2018-10-01
Cioccolato, perché cedere al «cibo degli dei» (che fa bene al cuore e all’umore)
In semi, in tavolette, in polvere, bianco, fondente, rosa e al peperoncino. Ecco i mille segreti per gustare davvero un alimento magico.È uno degli alimenti più amati, uno dei pochi che possiamo assumere in forma liquida, solida, semisolida e pulvirea. Come molti altri, proviene da lontano, ma nei secoli lo abbiamo dominato culturalmente e ne siamo diventati cultori e punti di riferimento: è il cioccolato. O cioccolata. La regola vuole che il maschile indichi l'alimento e il cioccolato in tavolette e il femminile la bevanda densa e calda, ma spesso l'uso è invertito e le due denominazioni maschile e femminile, in sostanza, sono sinonimi di un duplice significato. Il nome scientifico della pianta detta albero del cacao e appartenente alla famiglia delle Sterculiacee è Theobroma cacao, che vuol dire cacao cibo degli dei. Albero non gigantesco ma maestoso, alto da 5 a 10 metri e sempreverde, non ama il sole cocente e cresce riparato sotto palme e banani. Alcuni dei suoi bei fiorellini a rametti, che spuntano anche sul tronco, si trasformano in cabosse, i frutti del cacao dalla forma di meloncino all'interno dei quali sono stipati i preziosi semi di cacao, dai 25 ai 40 per cabossa. Non è una coltivazione semplice, anzi. Una cabossa fornisce da 1 a 2 chili di semi, ogni albero inizia a fruttificare dopo cinque anni e per circa trent'anni. Sforna cabosse tutto l'anno, ma la maturazione impiega circa sei mesi, quindi i raccolti sono due annuali, in primavera e inverno, con il risultato che un albero del cacao in media fornisce dalle 20 alle 50 cabosse per annata. Le condizioni ottimali di coltivazione si rintracciano tra i 20 gradi a Nord e a Sud dell'equatore: la pianta necessita di clima tropicale caldo con elevata umidità, dal 70 al 100%, e costanza di piogge. La sua produzione è, di conseguenza, prettamente sudamericana, africana e asiatica: coltura elettiva di 45 paesi del Sud del mondo che ne producono 3.000.000 di tonnellate all'anno, il 65-70% è africano, il 12-13% dall'America Centrale e Latina, il 17% dal Sudest Asiatico. Il consumo sempre più massiccio e il cambiamento climatico, le cui stime prevedono un aumento termico di due gradi entro 30 anni, attentano alla sussistenza dell'albero di cacao: il suo ufficiale stato di conservazione (l'indicatore della probabilità che quella specie continui a sopravvivere) è «in pericolo». E infatti l'Università della California - in collaborazione con aziende di lavorazione del cacao come Mars Company - sta studiando interventi di editing genetico Crispr, volti a rendere la pianta acclimatabile in molti più habitat rispetto a quello ideale. Ottenuta la cabossa, la strada fino alla tavoletta di cioccolato o alla polvere di cacao è ancora lunga. Le cabosse vengono schiacciate e fatte riposare perché, fermentando, i semi interrompano la germogliazione. Poi si estraggono i semi e si seccano. A questo punto, ciò che si è ottenuto sono le fave di cacao. La recente evoluzione del modo in cui mangiamo, molto più consapevole del processo di produzione dell'alimento e alla ricerca di cibi sempre meno elaborati, ha portato alla commercializzazione delle stesse fave di cacao, per sgranocchiarle così, a mo' di noci: sono squisite e ormai reperibili nella maggior parte dei supermercati. Se invece procedono sulla strada della produzione del cioccolato, allora le fave vengono triturate fra cilindri riscaldati, ottenendo la massa di cacao (in angloamericano cocoa liquor). Pure questa viene ormai venduta anche così, in tavolette. Sarebbe il cioccolato puro al 100%, completamente privo di zucchero, con circa il 55% di burro di cacao e abbastanza ostico, seppure affascinante, come sapore, perché ricorda più - diciamolo con una rima - il fiele che il miele... I mangiatori di massa di cacao grezza sono pochi: è utilizzata soprattutto in pasticceria, per preparare ganache, creme di copertura o praline aggiungendo zucchero, burro di cacao e vaniglia oppure lo squisito gelato o sorbetto alla massa di cacao che è recentemente tornato di moda. Lo si faceva così nei secoli passati, aggiungendo solo acqua o latte e zucchero. Lo hanno recuperato, oggi, alcuni maestri gelatieri gourmet e aziende produttrici di cioccolato di alta qualità come Domori. La lavorazione verso la classica tavoletta di cioccolato prosegue così: si separa il burro di cacao (altro prodotto a sé, usato nell'industria dolciaria ma anche in quella cosmetica) e poi si riduce la massa parzialmente delipidizzata nella nota polvere di cacao (che può essere amara oppure aggiunta di zucchero) che spolveriamo sul tiramisù o con la quale arricchiamo un bicchiere di latte. A questo punto, ecco prodotti tutti gli ingredienti per giungere alle tavolette di cioccolato. Per il cioccolato fondente si mescola alla pasta di cacao polvere di cacao, burro di cacao, zucchero e vaniglia. Per quello al latte, come sopra e in più il latte. Per quello bianco niente pasta di cacao, solo burro di cacao, zucchero, vaniglia e latte. Poi si raffina, si effettua il concaggio (inventato da Rodolphe Lindt nel 1880), un lungo procedimento di mescolamento riscaldato necessario a ottenere una base fluida perfettamente amalgamata che si indurirà in modo liscio e omogeneo nella tavoletta. Poi