2021-04-03
Completate le consegne delle fiale. Stato e Regioni non hanno più scuse
(Finnbarr Webster/Getty Images)
Ultimate le forniture del primo trimestre con 1,3 milioni di dosi di siero anglosvedese. J&J arriverà il 19 aprile In aumento gli hub, Mariastella Gelmini incalza: «Da ora si corre». Ma la Puglia è un caso: 100.000 vaccini restano in frigo.Con l'arrivo di 1,3 milioni di dosi di Astrazeneca e la distribuzione iniziata ieri pomeriggio sul territorio nazionale attraverso Poste italiane e la Difesa, si è completato il piano di consegne programmato per il primo trimestre di quest'anno. In settimana erano arrivate più di 500.000 dosi di Moderna e oltre un milione di Pfizer. Quindi i vaccini ci sono, in tutto siamo a 2,8 milioni di dosi in distribuzione. Più altri 2 milioni ancora nei frigoriferi. «Stiamo continuando nel nostro giro di verifica perché la macchina sia pronta, quando a brevissimo avremo un'alta disponibilità di vaccini», aveva annunciato il commissario straordinario per l'emergenza, Francesco Paolo Figliuolo. Promessa mantenuta, adesso bisogna somministrarli. L'obiettivo del governo è vaccinare 500.000 persone al giorno, da fine aprile perché sarà difficile raggiungere questo target già a metà mese, ma senza più la scusa di fiale che mancano sono le Regioni a dover adottare la strategia migliore per coprire i fabbisogni dei cittadini attraverso hub, punti vaccinali e postazioni mobili per raggiungere le zone più isolate. È anche cresciuto il numero di punti vaccinali, oggi sono 2.066, con un incremento del 30% dall'inizio della campagna vaccinale, segnala una nota diramata dal generale Figliuolo. «Il nuovo piano vaccinale funziona e le Regioni, seguendo le indicazioni del governo, hanno iniziato a correre», ha scritto su Twitter il ministro per gli Affari regionali, Mariastella Gelmini. In realtà l'accelerata non è stata data da tutti i governatori. Il Corriere del Mezzogiorno, per esempio, segnala che in Puglia vengono effettuate 15.000 iniezioni ogni 100.000 abitanti. «Il tacco del Belpaese è quart'ultimo in Italia», si legge, con appena 200.000 abitanti che hanno ricevuto le due dosi, «percentuale ridicola rispetto ai 3,7 milioni candidati all'antidoto». Il presidente Michele Emiliano potrebbe dire che nella sua Regione, dove preoccupa il boom di contagi, mancano dosi, ma non sarebbe vero. «Finora lo Stato ne ha consegnate 700.000, ma ce ne sono oltre 100.000 ancora stipate nei frigoriferi», denuncia l'edizione locale. «Ne abbiamo 80.000», di Astrazeneca nei magazzini, ha ammesso ai microfoni di Agorà, trasmissione su Rai 3, Michele Conversano responsabile della campagna di vaccinazione della Regione Puglia, dove le vaccinazioni delle persone disabili e fragili non cominceranno prima del 12 aprile. Con il completamento delle consegne dei vaccini programmati, forse si metterà tranquillo il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che ieri annunciava di voler «immunizzare i cittadini campani per fine estate». Nella consueta diretta Facebook del venerdì ha dichiarato «Dobbiamo essere in grado di fare 70.000 vaccini al giorno, ora che abbiamo la disponibilità dei medici», circa 13.000 tra odontoiatri, farmacisti e neolaureati. L'unico scoglio, a detta del governatore, sarebbero le dosi che non arrivano, ma adesso non potrà più dire che mancano le forniture. Potrà pure pensare di vaccinare gli extracomunitari irregolari, esigenza che sente molto forte e che ieri ha ribadito: «Vanno assistiti e vaccinati». Giusto, ma forse De Luca prima dovrebbe pensare agli over 80, di cui solo il 57,8% ha ricevuto la seconda dose e non perdere tempo a immunizzare fragili e disabili di cui solo il 39,1% ha potuto ricevere il farmaco, secondo l'ultimo bollettino regionale di ieri. Delle dosi di Astrazeneca arrivate ieri, 200.000 sono state consegnate subito in Lazio, così l'assessore regionale alla Sanità, Alessio D'Amato non dovrà più temere lo stop delle vaccinazioni. Programmandole, però, per non dover ascoltare ancora proteste legate a una pianificazione confusa, come quella registrata dal