2019-12-17
Come puzzano di vecchio le «giovani» sardine
Il pesce puzza dalla testa e i capi delle sardine puzzano di luogocomunismo lontano un miglio. I leader del movimento che vediamo in tv o sui giornali, intervistati come se fossero maître à penser, sono sicuramente nuovi, ma le idee di cui parlano sono vecchie: anzi, vecchissime.Basti dire che nei loro raduni, gratta gratta, dietro ai volti sconosciuti, poi si trovano quelli dei soliti noti. Ovvero quelli dei militanti della Fiom, la potente organizzazione dei metalmeccanici della Cgil, braccio armato - nel senso di organizzativo - di qualsiasi corteo. E poi c'è l'Arcigay, che ormai è un prezzemolino e si infila ovunque, anche nelle istituzioni che si occupano di difesa della famiglia. Quindi arrivano i partigiani dell'Anpi e, sebbene quelli veri siano estinti da un pezzo, perché dalla guerra di liberazione sono trascorsi oltre 70 anni, sono sempre pronti a cantare Bella ciao, perché un nemico fascista da mettere nel mirino lo si trova sempre e anche a buon mercato. Non possono mancare gli ambientalisti, «gretini» convinti a cambiare il mondo per tornare alla società preindustriale, dove la gente si muove a piedi o al massimo in bicicletta pur di non inquinare. Sì, le sardine sono il solito banco di pesci che sguazza a sinistra. Ovviamente pesci rossi, che si danno appuntamento, manco a dirlo, nel palazzo occupato dal centro sociale, dove l'elemosiniere del Papa ha riattaccato la corrente, dimenticandosi però di pagare la bolletta. Sì le sardine vanno a braccetto con i granchi della sinistra e del buonismo cattocomunista, quelli che spuntano ogni volta che l'Italia svolta verso destra. Compagni che lasciano sempre un conto da pagare alla società come risarcimento danni per la mancata rivoluzione e, quando serve, trovano qualcuno da mandare in piazza. Le piazze infatti rappresentano la loro rivincita. Gli italiani votano Silvio Berlusconi e lo gratificano di un plebiscito? E noi andiamo a San Giovanni e cantiamo Bella ciao, per dire che il Paese non si arrende.Quanti ne abbiamo visti di cortei rumorosi negli ultimi venti o trent'anni? Se per caso i moderati si azzardano a organizzare una manifestazione nella Capitale, rispunta l'ombra della marcia su Roma e il corteo è descritto come un branco di masnadieri, rozzi e ignoranti che occupano la città eterna, bivaccando come le squadracce degli anni Venti. Se invece la sfilata è della sinistra, improvvisamente diventa un'espressione di libertà, anzi, di riscossa della società civile di fronte a quella incivile rappresentata dal centrodestra. I numeri si moltiplicano. Siamo diecimila. No, cinquantamila. Anzi, centomila. Ma i numeri sono anche già pronti. Prima ancora che il raduno spontaneo, nato dal basso senza che nessuno lo abbia tenuto a battesimo, sia ancora avvenuto, si fissano già gli obiettivi. A Roma saremo centomila.L'adunata naturalmente è un fenomeno naturale, anche se a indirla è una sardina che nuota da sempre nello stagno prodiano e collabora con la rivista di un prodiano doc. I giornali e le tv ci credono e plaudono al nuovo movimento sociale. È una rivoluzione gentile quella in atto. I giovani non usano parole d'odio, al contrario dei politici. Solo parole dolci, tanto zuccherose che nessuno è ancora riuscito a capire che cosa davvero vogliano fare i pesci rossi. Sì, va beh, vogliono eliminare il decreto sicurezza, perché sono stati rapiti dalle parole di una ragazza musulmana, che incarna l'idea di un multiculturalismo da società evoluta. Sì, porte aperte all'immigrazione e all'integrazione, anche se l'immigrato è vicino a un movimento che non vuole l'integrazione, ma solo l'islamizzazione. E poi? Poi vogliamo arrivare al 25 per cento dei voti. Anzi no, non ci basta, vogliamo andare oltre. Sì, ma dove? E soprattutto come? Le risposte per ora mancano. Fate un partito? Forse. Ma forse anche no. Appoggerete i candidati della sinistra alle prossime elezioni regionali? Ovvio, ma chiederemo attenzione alle nostre proposte. Le risposte sono un mix di banalità e di presunzione, ma ai giornalisti che propongono le domande piace tanto ascoltarle. Così come nel passato ascoltarono il popolo delle lenzuola, quello delle bandiere della pace, quell'altro che si era scelto il colore viola, i girotondi e i giovanotti che si mettevano il post it sulla bocca per protestare contro ogni bavaglio. Sì, ai cronisti piace molto sposare le cause perse. Ogni volta si illudono che sia la volta buona per fare la rivoluzione e a ogni piazza che si riempie vanno in deliquio, convinti di aver trovato il nuovo Che Guevara che mobilità le masse. Così, sui giornali, il giorno dopo danno i numeri: centomila sardine si sono riprese piazza San Giovanni. Evviva, ci siamo, ora braccheranno Salvini. Ovviamente dimenticano che nel 2002, dopo la vittoria di Berlusconi, Sergio Cofferati portò al Circo Massimo 3 milioni di persone o per lo meno così scrissero. Il capo della Cgil era il leader che si opponeva alla deriva a destra. Lo pomparono per mesi: finì a fare il sindaco di Bologna, da cui scappò disperato dopo un po' per candidarsi all'Europarlamento. Oggi fa il papà di un figlio avuto in tarda età e di politica preferisce non occuparsi.
Tedros Ghebreyesus (Ansa)
Giancarlo Tancredi (Ansa)