2024-02-03
Col Milleproroghe sospese di nuovo le multe ai renitenti
Un emendamento a firma Alberto Bagnai (Lega) prova a introdurre una proroga al 2025. Resta il nodo dei rimborsi a chi ha pagato.Un emendamento della Lega a prima firma Alberto Bagnai, che sposta il pagamento della sanzione di 100 euro a inizio 2025, riaccende l’odio nei confronti dei non vaccinati. «Così il Carroccio cerca di recuperare qualche zerovirgola per le Europee», scriveva ieri il Foglio, rimarcando il concetto: «La Lega torna a lisciare il pelo alla galassia no vax». Per chi non avesse afferrato, questo sarebbe «l’ultimo colpo di coda leghista alla corrente antivaccinista». Al momento, si tratta solo di una segnalazione di modifica al decreto legge Milleproroghe presentata da Bagnai, «uno dei più convinti nemici del vaccino», secondo l’autorevole opinione di Repubblica. Nelle commissioni Affari costituzionali e Bilancio riunite mercoledì scorso in sede referente, il deputato ha proposto che la sospensione della multa non sia «fino al 30 giugno 2024» ma venga sostituita dalla dicitura «fino al 31 dicembre 2024».Per essere precisi, l’emendamento è riferito all’articolo 7, comma 1-bis, del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199. Nella sostanza, è la richiesta di un’ulteriore proroga, perché circa 1,6 milioni di italiani non siano costretti a dare all’Agenzia delle entrate-Riscossione i 100 euro di una multa iniqua, inflitta dall’allora ministro della Salute, Roberto Speranza.Non sembra possibile, infatti, o non c’è sufficiente volontà politica per eliminarla dai balzelli in quanto «i soldi potenzialmente ricavati dalle sanzioni sono stati inseriti nel conto delle entrate dal Mef. Per cancellare la norma andrebbero trovate le coperture alternative, per circa 170 milioni di euro», ricorda Repubblica. Un’ulteriore proroga (sarebbe la terza), perlomeno congela una misura pensata con l’unico obiettivo di calpestare definitivamente i diritti dei cittadini che non volevano porgere il braccio a un siero sperimentale.Commentando le reazioni scomposte all’emendamento di Bagnai, il senatore della Lega Claudio Borghi ha sottolineato su X che, se ci si deve occupare ancora di questa sanzione, è per «i danni di Speranza che si protraggono nel tempo». Aggiungeva: «Pazienza, andremo avanti a prorogare fino a quando il sole, trasformandosi in una gigante rossa, risolverà la questione contabile. Nb: anche stavolta ci abbiamo dovuto pensare noi». Una stoccata agli alleati di governo, che non hanno pensato ad emendamenti in quella direzione. «Una maggioranza, almeno in alcuni suoi componenti, non proprio amica dei vaccini non riesce ad eliminare le sanzioni», ironizzava ieri il quotidiano del gruppo Gedi. Intanto Bagnai, professore di politica economica, perlomeno prova a spostare in avanti i termini della sospensione.La sua proposta fa parte dei circa 200 emendamenti super segnalati dai gruppi politici della Camera. Da 1.200 che erano alla presentazione, in una settimana si sono ridotti della metà e dopo quindi giorni sono scesi a circa 200. Le commissioni proseguiranno l’esame la prossima settimana, l’emendamento dovrebbe essere tra quelli in discussione da mercoledì 7 febbraio. Se approvato, blocca ancora una volta l’invio dell’avviso di addebito per violazione dell’obbligo vaccinale. In caso contrario, dal prossimo primo luglio tornerà a esacerbare l’animo di 1,6 milioni di contribuenti. Insegnanti, operatori sanitari, forze dell’ordine, over 50 che si rifiutarono di sottostare all’obbligo vaccinale contro il Covid e diventarono inadempienti. Dovevano pagare la sanzione, misura introdotta dal governo Draghi a partire dal febbraio 2022 e in vigore fino a metà giugno di quell’anno, le persone che non avevano ancora iniziato il ciclo vaccinale primario, coloro che non lo avevano completato e anche i renitenti di fronte al booster.Il ministero della Salute passò all’Agenzia delle entrate-Riscossione gli elenchi con i cittadini da multare, anche attraverso i dati della tessera sanitaria (l’auspicato controllo informatico), poi cambiò il governo e a dicembre 2022 un emendamento sempre della Lega, approvato dalla commissione Giustizia del Senato assieme ad altri riguardanti il decreto anti rave, sospese il pagamento. Doveva riprendere dal 1 luglio 2023 ma nel decreto legge Omnibus pubblicato il 10 maggio scorso c’era stata un’ulteriore proroga, fino a giugno 2024. Nel frattempo, ci sono stati circa 1.400 ricorsi davanti al giudice di pace, in diversi hanno anche già pagato e vorrebbero indietro i soldi. Sarebbe ora di fare piazza pulita di una vergognosa eredità dell’epoca Speranza.