Messaggero: «Ci danno una fiala a settimana, 6 dosi», si è lamentato giustamente Pier Luigi Bartoletti, segretario romano della Fimmg, la Federazione dei medici di medicina generale. «Siamo costretti a fare 10-15.000 vaccinazioni a settimana, quando ne potremmo fare 50.000 al giorno». Ieri, alla notizia delle 200.000 dosi distribuite alla Regione amministrata da Zingaretti, un lettore del Gazzettino così commentava: «Mi riesce difficile capire perché il Lazio debba ricevere il 15% della quota di vaccini appena consegnata quando la loro popolazione rappresenta il 9,6% del totale. So che il criterio non è la ripartizione pro quota (come avviene tra gli Stati Ue) ma tra Regioni si addotta il criterio della popolazione a rischio. Onde evitare differenze si dovrebbe utilizzare comunque il criterio pro quota così da non scontentare nessun amministratore». Dal 19 aprile arriverà l'atteso nuovo vaccino mono-dose Johnson & Johnson, 400.000 dosi che dovrebbero essere somministrate in farmacia. Prima di maggio sarà difficile correre nelle vaccinazioni, ma davvero la programmazione è fondamentale per le Regioni. Basti pensare che cosa è successo in Toscana, con over 80 ancora da vaccinare mentre già immunizzati sono avvocati e magistrati, e non certo per problemi di dosi. E va affrontato il problema di criteri uniformi per accedere alle cosiddette liste di riserva, per la somministrazione delle dosi avanzate a fine giornata, come ha dichiarato Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. Non tutte le Regioni le hanno redatte, serve trasparenza e occorre informare i cittadini «per fare in modo che nessuna dose vada sprecata e che si proceda regolarmente con la campagna vaccinale e, allo stesso tempo, si completino le categorie prioritarie nel minor tempo possibile».
La maxi operazione nella favela di Rio de Janeiro. Nel riquadro, Gaetano Trivelli (Ansa)
Nicolas Maduro e Hugo Chavez nel 2012. Maduro è stato ministro degli Esteri dal 2006 al 2013 (Ansa)
Un disegno che ricostruisce i 16 mulini in serie del sito industriale di Barbegal, nel Sud della Francia (Getty Images)
Situato a circa 8 km a nord di Arelate (odierna Arles), il sito archeologico di Barbegal ha riportato alla luce una fabbrica per la macinazione del grano che, secondo gli studiosi, era in grado di servire una popolazione di circa 25.000 persone. Ma la vera meraviglia è la tecnica applicata allo stabilimento, dove le macine erano mosse da 16 mulini ad acqua in serie. Il sito di Barbegal, costruito si ritiene attorno al 2° secolo dC, si trova ai piedi di una collina rocciosa piuttosto ripida, con un gradiente del 30% circa. Le grandi ruote erano disposte all’esterno degli edifici di fabbrica centrali, 8 per lato. Erano alimentate da due acquedotti che convergevano in un canale la cui portata era regolata da chiuse che permettevano di controllare il flusso idraulico.
Gli studi sui resti degli edifici, i cui muri perimetrali sono oggi ben visibili, hanno stabilito che l’impianto ha funzionato per almeno un secolo. La datazione è stata resa possibile dall’analisi dei resti delle ruote e dei canali di legno che portavano l’acqua alle pale. Anche questi ultimi erano stati perfettamente studiati, con la possibilità di regolarne l’inclinazione per ottimizzare la forza idraulica sulle ruote. La fabbrica era lunga 61 metri e larga 20, con una scala di passaggio tra un mulino e l’altro che la attraversava nel mezzo. Secondo le ipotesi a cui gli archeologi sono giunti studiando i resti dei mulini, il complesso di Barbegal avrebbe funzionato ciclicamente, con un’interruzione tra la fine dell’estate e l’autunno. Il fatto che questo periodo coincidesse con le partenze delle navi mercantili, ha fatto ritenere possibile che la produzione dei 16 mulini fosse dedicata alle derrate alimentari per i naviganti, che in quel periodo rifornivano le navi con scorte di pane a lunga conservazione per affrontare i lunghi mesi della navigazione commerciale.
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Viktor Orbán durante la visita a Roma dove ha incontrato Giorgia Meloni (Ansa)