2020-10-06
Con il conto del Vaticano per i rapiti la dama di Becciu comprava le Chanel
Giovanni Angelo Becciu (Michael Campanella/Getty Images)
Dopo lo scoop della Verità, Le Iene rivelano che Cecilia Marogna avrebbe speso mezzo milione in borse grazie a un bonifico dell'ex cardinale. La donna vantava rapporti anche con il presunto jihadista Giulio Lolli. L'inchiesta sui rapporti finanziari tra la misteriosa trentanovenne sarda Cecilia Marogna e il cardinal Giovanni Angelo Becciu, già prefetto della Congregazione delle cause dei santi e sostituto per gli affari generali della segreteria di Stato, assume sempre di più i contorni di un romanzo. Chi ha conosciuto la Marogna la descrive come una specie di Mata Hari del Poetto, la spiaggia di Cagliari. La trentanovenne sarda, esile e graziosa, nonostante l'aspetto delicato avrebbe in realtà una smodata passione per le storie pericolose e i personaggi borderline.Gian Mario Ferramonti, imprenditore e politico di lungo corso, è stato un grande amico del Venerabile maestro Licio Gelli e di Flavio Carboni, il più famoso faccendiere italiano: «La Marogna? Me l'ha presentata Carboni, era sua amica», ci conferma.Come detto, la donna era in rapporti con personaggi come il faccendiere Flavio Carboni, il quale con noi si vantò di aver combattuto al fianco di Giovanni Paolo II contro l'Unione sovietica: «Tutti mi conoscono come uno dei più grandi protagonisti della caduta del muro di Berlino e del comunismo. Esiste un'intelligence del mondo cristiano che si chiama Entità e che è la più forte mai esistita», disse. E la Marogna sembra essersi inserita proprio nel solco del suo pigmalione, proponendosi in Vaticano come esperta di relazioni internazionali, di diplomazia parallela e come mediatrice in aree di crisi come l'inferno libico. Becciu, secondo i suoi difensori, il denaro dato alla donna doveva servire per operazioni segrete per la liberazione di missionari rapiti in Asia a Africa. «Sono stato truffato da lei», avrebbe detto agli inquirenti. Ma gli investigatori del Papa indagano per peculato e ipotizzerebbero addirittura il reato di alto tradimento.La Marogna avrebbe iniziato a lavorare per i sacri palazzi intorno al 2016, quando Carboni & Co. ronzavano intorno a Banca Etruria e all'allora vicepresidente, Pier Luigi Boschi. Il faccendiere sardo, oggi imputato per riciclaggio e reati fiscali ad Arezzo, a quel tempo sfruttava i servigi di Valeriano Mureddu, altro soggetto appassionato di intelligence parallela e dossier.L'inchiesta toscana ha mostrato che a Carboni restavano contatti di altissimo livello nella Santa sede, al punto da citare «la segreteria di Stato», guidata all'epoca dal cardinale Pietro Parolin e dal suo vice, Becciu. Formata da tali maestri, la nostra Mata Hari avrebbe utilizzato canali come quelli messi a disposizione dal presunto bancarottiere-jihadista Giulio Lolli, il quale avrebbe avuto tra i suoi clienti proprio Carboni (ma l'acquisto di un'imbarcazione non si perfezionò).Una nostra fonte, che ha frequentato la Marogna nel 2016, ricorda: «Mi diceva che in Africa il suo referente era Lolli». Quella di Lolli è una storia incredibile. Coinvolto nel crac della «Rimini Yacht», una società di barche di lusso, Lolli era fuggito dall'Italia nel 2010 e, secondo l'ipotesi accusatoria, si sarebbe reinventato jihadista, entrando a far parte del cartello islamista denominato Majlis Shura Thuwar Benghazi, formazione controllata dall'organizzazione terrorista Ansar Al Sharia (affiliata ad Al Qaeda, sino al suo definitivo scioglimento avvenuto a novembre 2017), molto attiva nella città di Bengasi e con base operativa nel porto di Misurata. Nell'ambito della stessa organizzazione l'imprenditore avrebbe operato sino all'ottobre del 2017 quale «Comandante delle forze rivoluzionarie della marina», mettendo a disposizione barche italiane per l'approvvigionamento di armi. Tre anni fa è finito in una prigione di Tripoli, dove era stato condannato all'ergastolo, e l'anno scorso è stato estradato in Italia, dove alle accuse di associazione per delinquere, bancarotta, truffa, falso si sono assommate quelle di terrorismo. Tanto che è attualmente rinchiuso nel carcere di Rossano, specializzato proprio nella detenzione degli estremisti islamici.L'avvocato Antonio Petroncini, legale di Lolli, oltre a precisare che il suo assistito «si è battuto contro l'Isis» e che «ha fatto dichiarazioni pubbliche in tal senso», ci informa che il nome della Marogna «non compare