A condurre, il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin. In apertura, Belpietro ha ricordato come la guerra in Ucraina e lo stop al gas russo deciso dall’Europa abbiano reso evidenti i costi e le difficoltà per famiglie e imprese. Su queste basi si è sviluppato il confronto con Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, società con 70 anni di storia e oggi attore nazionale nel settore energetico.
Cecconato ha sottolineato la centralità del gas come elemento abilitante della transizione. «In questo periodo storico - ha osservato - il gas resta indispensabile per garantire sicurezza energetica. L’Italia, divenuta hub europeo, ha diversificato gli approvvigionamenti guardando a Libia, Azerbaijan e trasporto via nave». Il presidente ha poi evidenziato come la domanda interna nel 2025 sia attesa in crescita del 5% e come le alternative rinnovabili, pur in espansione, presentino limiti di intermittenza. Le infrastrutture esistenti, ha spiegato, potranno in futuro ospitare idrogeno o altri gas, ma serviranno ingenti investimenti. Sul nucleare ha precisato: «Può assicurare stabilità, ma non è una soluzione immediata perché richiede tempi di programmazione lunghi».
La seconda parte del panel è stata guidata da Giuliano Zulin, che ha aperto il confronto con le testimonianze di Maria Cristina Papetti e Maria Rosaria Guarniere. Papetti ha definito la transizione «un ossimoro» dal punto di vista industriale: da un lato la domanda mondiale di energia è destinata a crescere, dall’altro la comunità internazionale ha fissato obiettivi di decarbonizzazione. «Negli ultimi quindici anni - ha spiegato - c’è stata un’esplosione delle rinnovabili. Enel è stata tra i pionieri e in soli tre anni abbiamo portato la quota di rinnovabili nel nostro energy mix dal 75% all’85%. È tanto, ma non basta».
Collegata da remoto, Guarniere ha descritto l’impegno di Terna per adeguare la rete elettrica italiana. «Il nostro piano di sviluppo - ha detto - prevede oltre 23 miliardi di investimenti in dieci anni per accompagnare la decarbonizzazione. Puntiamo a rafforzare la capacità di scambio con l’estero con un incremento del 40%, così da garantire maggiore sicurezza ed efficienza». Papetti è tornata poi sul tema della stabilità: «Non basta produrre energia verde, serve una distribuzione intelligente. Dobbiamo lavorare su reti smart e predittive, integrate con sistemi di accumulo e strumenti digitali come il digital twin, in grado di monitorare e anticipare l’andamento della rete».
Il panel si è chiuso con un messaggio condiviso: la transizione non può prescindere da un mix equilibrato di gas, rinnovabili e nuove tecnologie, sostenuto da investimenti su reti e infrastrutture. L’Italia ha l’opportunità di diventare un vero hub energetico europeo, a patto di affrontare con decisione le sfide della sicurezza e dell’innovazione.
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Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)