2023-04-16
C’è un colpo di Stato pure in Sudan. Sbrighiamoci con il piano Mattei
Il fumo provocato dalle esplosioni a Khartoum, capitale del Sudan (Ansa)
Il tentativo dei miliziani filo Mosca supportati dalla Wagner di rovesciare il governo di Khartoum ci dice che dobbiamo riportare subito la nostra presenza in quei territori. Ci sono in ballo affari e presidi militari.Tarda mattinata di ieri. Dopo un incontro con il presidente somalo Hassan Mohamud, Giorgia Meloni, nel suo secondo giorno di visita in Etiopia, si faceva fotografare per un importante incontro trilaterale. Oltre al politico somalo, al fianco del numero uno di Addis Abeba, Abiy Ahmed Ali. Tutti e tre per discutere di stabilità del Corno d’Africa e introdurre dopo decenni di silenzio e gravissima distrazione della politica italiana il concetto di collaborazione sviluppo e partenariato strategico. Esattamente ciò che il nostro premier chiama «Piano Mattei» e che intende annunciare il prossimo ottobre con una conferenza internazionale. Si tratta di riportare la nostra presenza in Africa. Libia, Tunisia, Niger, altri Paesi del Sahel e Corno d’Africa. Affari energetici, stanziamento di fondi per la cooperazione, ma anche presenza militare e il tentativo di inserire aziende italiane in progetti strategici per l’area. Un progetto tanto importante quanto urgente. E il segnale che non c’è tempo da perdere è suonato proprio ieri mattina, mentre la Meloni era ad Addis Abeba a incontrare i suoi omologhi. A Khartoum, a 1.400 chilometri di distanza, è scattato il colpo di Stato da parte dei paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) guidate dal generale Mohammed Daglo, alias Hemedti. Si tratta dell’attuale vice presidente della giunta militare guidata da Abdel Fattah al Burhan, un militare che nel 2013 ha imposto al Paese africano di convertire in truppe paramilitari circa 100.000 banditi soprannominati Janjaweed (demoni a cavallo) che nei dieci anni prima avevano combattuto nel Darfur, lasciando sul terreno migliaia di morti e torturati. Il cambio di divisa è servito ai miliziani per farsi inserire nel circuito del Servizio nazionale di intelligence e sicurezza e simulare attività di contrasto alle attività di contrabbando e traffico di esseri umani con la Libia. In realtà, negli ultimi anni Hemedti si è avvicinato al mondo russo ancor più che saudita. È stato segnalato a Mosca un anno fa poco prima che scoppiasse la guerra in Ucraina e negli ultimi mesi ha ottenuto, al di là delle ulteriori faide che rendono i miliziani di Rsf una bomba doppiamente instabile, notevole supporto da parte di Wagner, i mercenari del Cremlino guidati da Yevgeny Prigozhin. Se il golpe va in porto, i filorussi potranno rendere sistemica l’influenza del Paese e trasformare la città di Port Sudan in un proprio avamposto destinato a rifornire il gruppo Wagner già presente negli altri Paesi del Sahel. Dal Mali fino al Burkina Faso. È ancora però presto per capire gli sviluppi. Mentre il giornale va in stampa gli scontri infuriano nella capitale. L’esercito regolare avrebbe ripreso solo parzialmente il controllo dell’aeroporto di Khartoum, che ieri mattina era stato assaltato dai miliziani dell’Rsf. I quali avrebbero però avuto la meglio negli scontri a Merowe dove si trova il principale scalo militare. I ribelli filorussi sono riusciti a infiltrare una colonna di almeno 10 carrarmati nel centro della capitale, ma l’esercito regolare a sua volta ha messo in sicurezza tutti i ponti sul Nilo. Ieri sera numerosi ufficiale dell’Rsf avrebbero fatto ritorno nelle caserme per inquadrarsi con le forze governative. Diversa invece la situazione nel Darfur dove ovviamente gli uomini di Hemedti hanno il predominio del territorio e godono di unità meglio equipaggiate. La situazione, insomma, è molto fluida. E il generale Abdel Fattah al Burhan ha affidato il compito di reprimere il golpe al generale Al bashi che gode di ampio seguito nell’esercito e soprattutto è uno strenuo nemico di Hemedti. Inutile spiegare che gli elementi tribali sono alla base degli scontri e le fratture sono utilizzate sia dalle filiere interne di potere sia da quelle straniere. Nella fattispecie quella russa. E qui torniamo al punto di partenza. Cioè il «Piano Mattei». Più le infiltrazioni del Cremlino aumentano nel Sahel, più serve dare una accelerazione alla strategia italiana nel quadro di proiezione