2022-05-18
Con i dem al potere tornano i venti di guerra
Dopo la vittoria della sinistra americana a fine 2020, la Casa Bianca ha ricominciato ad alzare la tensione con Mosca. Finendo. il lavoro iniziato da Obama. A bruciare non è solo il flop afgano, il vero incubo statunitense è la saldatura tra Europa e Russia.Fu così che con le discusse elezioni di novembre 2020 torna sorprendentemente in sella [...] un’amministrazione dem che non è stata estranea all’incendio appiccato in Nordafrica e nel Medio Oriente con le Primavere arabe e all’instabilità che ne è seguita, in larga misura ai danni del nostro Paese, con riferimento alla Libia. Un’amministrazione che si era congedata nella precedente tornata obamiana con sanzioni alla Russia [...] e con provvedimenti di pressione militare sulla Russia, tra cui i sistemi antimissile Aegis Ashore, installati nei Paesi baltici e in Romania, e lo schieramento di forze di dissuasione Nato, sempre nel territorio degli stessi spaventatissimi Paesi baltici. Questi provvedimenti sono stati decisi sulla base del presupposto che la Russia abbia velleità di ritorno militare nel Nord Europa, da cui è stata cacciata 30 anni fa. In effetti, a Mosca e all’inquilino del Cremlino non può certo far piacere che le tre piccole repubbliche, un tempo incluse nell’Unione sovietica stessa, siano transitate in un’Alleanza che si dimostra sempre più aggressiva. [...]Ma è soprattutto con la pressione da parte delle opinioni pubbliche occidentali contro la Russia di Putin sul caso Navalnj, e contro il suo unico alleato in Europa, la Bielorussia, che si inaspriscono le tensioni. [...] L’acme di questa escalation si raggiunge con la reazione del presidente, Aleksandr Lukašenko, che decide di permettere al flusso di immigrati dal Medio Oriente e dall’Asia, che preme ai suoi confini, di attraversarli per cercare conseguentemente di congiungersi al «mondo libero» in Polonia, Lituania e Lettonia. Ma in questo caso, il modello comportamentale dell’Ue, che senza complimenti imponeva all’Italia un’accoglienza senza troppi distinguo dalla Libia e dalla Tunisia, si inverte, scaricando sul Paese di provenienza, quindi la Bielorussia, la necessità di tenersi gli immigrati che entrano nel Paese. Ma guarda! Addirittura, la commissaria per gli Affari interni dell’Ue, Ylva Johansson, definisce «attacco ibrido» nei confronti dei Paesi del centro Europa - con una scelta di linguaggio «bellico» che a posteriori dovrebbe far riflettere - quello che quando si sviluppa contro l’Italia dal Nordafrica è invece solo una spontanea migrazione popolare «in fuga dalla guerra» che sarebbe inumano fermare. Naturalmente tenendo ben chiusi i passi delle Alpi. Insomma, il ritorno dei dem alla Casa Bianca è seguito anche in Europa da un’effervescenza politico militare che rende non retorica la domanda sulla loro eventuale volontà di riprendere la storia da dove era stata interrotta, cioè con la guerra in Siria e col supporto di armi e di «consiglieri militari» in Ucraina, per contrastare la Russia in Crimea e l’indipendentismo filorusso nel Donbass. Per quanto attiene all’Ucraina, i motivi che facevano prevedere una recrudescenza della crisi, congelata e confinata nelle repubbliche indipendentiste del Donbass da poco più di un lustro, erano molti. Che Mosca non accettasse l’allargamento della Nato al «cortile di casa» l’aveva già dimostrato fin dal 2014 con la riacquisizione della Crimea appunto, sede della sua flotta del Mar Nero indispensabile per operare nel Mediterraneo; e già si poteva immaginare che ci sarebbero state conseguenze dopo la fine dell’operazione in Afghanistan. Insomma, c’era da aspettarsi una specie di fallo di reazione da parte della nuova amministrazione statunitense scottata dall’immagine di debolezza emersa dal caos di Kabul e in cerca di riscatto. Per chi si vuol proporre come sacerdote della globalizzazione, sarebbe infatti inaccettabile un danno alla propria immagine di potenza che tutto vede e prevede, che tutto controlla, che tutto corregge grazie a mezzi tecnologici onnipotenti. Inoltre, se Putin ha dei problemi con l’opinione pubblica occidentale, Joe Biden ha bisogno come il pane di ribaltare l’immagine di debolezza che gli viene ormai attribuita dalla sua stessa opinione pubblica [...]. A queste ragioni, che potremmo definire «psicologiche», si aggiunge il più prosaico tema dei rifornimenti energetici all’Europa, fortemente legata all’imponente flusso di gas che le arriva dalla Russia, mentre gli americani scalpitano per imporci il loro gas di scisto, ottenuto con la tecnica tutt’altro che environment friendly del fracking. [...] Tuttavia, sussiste una ragione «esistenziale» per la quale gli Usa percepiscono la Russia come il suo più temibile competitor [...]. Questa ragione «esistenziale» è rappresentata dalla natura «europea» e al tempo stesso «asiatica» della Russia. Una natura che viene occultata sotto una retorica martellante ma insufficiente a negare che l’Europa, da un punto di vista geografico, altro non è che un’estensione verso Ovest di un enorme continente asiatico, del quale la Russia è l’anticamera al di qua, e padrona al tempo stesso al di là, degli Urali. La prospettiva di una saldatura di questa immensa distesa di terra, nella quale possono convivere le risorse culturali e scientifiche europee e le immense risorse materiali della Siberia fino alla costa del Pacifico, altro non fa che sollecitare i sospetti di chi da sempre teme blocchi continentali, percepiti naturalmente come ostili.