
I rapporti con il Dragone evidenziano la spaccatura dentor l'Europa: esiste un dialogo con noi e uno con il resto dell'Unione a trazione francotedesca. È un cammino rischioso, però può ridarci sovranità.Dalle reazioni dei vicini di casa spesso si capisce il vero valore di un bene. In questo caso il bene è l'Italia, i vicini sono Francia e Germania, mentre il nuovo partner si chiama Cina. La visita ufficiale di Xi Jinping taglia in due l'Europa. La scelta di atterrare a Roma, incontrare Sergio Mattarella che si è speso per benedire il memorandum sulla Via della seta e solo dopo volare in Europa non è per nulla casuale. Significa che per Pechino c'è un interlocutore nel Mediterraneo e uno per il resto del Continente, una controparte che riunisce Emmanuel Macron, Angela Merkel e Bruxelles che nell'incontro della prossima settimana sarà rappresentata da Jean Claude Juncker. «Per noi oggi la Cina è un concorrente, un partner e un rivale, esiste uno squilibrio commerciale e le asimmetrie creano squilibri, non possiamo costruire qualcosa di stabile sulla base di squilibri persistenti», ha detto il presidente della Commissione. Manca la «reciprocità nei nostri scambi commerciali», insiste, «e la concorrenza tra Cina e Europa non ha una base egualitaria». Il mercato cinese non è «sufficientemente aperto ai prodotti europei», ha concluso il capo dell'esecutivo Ue. Omettendo che le trattative per far entrare la Cina nel Wto sono state spinte proprio da chi oggi a Bruxelles alza le barricate. La contraddizione sta in realtà nel fatto che Macron, Merkel e Juncker, non possono accettare che Roma (vale anche per le altre nazioni) possano intraprendere accordi bilaterali. Bruxelles vuole lo ius primae noctis. Per cui se sul rapporto con la Cina non si può mettere esclusivamente la bandiera blu con le stelle, allora si grida al pericolo. Perché significa perdere potere e al contrario concedere più sovranità all'Italia. Esattamente il contrario di quanto sostengono in queste ore gli europeisti convinti: dal loro punto di vista con il memorandum l'Italia rischia la sottomissione. È bene invece spiegare che la cosa fondamentale per la ripresa dell'economia italiana è smarcarsi dall'Europa. In un certo senso allontanarsi da Bruxelles e avvicinarsi a chi ha intenzione di investire. Non nascondiamo che significherà per il nostro Paese camminare sulle uova e infilare una via stretta e pericolosa. Bisognerà essere vicini a Pechino ma non troppo per non allontanarsi eccessivamente dagli Stati Uniti. Significherà tenere i piedi in due scarpe? Beh l'Italia l'ha fatto per anni. Si può dire che fosse la specialità della politica prima dell'arrivo di mani pulite. Ecco perché in queste ore non possiamo accettare che a trattare con Xi Jinping sia Bruxelles per conto nostro. Resterebbero le briciole che dovremmo usare poi e in ogni caso per mettere a posto il bilancio. A dare la linea è stato Mattarella con una svolta improvvisa che trova sponda in Vaticano. E che smentisce in pieno le dichiarazioni di Macron. Ieri il presidente francese ha detto: «Il tempo dell'ingenuità europea è finito perché il Paese è tra i rivali sistemici dell'Unione Europea. Questo risveglio era necessario perché da diversi anni abbiamo un approccio in ordine sparso e la Cina sfruttava le nostre divisioni». In realtà, i contenuti dell'accordo sono gli stessi che l'asse franco tedesco vorrebbe portare avanti. Tanto che Mattarella lanciando la sua benedizione ha fatto sapere che il memorandum è conforme alle leggi Ue, come dire le regole esistono e noi le applichiamo interpretandole. Se la Chiesa ha deciso di guardare a Est e non più a Nord mette l'Italia nella possibilità di riempire un buco di potere. Trovare opportunità tra due partner ambiziosi. Nel momento in cui Cina e Usa faranno la pace sui dazi, chi si troverà stritolato è il Vecchio Continente e a noi italiani non conviene essere il manico del vaso di coccio europeo. Certo se tireremo la corda Donald Trump vorrà vendicarsi, ma vale la pena rischiare e avviare una nuova strategia. Tanto quella franco tedesca è in ogni caso perdente per noi. E come scriviamo nell'attacco di questo articolo è dalla reazione di stizza e allarme che si comprende il valore del memorandum. A confermare l'analisi ci sono i dettagli. Oggi tra i numerosi accordi, Cassa depositi e prestiti confermerà l'avvio dei Panda bond. Per la prima volta un Paese occidentale potrà emettere obbligazioni in renminbi. Cdp raccoglierà fondi da investitori istituzionali in valuta cinese destinati a finanziare le aziende italiane in Cina. Che cosa significa tale rivoluzione? Che in futuro sarà possibile moltiplicare le emissioni e magari mettere come collaterale patrimonio pubblico. Non più solo valuta comunitaria ma accesso ai mercati asiatici. L'operazione di Cdp è più sensibile di quanto si possa immaginare e in grado di irritare Bruxelles più di quanto voglia ammettere. Entrare in questa logica per l'Italia significa avvicinarsi a due sfere di attrazione. Vale per la politica e pure per la monete. Se resterà equidistante la Ue avrà perso la su supremazia su Roma.
La poetessa russa Anna Achmatova. Nel riquadro il libro di Paolo Nori Non è colpa dello specchio se le facce sono storte (Getty Images)
Nel suo ultimo libro Paolo Nori, le cui lezioni su Dostoevskij furono oggetto di una grottesca polemica, esalta i grandi della letteratura: se hanno sconfitto la censura sovietica, figuriamoci i ridicoli epigoni di casa nostra.
