Massiccia esercitazione del Dragone attorno all’isola. Con i disastri strategici combinati da Joe Biden e la timidezza mostrata da Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen nella loro ultima visita, Xi Jinping sente di poter mostrare i muscoli impunemente.
Massiccia esercitazione del Dragone attorno all’isola. Con i disastri strategici combinati da Joe Biden e la timidezza mostrata da Emmanuel Macron e Ursula von der Leyen nella loro ultima visita, Xi Jinping sente di poter mostrare i muscoli impunemente.Come il proverbiale gatto con il topo: ma con in più la (spiacevolissima per noi) convinzione cinese di interpretare sempre la parte del felino. È questa l’impressione che si ricava dopo l’ultima minacciosa bravata di Pechino ai danni di Taiwan. E la sensazione può solo rafforzarsi se la si colloca dentro quattro mosse tattiche del dittatore cinese Xi Jinping, che - nonostante le non lievi difficoltà interne - pare assolutamente a suo agio tra il messaggio di confusa debolezza trasmesso da Joe Biden e quello di arrendevolezza senza princìpi consegnato direttamente in Cina da Ursula von der Leyen ed Emmanuel Macron. Ma mettiamo le cose in ordine, partendo dall’ultimo evento in ordine cronologico. Circa ventiquattr’ore fa, l’esercito cinese ha annunciato esercitazioni di «preparazione al combattimento» nello stretto di Taiwan: «Il comando del teatro delle operazioni orientali dell’esercito popolare di liberazione terrà un’esercitazione di preparazione, nella parte settentrionale e meridionale dell’isola e nello spazio aereo a Est di Taiwan, dall’8 al 10 aprile», recita una nota di Pechino.Il pretesto utilizzato dalla Cina per giustificare l’ennesima mossa ostile è stato l’incontro, avvenuto mercoledì negli Usa, tra la presidente Tsai Ing-wen e lo speaker della Camera dei rappresentanti americana, il repubblicano Kevin McCarthy. Ma si tratta di un alibi: Pechino osteggia da sempre Tsai Ing-wen, in quanto esponente di un partito che si batte apertamente per l’indipendenza. Al contrario la dittatura cinese guarda l’isola come una sua provincia ribelle che intende «riunificare». Per ciò che riguarda le manovre militari, il ministero della Difesa taiwanese ha dichiarato di aver rilevato tredici velivoli e tre navi da guerra intorno all’isola, aggiungendo che tali esercitazioni minacciano «la stabilità e la sicurezza regionali». Violentissima la risposta cinese, affidata al portavoce del Comando orientale dell’esercito, secondo cui le manovre «sono necessarie per salvaguardare la sovranità nazionale e l’integrità territoriale della Cina». Di più: le esercitazioni «servono come severo monito contro la collusione tra forze separatiste che cercano l’indipendenza di Taiwan e quelle esterne, e contro le loro attività provocatorie».Ora, tutto questo è di per sé assai preoccupante. Gli ottimisti (per così dire) si limitano a registrare il crescendo delle minacce cinesi, mentre i pessimisti (forse è il caso di dire: i realisti) ritengono, pensando ai prossimi anni (o forse già ai prossimi semestri) che, a proposito di un’azione cinese di attacco, il tema non sia più relativo al «se», ma solo al «quando».La preoccupazione cresce se consideriamo che l’escalation cinese contro Taiwan è solo la prima di quattro mosse geopolitiche che Pechino sta mettendo in campo. La seconda è il ruolo (un po’ a protezione della Russia, e un po’ di autorappresentazione come unico soggetto in grado di determinare le sorti del conflitto) che Pechino conta di giocare nella guerra russo-ucraina. Anche nel confronto con Macron e la Von der Leyen, Xi si è tenuto vago sul tema, sostenendo che chiamerà Volodymyr Zelensky «quando il momento sarà opportuno». E quindi mantenendosi le mani libere e riservandosi ogni valutazione sulla fase in cui svolgere un ruolo di qualunque tipo. La terza mossa (frutto di un devastante errore geopolitico della Casa Bianca a guida democratica) è stato l’impegno profuso da Pechino per favorire il clamoroso riavvicinamento, con relativa ripresa delle relazioni diplomatiche, tra Arabia Saudita e Iran. In sostanza, Biden è riuscito nel capolavoro negativo di sfasciare il miglior risultato raggiunto da Donald Trump in Medio Oriente, e cioè l’isolamento di Teheran, a cui faceva da contraltare il positivo dialogo tra Riad e Gerusalemme attraverso gli Accordi di Abramo. Che ha fatto Biden? Invece di far tesoro di quel punto fermo, ha attaccato l’Arabia Saudita sin dall’inizio del suo mandato. Ottenendo come risultato per un verso la perdita di un interlocutore importante dal punto di vista energetico (a maggior ragione essendosi nel frattempo aperta la crisi tra Russia e Ucraina) e per altro verso un’inedita (e pericolosissima per l’Occidente) ripresa di contatto tra il regime iraniano e la leadership saudita. La quarta mossa è più che altro frutto della miopia europea. Come questo giornale ha già scritto, la Von der Leyen e Macron si sono presentati - politicamente parlando - in ginocchio da Xi, avanzando il minimo sindacale delle contestazioni e dando invece l’idea di un’Ue quasi «terza» tra Occidente e Cina. Di più: insistendo sulla transizione ecologica e proponendo una partnership green a Pechino, hanno di fatto scommesso sulla nostra futura dipendenza dalla Cina. Con un’efficace immagine, il direttore di Atlantico Federico Punzi ha chiosato criticamente sottolineando come il francese e la tedesca, anziché dare l’idea di esser pronti al «disaccoppiamento» da Pechino, abbiano trasmesso l’idea di un possibile disallineamento rispetto a Washington. E alla fine Xi, dopo aver procurato un danno, ha innescato anche la proverbiale beffa. Infatti, subito dopo la partenza di Macron e Von der Leyen, ha ripreso a minacciare Taiwan. Per nostra fortuna, Pechino ha comunque i suoi problemi da affrontare: la gestione Covid è stata devastante, le proteste sono state significative, e la stessa crescita economica è meno impetuosa di quanto il partito comunista sperasse. Ma il rischio è che sia proprio un Occidente diviso e strategicamente confuso a facilitare la partita del dittatore cinese.