europeo. Il governo - va detto - ha finalmente aperto un nuovo capitolo di politica estera. Bene le mosse al fianco della Tunisia. Benissimo la missione della Meloni in Etiopia. Serve sfruttare al massimo i fondi ue dell’Epf (european peace fund) per allargare la nostra presenza militare e di cooperazione in Niger e per avviare il progetto di sviluppo di una flotta militare a Mogadiscio. Niamey è rimasto al di fuori del Corno d’Africa, l’unico Paese stabile. Merita la massima attenzione. La missione militare tricolore già presente potrebbe essere ampliata. Con nuovi fondi e con altre strategie. Al momento c’è anche il tema del controllo. Per i nostri militari essere in Niger significa anche poter osservare i flussi di aiuti che entrano nel continente da Port Sudan destinati ai miliziani di Wagner. Venerdì sera Yevgeny Prigozhin ha dichiarato alla stampa russa che Putin dovrebbe stoppare la guerra in Ucraina. Concentrarsi sul territori conquistati.In molti hanno tradotto il messaggio come una critica diretta al capo del Cremlino. Sicuramente c’è del vero. Ma il messaggio era diretto ai suoi uomini e alla decisione di accelerare in Africa. Sono bastate 24 ore e in Sudan è scoppiato l’inferno. Il fronte sud della Nato, quello che ci riguarda da vicino, è destinato a diventare sempre più caldo.
Iil presidente di Confindustria Energia Guido Brusco
Alla Conferenza annuale della federazione, il presidente Guido Brusco sollecita regole chiare e tempi certi per sbloccare investimenti strategici. Stop alla burocrazia, realismo sulla decarbonizzazione e dialogo con il sindacato.
Visione, investimenti e alleanze per rendere l’energia il motore dello sviluppo italiano. È questo il messaggio lanciato da Confindustria Energia in occasione della Terza Conferenza annuale, svoltasi a Roma l’8 ottobre. Il presidente Guido Brusco ha aperto i lavori sottolineando la complessità del contesto internazionale: «Il sistema energetico italiano ed europeo affronta una fase di straordinaria complessità. L’autonomia strategica non è più un concetto astratto ma una priorità concreta».
La transizione energetica, ha proseguito Brusco, deve essere affrontata con «realismo e coerenza», evitando approcci ideologici che rischiano di danneggiare la competitività industriale. Decarbonizzazione, dunque, ma attraverso strumenti efficaci e con il contributo di tutte le tecnologie disponibili: dal gas all’idrogeno, dai biocarburanti al nucleare di nuova generazione, dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio della CO2.
Uno dei nodi principali resta quello delle autorizzazioni, considerate un vero freno alla competitività. I dati del Servizio Studi della Camera dei Deputati parlano chiaro: nel primo semestre del 2025, la durata media di una Valutazione di Impatto Ambientale è stata di circa mille giorni; per ottenere un Provvedimento Autorizzatorio Unico ne servono oltre milleduecento. Tempi incompatibili con la velocità richiesta dalla transizione.
«Non chiediamo scorciatoie — ha precisato Brusco — ma certezza del diritto e responsabilità nelle decisioni. Il Paese deve premiare chi investe in innovazione e sostenibilità, non ostacolarlo con inefficienze che non possiamo più permetterci».
Per superare la frammentazione normativa, Confindustria Energia propone una legge quadro sull’energia, fondata sui principi di neutralità tecnologica e sociale. Uno strumento che consenta una pianificazione stabile e flessibile, in linea con l’evoluzione tecnologica e con il coinvolgimento delle comunità. Una recente ricerca del Censis evidenzia infatti come la dimensione sociale sia cruciale: i cittadini sono disposti a modificare i propri comportamenti, ma servono trasparenza e dialogo.
Altro capitolo centrale è quello delle competenze. «Non ci sarà transizione energetica senza una transizione delle competenze», ha ricordato Brusco, rilanciando la necessità di investire nella formazione e nel rafforzamento della collaborazione tra imprese, università e scuole.
Il presidente ha infine ringraziato il sindacato per il rinnovo del contratto collettivo nazionale del settore energia e petrolio, definendolo un esempio di confronto «serio, trasparente e orientato al futuro». Un modello, ha concluso, «basato sul dialogo e sulla corresponsabilità, capace di conciliare la valorizzazione del lavoro con la competitività delle imprese».
Continua a leggereRiduci