si tempra, cioè si riscalda e raffredda in modo da indurre la disposizione armonica dei cristalli di burro di cacao nella tavoletta, infine si effettua la formatura, colando tutto in stampi, e poi si confeziona nella classica carta d'alluminio perché gli aromi e la materia siano protetti da aria e luce.C'è un cioccolato, però, che porta avanti la tradizione di produzione artigianale che in Europa arrivò direttamente dagli Aztechi tramite gli spagnoli. Si tratta di una tecnica ancora in uso presso indigeni messicani e guatemaltechi, in Spagna si chiama chocolate a la piedra, in Italia cioccolato grezzo (lo propone con questo nome Leone, di vari gusti, come quello con la menta piemontese), ma il re italiano è il cioccolato di Modica. Nella cittadina siciliana si imparò il procedimento sotto il dominio spagnolo e non lo si lasciò più. Si fa evitando rigorosamente il concaggio. La massa di cacao viene sciolta a freddo (non più di 40 gradi), mescolata a zucchero in granelli (raffinato oppure di canna integrale) ed eventualmente spezie e aromi, dalla vaniglia al peperoncino allo zenzero, poi si amalgama e si forma senza mai superare i 40 gradi, perché i cristalli di zucchero non si sciolgano e il cioccolato finale sia deliziosamente e rusticamente granuloso. Altro cioccolato atipico, più o meno nato ieri nella interessante e articolata storia del cioccolato, è il ruby chocolate, il cioccolato rosa. Prima varietà di nuovo cioccolato introdotto da ottant'anni a questa parte dopo il cioccolato bianco, non si tratta di un cioccolato bianco colorato. Il colore rosa e il gusto che ricorda i frutti di bosco sono naturali, determinati dalle fave di cacao varietà ruby cocoa bean che hanno un tipico colore rossastro. L'inventore, il produttore svizzero Barry Callebaut, lo ha presentato nel 2017, la Nestlè ha rilasciato una versione di Kit Kat made with ruby cocoa beans prima in Giappone e Corea del Sud, ora anche in Europa e la Perugina ha appena immesso sul mercato italiano i Baci rosa, in edizione limitata. Ma il cioccolato non è soltanto materia per muscoli linguali, papille gustative e occhi. Prima di tutto, è un alimento. Gli dei, nell'immaginario umano, non sono esteti, ma esigenti mangiatori: l'appellativo cibo degli dei originò dalle proprietà alimentari del cioccolato. Vediamole. Il cioccolato fondente ha circa 495 calorie ogni 100 grammi, che aumentano nel cioccolato al latte (514) e in quello bianco (538), perché in questi ci sono più zucchero e più burro di cacao. Il cacao e il cioccolato sono sostanze leggermente psicoattive, come tè e caffè: contengono caffeina, teobromina, feniletilamina, anandamide e triptofano e la presenza di magnesio, fosforo, ferro e vitamine (A, B1, B2, C, D, E), seppure in piccole quantità, li fa considerare a ragione alimenti tonificanti. La teobromina è un alcaloide contenuto nella pianta di cacao e, in molto inferiore quantità, nelle foglie di tè, con effetto lievemente stimolante del sistema nervoso centrale. Inibitore della fosfodiesterasi, svolge la stessa funzione di alcuni farmaci utilizzati nell'insufficienza cardiaca acuta stimolando il cuore. Allo stesso tempo i suoi polifenoli sono considerati utili per abbassare la pressione sistolica. I polifenoli, come i flavonoidi sempre contenuti nel cioccolato, sono noti antiossidanti e mangiare cioccolato fondente ne aumenterebbe la quantità nel sangue del 20%. Il potere antiossidante del cioccolato è ufficialmente riconosciuto come superiore a quello di una mela di quasi 20 volte. Anche alla feniletilammina sono riconosciute proprietà antidepressive e il connubio con il triptofano amplificherebbe l'effetto: sostenere di poter curare la depressione con il cioccolato è errato, ma è indubbio che un cioccolatino procuri una sensazione di euforia. Il cioccolato sarebbe poi utile ai fumatori, in quanto - secondo uno studio pubblicato su Heart - ridurrebbe l'indurimento delle loro arterie. Uno degli aspetti meno noti riguardo al cioccolato è il suo contenuto di ferro. Il cioccolato fondente ne contiene 17,4 mg ogni 100 grammi e il cacao in polvere 13,9, due percentuali molto competitive verso gli altri alimenti indicati per gli anemici dopo il fegato d'oca che ne contiene 30,53 mg ogni 100 grammi (8,8 mg per ogni 100 grammi di fegato di bovino, 5,8 mg ogni 100 grammi di cozze, 6 mg ogni 100 grammi di ostriche, 3,9 mg per 100 grammi di carne di cavallo). Allo stesso tempo i polifenoli, sempre contenuti nel cioccolato, sembrano funzionare come agente che può inibire un assorbimento ottimale del ferro, quindi l'ideale è consumare cioccolato con acido ascorbico, che invece ne favorisce l'assorbimento: non è un caso che il cioccolato fondente con scorze di arance o di limone sia un classico della produzione dolciaria. Naturalmente il consumo di cioccolato non deve essere eccessivo: si tratta pur sempre di un alimento ricco di carboidrati, lipidi e zuccheri ed eccedere fa ingrassare. Chi non ama o non può mangiare cioccolato, può trovare un'alternativa nel cioccolato di carruba. Le carrube sono baccelli, simili ai fagioli, dell'albero del carrubo. La carruba non contiene sostanze psicoattive, il suo sapore ricorda quello del cacao, le calorie sono meno della metà e ha proprietà antiossidanti, probiotiche e contiene vitamine del gruppo A e B, magnesio, potassio e ferro.