2018-10-12
Con i suoi amici Albinati non tifa più naufragio
Lo scrittore Edoardo Albinati, che si augurava la morte di un bambino in mare per vedere Matteo Salvini in difficoltà, ora parteggia per i salvataggi. Anche lui, infatti, si è arruolato al servizio della missione di Mediterranea, l'imbarcazione dei Vip. Che fino qui ha fatto flop.Questa volta, Edoardo Albinati non si augura che qualcuno muoia in mare. Anzi, tifa affinché vada tutto bene. E il motivo è semplice: a gestire le operazioni sono gli amici suoi: attivisti, politici di sinistra e associazioni varie. Se qualcosa andasse storto, la responsabilità ricadrebbe su costoro, e non su Matteo Salvini e il governo. Dunque, lo scrittore incrocia le dita. Di più: sponsorizza la missione Mediterranea, una bella pantomima organizzata da Sinistra italiana in collaborazione con Arci, Ya Basta, la rivista online I Diavoli e l'Ong tedesca Sea Watch. Albinati ha diffuso su Twitter un video di pochi secondi, una sorta di messaggio alla cittadinanza, in cui spiega: «Mediterranea aiuta a salvare vite umane. Io ho dato un contributo a Mediterranea e vi invito a fare lo stesso». Che bella idea, vero? Grondante di impegno civile. E poi che dichiarazione: stringata, sobria, elegante. Le sue parole di oggi sono molto, molto diverse da quelle che pronunciò lo scorso giugno. Erano i giorni in cui l'intero universo progressista si scagliava a testa bassa contro Salvini, reo di non far approdare in Italia la nave Aquarius. Albinati si sentì in dovere di dire la sua: «Io stesso, devo dire, con realpolitik, di cui mi sono anche vergognato, ieri ho pensato, ho desiderato che morisse qualcuno sulla nave Aquarius», dichiarò alla platea di una libreria Feltrinelli di Milano. «Ho detto: adesso, se muore un bambino, io voglio vedere che cosa succede con il nostro governo». Per quelle frasi, Albinati non si è mai scusato. Anzi, sostanzialmente ha rincarato la dose. Parlando con La Lettura, il supplemento culturale del Corriere della Sera, ha spiegato: «La mia era senz'altro un'uscita brutale ma nient'affatto iperbolica, anzi, lineare, era un ragionamento di Realpolitik: chi rischia tutto sulla pelle dei naufraghi per ragioni elettorali, pensavo, perderà così la sua scommessa». Poi ha aggiunto: «Mi sono dimostrato ingenuo perché, in realtà, della sofferenza e della morte altrui a costoro non importa un bel nulla». Insomma, Albinati ha scaricato il bidone sul governo, sui populisti responsabili di aver diffuso odio. Se lui si è augurato la morte di un bimbo sull'Aquarius, beh, non poteva che essere colpa di Salvini. Tale concetto lo ha ribadito in un libriccino intitolato Cronistoria di un pensiero infame (Baldini e Castoldi), che ovviamente ha ottenuto ottima pubblicità sui media italiani. Poteva bastare come esibizione di faccia tosta. E invece no. Adesso il democratico scrittore torna alla carica, apre bocca per invitare gli italiani a donare soldi a una nave che se ne va in giro per il Mediterraneo in cerca di migranti da caricare e portare in Italia. Per altro, nel suo videomessaggio, Albinati afferma una cosa non vera, e cioè che «Mediterranea» aiuta a salvare vite umane. In realtà, l'intera missione si è rivelata un fallimento, anche abbastanza grottesco. Come ha ben ricostruito Francesca Totolo, le varie associazioni hanno messo in mare un vetusto rimorchiatore chiamato Mare Ionio, trasformato per l'occasione in nave di salvataggio. Partito lo scorso 4 ottobre, è stato raggiunto da altre imbarcazioni: la Astral della Ong spagnola Proactiva Open Arms, la Burlesque e la Jana, quest'ultima carica di giornalisti. Il costo di tutta l'operazione non è stato esiguo: 700.000 euro ottenuti in prestito da Banca Etica. Per il prestito hanno garantito Erasmo Palazzotto, Nicola Fratoianni, Rossella Muroni e Nichi Vendola. Al fine di ripagarlo, gli attivisti hanno iniziato una raccolta fondi sul Web, e vari intellettuali - tra cui Albinati - sono intervenuti in qualità di donatori e testimonial. Il bilancio della missione, tuttavia, non è affatto positivo. A ieri, erano stati raccolti poco più di 100.000 euro donati da circa 1.300 persone. Soprattutto, però, le varie navi in questi giorni non hanno salvato nemmeno un migrante. Ci hanno provato, è vero. Si sono spinti fino alle acque libiche nel tentativo di anticipare la locale guardia costiera. Hanno perfino incrociato un barchino carico di clandestini diretto a Lampedusa, ma lo hanno lasciato andare (chiaro: mica vorrete ostacolare i trafficanti). E mentre i libici salvavano decine e decine di migranti, attivisti e cronisti a bordo delle navi Ong si mangiavano il fegato. Basta leggere le cronache dei presenti a bordo per rendersene conto. A un certo punto, martedì, il giornalista Valerio Nicolosi ha chiesto disperato a Riccardo Gatti della Open Arms: «Possibile che oggi non abbiamo incontrato nessuna barca in tutto il giorno?». Nel suo diario di bordo, poi, ha scritto sconsolato: «Un giorno interno di pattugliamento più della metà del quale passato sul tetto del ponte per avere qualche metro di visibilità in più. All'orizzonte solo uccelli, pesci e migliaia di meduse che negli ultimi mesi hanno invaso il Mediterraneo infestandolo. È chiaro che la frustrazione è grande e che anche con gli altri membri dell'equipaggio cerchiamo di capire cosa stia succedendo ma è chiaro che dalla Libia tutto sembra fermo». Già, non ci sono clandestini da imbarcare, la frustrazione è grande sotto il cielo. In realtà, è un bene che la Mare Ionio non abbia caricato nessuno. Persino il ricercatore Matteo Villa dell'Ispi (non certo un pericoloso leghista), spiegava nei giorni scorsi che «affidare a gruppi antagonisti le operazioni di salvataggio, senza una preparazione e una visione di lungo periodo rischia di essere controproducente». In sostanza, se il vecchio rimorchiatore acquistato da sinistra italiana prendesse a bordo delle persone, non è affatto detto che queste si troverebbero al sicuro, anzi. Potrebbero davvero rischiare la vita. Cosa che, ovviamente, Edoardo Albinati non si augura affatto. I morti, per lui, ci devono scappare solo se ci va di mezzo il governo.
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