico molto femminile».Il materiale è stata una sorta di sperimentazione? «Quando ho ricominciato, ho pensato di usare un unico tessuto conoscendo quali sono i problemi di un magazzino e soprattutto, pensando che avrei fatto tutto da sola, la gestione non sarebbe stata semplice. Non potevo pensare di avere trenta tessuti a collezione: basti pensare che la prima era tutta nera. Però era un tessuto moderno, con la possibilità di fare cose sartoriali, ben fatte ma più facili rispetto alla confezione con altri tessuti».Qual è il vostro valore aggiunto per aver avuto così tanto successo in America? «Consegniamo velocemente, altra cosa che piace molto agli americani. Potendo fare scorta su cose che sappiamo che funzionano sempre, possiamo fare un grande stock di magazzino senza avere paura di rimanenze perché loro continuano a consumare. E noi in venti-trenta giorni mandiamo la merce».Questo avviene due volte l’anno? «No, noi facciamo dieci, dodici collezioni in realtà, anche piccole, ma durante l’anno sforniamo di continuo capi nuovi, la gente si stufa di vedere sempre le stesse cose. E questo, che già facciamo in America, inizieremo a farlo anche qui: riassortiremo spesso i nostri negozi, con cose diverse. Con le collezioni che vanno in America rinnoviamo anche le nostre boutique. Mi piace l’idea di dire che questo capo è finito, non c’è più».Quali sono le particolarità del tessuto di Petite Robe? «Traspirante, anallergico, tinto con nuovi colori meno inquinanti, con la possibilità di misurare carbonio, acqua e energia che vengono consumati al metro quadro. Lo comperiamo in Italia, da noi gira tutto tra Lombardia, Piemonte e Toscana. E anche il filo viene fatto in Italia. Abbiamo una catena molto corta e per questo possiamo misurare il nostro impatto».Ha un’anima sostenibile, quindi. «Sappiamo quanto inquiniamo. Diciamoci la verità, il cotone ecologico non esiste».La nuova collezione, quella che verrà presentata, come sarà? «Abbiamo passato periodi cupi e ce ne saranno ancora perché la cupezza non è passata, perciò è ispirata a un fatto gioioso, al discorso dei matrimoni. Sarà un grande party, in allegria. Almeno la moda deve essere sinonimo di svago. Non possiamo essere tristi guardando i vestiti. Ci sarà anche la nuova collezione sposa che uscirà alla fine della sfilata».Ora va tanto di moda anche il vintage. «Ci crediamo al punto che stiamo preparando una parte dei nostri vestiti vintage da dare per le grandi occasioni, abiti bellissimi che tutte si metterebbero».