Obbligazionario incerto a ottobre. La Fed taglia il costo del denaro ma congela il Quantitative Tightening. Offerta di debito e rendimenti reali elevati spingono gli operatori a privilegiare il medio e il breve termine.
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Il principe saudita Mohammad bin Salman Al Sa'ud e il presidente americano Donald Trump (Getty)
Il progetto del corridoio fra India, Medio Oriente ed Europa e il patto difensivo con il Pakistan entrano nel dossier sulla normalizzazione con Israele, mentre Donald Trump valuta gli effetti su cooperazione militare e stabilità regionale.
Le trattative in corso tra Stati Uniti e Arabia Saudita sulla possibile normalizzazione dei rapporti con Israele si inseriscono in un quadro più ampio che comprende evoluzioni infrastrutturali, commerciali e di sicurezza nel Medio Oriente. Un elemento centrale è l’Imec, ossia il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa, presentato nel 2023 come iniziativa multinazionale finalizzata a migliorare i collegamenti logistici tra Asia meridionale, Penisola Arabica ed Europa. Per Riyad, il progetto rientra nella strategia di trasformazione economica legata a Vision 2030 e punta a ridurre la dipendenza dalle rotte commerciali tradizionali del Golfo, potenziando collegamenti ferroviari, marittimi e digitali con nuove aree di scambio.
La piena operatività del corridoio presuppone relazioni diplomatiche regolari tra Arabia Saudita e Israele, dato che uno dei tratti principali dovrebbe passare attraverso porti e nodi logistici israeliani, con integrazione nelle reti di trasporto verso il Mediterraneo. Fonti statunitensi e saudite hanno più volte collegato la normalizzazione alle discussioni in corso con Washington sulla cooperazione militare e sulle garanzie di sicurezza richieste dal Regno, che punta a formalizzare un trattato difensivo bilaterale con gli Stati Uniti.
Nel 2024, tuttavia, Riyad ha firmato in parallelo un accordo di difesa reciproca con il Pakistan, consolidando una cooperazione storicamente basata su forniture militari, addestramento e supporto politico. Il patto prevede assistenza in caso di attacco esterno a una delle due parti. I governi dei due Paesi lo hanno descritto come evoluzione naturale di rapporti già consolidati. Nella pratica, però, l’intesa introduce un nuovo elemento in un contesto regionale dove Washington punta a costruire una struttura di sicurezza coordinata che includa Israele.
Il Pakistan resta un attore complesso sul piano politico e strategico. Negli ultimi decenni ha adottato una postura militare autonoma, caratterizzata da un uso esteso di deterrenza nucleare, operazioni coperte e gestione diretta di dossier di sicurezza nella regione. Inoltre, mantiene legami economici e tecnologici rilevanti con la Cina. Per gli Stati Uniti e Israele, questa variabile solleva interrogativi sulla condivisione di tecnologie avanzate con un Paese che, pur indirettamente, potrebbe avere punti di contatto con Islamabad attraverso il patto saudita.
A ciò si aggiunge il quadro interno pakistano, in cui la questione israelo-palestinese occupa un ruolo centrale nel dibattito politico e nell’opinione pubblica. Secondo analisti regionali, un eventuale accordo saudita-israeliano potrebbe generare pressioni su Islamabad affinché chieda rassicurazioni al partner saudita o adotti posizioni più assertive nei forum internazionali. In questo scenario, l’esistenza del patto di difesa apre la possibilità che il suo richiamo possa essere utilizzato sul piano diplomatico o mediatico in momenti di tensione.
La clausola di assistenza reciproca solleva inoltre un punto tecnico discusso tra osservatori e funzionari occidentali: l’eventualità che un’azione ostile verso Israele proveniente da gruppi attivi in Pakistan o da reticolati non statali possa essere interpretata come causa di attivazione della clausola, coinvolgendo formalmente l’Arabia Saudita in una crisi alla quale potrebbe non avere interesse a partecipare. Analoga preoccupazione riguarda la possibilità che operazioni segrete o azioni militari mirate possano essere considerate da Islamabad come aggressioni esterne. Da parte saudita, funzionari vicini al dossier hanno segnalato la volontà di evitare automatismi che possano compromettere i negoziati con Washington.
Sulle relazioni saudita-statunitensi, la gestione dell’intesa con il Pakistan rappresenta quindi un fattore da chiarire nei colloqui in corso. Washington ha indicato come priorità la creazione di un quadro di cooperazione militare prevedibile, in linea con i suoi interessi regionali e con le esigenze di tutela di Israele. Dirigenti israeliani, da parte loro, hanno riportato riserve soprattutto in relazione alle prospettive di trasferimenti tecnologici avanzati, tra cui sistemi di difesa aerea e centrali per la sorveglianza delle rotte commerciali del Mediterraneo.
Riyadh considera la normalizzazione con Israele parte di un pacchetto più ampio, che comprende garanzie di sicurezza da parte statunitense e un ruolo definito nel nuovo assetto economico regionale. Il governo saudita mantiene l’obiettivo di presentare il riconoscimento di Israele come passo inserito in un quadro di stabilizzazione complessiva del Medio Oriente, con benefici economici e infrastrutturali per più Paesi coinvolti. Tuttavia, la gestione del rapporto con il Pakistan richiede una definizione più precisa delle implicazioni operative del patto di difesa, alla luce del nuovo equilibrio a cui Stati Uniti e Arabia Saudita stanno lavorando.
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