negli atti dell'inchiesta».Ieri, dopo lo scoop della Verità che svelava l'indagine su Becciu e sulla Marogna, il programma Le Iene ha annunciato che oggi la trasmissione di Italia 1 manderà in onda un servizio con nuovi clamorosi dettagli di questa avvincente vicenda.Nel lancio della puntata si legge che l'inviato Gaetano Pecoraro è entrato in possesso di un documento esclusivo proveniente da una fonte anonima da cui risulta che dalla segreteria di Stato vaticana sarebbe partito mezzo milione di euro destinato a una società estera «intestata alla Marogna». Soldi che sarebbero stati spesi «per l'acquisto di borse di grandi marchi come Prada e Chanel e altri beni di lusso che nulla hanno a che fare con le missioni caritatevoli della Chiesa».La versione di Becciu è stata, invece, affidata a un quotidiano che da tempo riporta il punto di vista del cardinale. Il giornale ci tiene a puntualizzare che la Marogna «non è certo la nipote del cardinale», come, del resto, ci aveva già confermato lo stesso porporato, senza sapere che la stessa veniva presentata così anche ai più alti livelli istituzionali.Se Le Iene parlano di 500.000 euro, le fonti legate a Becciu riferiscono che l'ex prefetto avrebbe chiesto di girare 600.000 euro sui conti della società slovena Logsic D.o.o. di Lubiana, di cui la Marogna, digitando su Internet, risulta «managing director». Dalla Rete apprendiamo anche che la ditta ha tre dipendenti e che opera nel settore dell'«assistenza sociale». L'economo Alberto Perlasca, ex stretto collaboratore di Becciu, interrogato dagli inquirenti vaticani e da quelli italiani, avrebbe riferito i particolari dei cospicui versamenti alla ditta collegata alla trentanovenne sarda. Il cardinale sotto inchiesta avrebbe anche vergato una lettera di referenze per la donna, da cui la Marogna risultava lavorare per il Vaticano come esperta diplomatica. Ma l'imprenditrice, come riportato dalle Iene, anziché usare quel denaro per la liberazione degli ostaggi avrebbe stornato un bel gruzzolo per acquistare beni di lusso. Sul conto della società sarebbero rimasti solo 200.000 euro dei fondi provenienti dalla segreteria di Stato vaticana. Gli altri sarebbero stati già spesi. «Falso: solo viaggi diplomatici, pagamenti di fonti di informazione, mediazioni e bonifici a fondazioni umanitarie», avrebbe replicato lei. Ma torniamo a Becciu. Per i suoi difensori «è un fatto» che il cardinale abbia creduto «alla buona fede della signora» che avrebbe fatto «mostra nel tempo di conoscere pezzi grossi dei servizi italiani e stranieri» e che avrebbe assicurato che i soldi alla Logsic dovevano «servire alle spese operative per contattare gli intermediatori che hanno notizie su alcuni soggetti rapiti». Il classico lavoro delle barbe finte che pagano i mediatori locali con fondi riservati che non lasciano traccia.Infine, con i suoi supporter, Becciu ha sostenuto «di aver girato questi soldi in totale buona fede e solo per aiutare a salvare vite umane».Gli investigatori hanno puntato l'attenzione anche sul compagno della donna, F.B.S., manager sardo trapiantato a Milano. L'uomo risulta intestatario di diverse proprietà immobiliari ad Alghero ed è consigliere e amministratore unico di società riconducibili a una nota fiduciaria, di cui si sono già occupate le cronache. Ma al momento non ci sono elementi per collegare queste vicende e le spericolate missioni della Marogna.
Nel riquadro la prima pagina della bozza notarile, datata 14 novembre 2000, dell’atto con cui Gianni Agnelli (nella foto insieme al figlio Edoardo in una foto d'archivio Ansa) cedeva in nuda proprietà il 25% della cassaforte del gruppo
Papa Leone XIV (Ansa)
«Ciò richiede impegno nel promuovere scelte a vari livelli in favore della famiglia, sostenendone gli sforzi, promuovendone i valori, tutelandone i bisogni e i diritti», ha detto Papa Leone nel suo discorso al Quirinale davanti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Padre, madre, figlio, figlia, nonno, nonna sono, nella tradizione italiana, parole che esprimono e suscitano sentimenti di amore, rispetto e dedizione, a volte eroica, al bene della comunità domestica e dunque a quello di tutta la società. In particolare, vorrei sottolineare l'importanza di garantire a tutte le famiglie - è l'appello del Papa - il sostegno indispensabile di un lavoro dignitoso, in condizioni eque e con attenzione alle esigenze legate alla maternità e alla paternità».
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