2022-02-03
Come avere le culle piene senza soffocare
Per l’aritmetica tra un secolo saremo 32 miliardi, oltre il limite di tolleranza indicato da Gandolfini. Controllare la popolazione, evitando gli aborti, è però possibile: basterebbe portare i Paesi arretrati a livello dell’Occidente, dove si fanno due figli a famiglia.Marcello Veneziani, Massimo Gandolfini ed Ettore Gotti Tedeschi hanno sollevato su queste pagine un interessante dibattito sulla questione della sovrappopolazione del pianeta. Chi dice che è un problema e chi dice che non lo è. Per mia manifesta incapacità mi astengo dall’entrare nella palude delle sottilissime argomentazioni filosofiche e morali e, visto che si tratta di numeri - il numero delle persone sul pianeta - mi attengo all’aritmetica, che trascende ogni morale e ogni nostro desiderio, ancorché legittimo. Orbene, l’aritmetica ci dice che quello della sovrappopolazione non è un problema ma è il problema. Anni fa ebbi modo di dibatterlo col politologo Giovanni Sartori, che però non coglieva il nocciolo della questione. «Bisogna fermare la crescita demografica», scriveva Sartori sul Corsera, ma non diceva come. E, inoltre, v’era una componente ideologica che gli faceva dire cose senza senso, tipo: «La colpa è della religione cattolica, l’unica che scoraggia l’uso dei contraccettivi». Non sovveniva, al politologo, che, primo, si può benissimo, senza restare illibati, non usare contraccettivi e non fare figli; e, secondo, la religione cattolica nel problema in parola non può avere alcun ruolo degno di menzione perché, intanto, la maggiore crescita demografica si ha in aree non cattoliche, e poi perché i cattolici sono appena il 15% della popolazione, sia nel mondo che in Africa (il continente che tanto lo preoccupava). Sartori trascurava l’aritmetica.Come d’altra parte la trascurava il Rapporto Brundtland (il rapporto del 1987 della Commissione Onu su Ambiente e Sviluppo) che, da un lato, invocava la «crescita economica sostenibile», dall’altro, pur specificando che essa «può essere perseguita solo se la crescita e le dimensioni della popolazione mondiale rimangono in armonia con l’ecosistema», non solo non chiariva cosa intendesse con «in armonia», ma addirittura specificava che «il problema non è semplicemente il numero delle persone, ma come esso si compara con le risorse disponibili». E aggiungeva: «Sono necessarie azioni urgenti per evitare aumenti di popolazione con ritmi estremi». Ed è proprio questo «ritmi estremi» unitamente all’idea che «il problema non è il numero delle persone» ma, piuttosto, la distribuzione delle risorse a farci concludere che anche la signora Brundtland ometteva di fare l’aritmetica. O forse la Commissione - come non poche commissioni dell’Onu - non intendeva sbilanciarsi con affermazioni che non fossero politicamente corrette, neanche se aderenti ai fatti. E i fatti sono che 1) nessuna crescita, a qualunque ritmo (estremo o non estremo) può essere sostenibile, 2) se le risorse sono finite, non esiste una loro speciale distribuzione che garantisce la sostenibilità e 3) il problema è il numero delle persone, perché la terra è tonda e finita e non piatta e infinita. Come «politicamente corrette» sarebbero poi state le affermazioni, a Rio, nel 1992, in quello che fu il primo Summit mondiale sull’ambiente ove si affermò la «immediata necessità di sviluppare strategie atte a controllare la crescita della popolazione mondiale». Ma «controllare la crescita» non è (e non fu) un richiamo a interrompere quella crescita, cosicché anche al summit di Rio non facevano l’aritmetica. Tanto più che si invocò, in quel consesso, la necessità di «mettere a punto programmi di informazione e di istruzione al pubblico per convivere con l’incremento inevitabile della popolazione mondiale», con ciò automaticamente dichiarando che nulla può essere fatto per evitare quell’incremento. Ci sarebbe da chiedersi: se nulla può essere fatto, a cosa servirebbero l’informazione e l’istruzione? Naturalmente, non manca, infine, chi semplicemente nega l’intero problema e la sua esistenza e rilancia con accattivanti affermazioni del tipo: «Le persone sono una risorsa e non un problema». A noi non interessa essere politicamente corretti, né fare affermazioni accattivanti; non ci interessa piacere né a questo né a quello e neanche a noi stessi. Chiediamoci allora: è possibile evitare di ridurre il ritmo di crescita della popolazione? Il segreto della risposta - che è no, non può evitarsi di ridurre quella crescita - risiede in una semplice formula, che chiameremo formula del Settanta: T2=70/k. Essa ci dice come calcolare il tempo, T2, affinché raddoppi il proprio valore una quantità che cresce al ritmo continuo del k% per unità di tempo. Orbene, siccome siamo 8 miliardi e siccome attualmente la popolazione cresce al ritmo annuale di k=1.1%, la nostra formuletta ci dice che fra 70/1.1 = 64 anni saremo 16 miliardi e dopo altri 64 anni, cioè nel 2150, saremo 32 miliardi, superando così il limite di sopportabilità calcolato da Gandolfini. Qualcuno fantastica di colonizzare altri pianeti (per esempio Elon Musk, l’uomo più ricco del mondo). Pura speculazione metafisica, ma anche ci fosse un pianeta accanto e uguale al nostro, la formula del Settanta ci informa che al ritmo di crescita dell’1.1% annuo, dopo 64 anni anche quel pianeta sarà popolato da 32 miliardi d’anime.Insomma - convengo con Marcello Veneziani - piaccia o no, è necessario arrestare la crescita della popolazione mondiale: ce lo dice l’aritmetica. E sarebbe possibile farlo senza aborti (che, rammentiamo, sono omicidi), e senza negare a nessuno la maternità o la paternità. È sufficiente che ogni donna abbia, in media, non più di due figli. Cosa che già avviene spontaneamente e senza costrizioni nei Paesi avanzati, ove ci si realizza non solo nella prole, ma anche nelle scienze, nelle arti, nella speculazione filosofica, nello sport... Senonché, i Paesi avanzati sono tali perché hanno disponibilità di energia abbondante e a buon mercato. Diamo questa a quelli in via di sviluppo, e tutto il resto - cultura, istruzione, pianificazione familiare - vien da sé. Se non lo pianifichiamo dolcemente noi, l’inevitabile arresto demografico avverrà da solo e avverrà amaramente. Ma non oso pensare come.
13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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Dario Franceschini (Imagoeconomica)