Mario Draghi (Ansa)
L’ex premier si accorge soltanto ora che gli obiettivi green sono «irrealizzabili». Poi critica la burocrazia continentale: «Troppo lenta, potrebbe non riuscire a riformarsi». Il suo piano B: alcuni Stati facciano da sé.
Sehrii Kuznietsov (Getty Images)
- La Corte d’appello di Bologna ha disposto la consegna di Sehrii Kuznietsov, l’ucraino accusato di aver danneggiato il gasdotto nel 2022. Crosetto: «Disponibili su Samp-T e aerei radar». M5s e Calenda esortano il governo al confronto in Aula su «Sentinella Est».
- Invasione nazista, Berlino secca: «Soldi alla Polonia? Storia chiusa». Merz: «Ma siamo al fianco di Varsavia». Presto possibile vertice Trump-Zelensky.
Lo speciale contiene due articoli.
Ansa
- Massiccia invasione via terra e raid con droni ed elicotteri. Crosetto: «Decisione sbagliata». Il Papa chiama il parroco Romanelli: «Preoccupato». Ira dei parenti degli ostaggi: «Così Netanyahu li uccide».
- Mobilitazione indetta per venerdì. Liti nella Flotilla, Greta lascia il direttivo e cambia imbarcazione. Il dem Scotto, in navigazione: «Sempre in contatto con la Farnesina».
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13 agosto 2025: un F-35 italiano (a sinistra) affianca un Su-27 russo nei cieli del Baltico (Aeronautica Militare)
Schierati da poco in Estonia, gli F-35 italiani hanno avuto una parte importante nell’intercettazione di velivoli russi e nel pattugliamento in seguito allo sconfinamento dei droni di Mosca in territorio polacco. Da agosto l’Aeronautica italiana è al comando della Baltic Air Policing.
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La mattina del 13 agosto due cacciabombardieri F-35 «Lightning II» dell’Aeronautica Militare italiana erano decollati dalla base di Amari, in Estonia, per attività addestrativa. Durante il volo i piloti italiani hanno ricevuto l’ordine di «scramble» per intercettare velivoli non identificati nello spazio aereo internazionale sotto il controllo della Nato. Intervenuti immediatamente, i due aerei italiani hanno raggiunto i jet russi, due Sukhoi (un Su-27 ed un Su-24), per esercitare l’azione di deterrenza. Per la prima volta dal loro schieramento, le forze aeree italiane hanno risposto ad un allarme del centro di coordinamento Nato CAOC (Combined Air Operations Centre) di Uadem in Germania. Un mese più tardi il segretario della Nato Mark Rutte, anche in seguito all’azione di droni russi in territorio polacco del 10 settembre, ha annunciato l’avvio dell’operazione «Eastern Sentry» (Sentinella dell’Est) per la difesa dello spazio aereo di tutto il fianco orientale dei Paesi europei aderenti all’Alleanza Atlantica di cui l’Aeronautica Militare sarà probabilmente parte attiva.
L’Aeronautica Militare Italiana è da tempo impegnata all’interno della Baltic Air Policing a difesa dei cieli di Lettonia, Estonia e Lituania. La forza aerea italiana partecipa con personale e velivoli provenienti dal 32° Stormo di Amendolara e del 6° Stormo di Ghedi, operanti con F-35 e Eurofighter Typhoon, che verranno schierati dal prossimo mese di ottobre provenienti da altri reparti. Il contingente italiano (di Aeronautica ed Esercito) costituisce in ambito interforze la Task Air Force -32nd Wing e dal 1°agosto 2025 ha assunto il comando della Baltic Air Policing sostituendo l’aeronautica militare portoghese. Attualmente i velivoli italiani sono schierati presso la base aerea di Amari, situata a 37 km a sudovest della capitale Tallinn. L’aeroporto, realizzato nel 1945 al termine della seconda guerra mondiale, fu utilizzato dall’aviazione sovietica per tutti gli anni della Guerra fredda fino al 1996 in seguito all’indipendenza dell’Estonia. Dal 2004, con l’ingresso delle repubbliche baltiche nello spazio aereo occidentale, la base è passata sotto il controllo delle forze aeree dell’Alleanza Atlantica, che hanno provveduto con grandi investimenti alla modernizzazione di un aeroporto rimasto all’era sovietica. Dal 2014, anno dell’invasione russa della Crimea, i velivoli della Nato stazionano in modo continuativo nell’ambito delle operazioni di difesa dello spazio aereo delle repubbliche baltiche. Per quanto riguarda l’Italia, quella del 2025 è la terza missione in Estonia, dopo quelle del 2018 e 2021.
Oltre ai cacciabombardieri F-35 l’Aeronautica Militare ha schierato ad Amari anche un sistema antimissile Samp/T e i velivoli spia Gulfstream E-550 CAEW (come quello decollato da Amari nelle immediate circostanze dell’attacco dei droni in Polonia del 10 settembre) e Beechcraft Super King Air 350ER SPYD-R.
Il contingente italiano dell'Aeronautica Militare è attualmente comandato dal colonnello Gaetano Farina, in passato comandante delle Frecce Tricolori.
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