
Carlo Magno ne aveva resa obbligatoria la coltivazione, invece oggi è un po’ trascurata. Eppure le sue proprietà sono numerose, anche contro problemi comuni come il mal di gola o le gastriti.Sapete che Carlo Magno aveva reso obbligatoria la coltivazione della malva nei giardini? Nel Capitulare de villis vel curtis imperii, databile tra 770 e 813 e più noto col nome semplificato Capitulare de villis cioè Decreto sulle ville, emanato per regolamentare le attività rurali, agricole e commerciali delle aziende agricole dell’impero o ville, al capitolo 70 si legge: «Vogliamo che nell’orto sia coltivata ogni possibile pianta, cioè: il giglio, le rose, il fieno greco, la balsamita, la salvia, la ruta, l’abrotano, i cetrioli, i meloni, le zucche, il fagiolo, il cumino, il rosmarino, il cumino dei prati, i ceci, la scilla, il gladiolo, il dragoncello, l'anice, i coloquintidi, la calendula, la visnaga, la sedanina, la lattuga, il cumino nero, la rughetta, il nasturzio, la bardana, la menta poleggio, il macerone, il prezzemolo, il sedano, il levistico, il ginepro, l’aneto, il finocchio, la cicoria, il dittamo, la senape, la santoreggia, il sisimbrio, la menta, il mentastro, il tanaceto, l’erba gattaia, la camomilla, il papavero, la barbabietola, il nardo selvatico, la malva muschiata, l'altea, la malva, le carote, le pastinache, il bietolone, gli amaranti, il cavolo-rapa, i cavoli, le cipolle, l’erba cipollina, i porri, il rafano, lo scalogno, la cipolla d’inverno, l’aglio, la robbia, i cardi, le fave, i piselli, il coriandolo, il cerfoglio, l’euforbia, l’erba moscatella. E l’ortolano faccia crescere sul tetto della sua abitazione la barba di Giove. Quanto agli alberi, vogliamo ci siano frutteti di vario genere: meli cotogni, noccioli, mandorli, gelsi, lauri, pini, fichi, noci, ciliegi di vari tipi. Nomi di mela: gozmaringa, geroldinga, crevedella, spiranca, dolci, acri, tutte quelle di lunga durata e quelle da consumare subito e le primaticce. Tre o quattro tipi di pere a lunga durata, quelle dolci, quelle da cuocere, le tardive». Ben 73 ortaggi e 16 alberi che Carlo Magno voleva sapere coltivati. Magari fosse così anche oggi, che invece la malva è un po’ fuori dai radar: selvatica, fa capolino in città nei prati che sopravvivono alla cementificazione adesso, a inizio primavera, per lo più nella generale disconoscenza di chi passa e ripassa ogni giorno, ignaro, davanti a questi fiori deliziosi. Non la si conosce come fiore nemmeno tramite altre «fonti»: tra le pianticelle del negozio di ferramenta settore giardino c’è il bulbo di tulipano e c’è la margherita, ma non c’è mai la malva. Non c’è poi dal fiorista, se non da quello artistico, perché quello normale no, non ce l’ha. Non c’è nelle piantine del supermercato ad uso alimentare, come il basilico. Laddove c’è come fiore edule, nei cosiddetti foodie market, è sempre accompagnata da altri fiori eduli in mix che talvolta contengono anche insalate e che non aiutano a conoscere le precise caratteristiche della sola malva. In erboristeria, c’è, essiccata in varie forme o come ingrediente di cosmetica erboristica. Ma non tutti frequentano le erboristerie. E invece la malva andrebbe conosciuta meglio perché è in primo luogo un bellissimo fiore, che - perché no? - si può anche coltivare sul proprio balcone. Poi, è una pianta curativa. Poi, è un alimento: possiamo mangiarne fiori e foglie e minoritariamente si mangia anche il fusto (spellato). Non consigliamo di certo di raccogliere la malva dall’aiuola accanto alla strada urbana inquinata, se volete sperimentare il foraging procuratevi sempre malva da zone incontaminate dall’inquinamento atmosferico, ma in generale è meglio rivolgersi a coltivatori o ad erboristerie. Oppure, ancora più facile nel caso si vogliano provare i soli infusi di malva, acquistare bustine già pronte. La malva è una pianta erbacea dal nome botanico Malva sylvestris. Malva è il genere, che contempla molte specie di malva, quelle più facili da rintracciare nel nostro Stivale, oltre al Sylvestris, sono: la Malva spec. moschata, cioè la malva muschiata; la Malva spec. punctata cioè il malvone punteggiato cosiddetto per i puntini rossi che può presentare sul fusto, che cresce in zone secche e rocciose molto soleggiate e sui bordi dei torrenti, da 0 a 600 m sul livello del mare; la Malva agrigentina ossia il malvone di Agrigento, tipica dell’agrigentino, dai fiori bianchi e l’odore un po’ puzzolente; la Malva arborea anche detta malvone maggiore, che assorbe l’acqua di mare ed espelle il sale dalle foglie perciò cresce sulle coste e sulle isole e può raggiungere anche 2 m di altezza. La nostra malva selvatica può essere annuale, biennale o perenne. I suoi fiori presentano piccole striature verticali violacee su quel tipico colore rosa intenso che ha dato il nome a una tipologia cromatica: il color malva è una via di mezzo tra lilla e lavanda, un lavanda più rosato o un rosa con del blu, un bellissimo colore le cui coordinate HEX sono #E0B0FF e sRGB1 r; g; b 224; 176; 255. Sono tante le tonalità dei malva: il malva chiaro (coordinate HEX #DCD0FF e sRGB1 r; g; b 220; 208; 255), il malva opera (HEX #B784A7 e sRGB1 r; g; b 183; 132; 167), il malva talpa (HEX #915F6D e sRGB1 r; g; b 145; 95; 109). Altra caratteristica dei petali che rende riconoscibili i fiorellini di malva che stanno per colorare il verde è la bilobatura, cioè ogni petalo è diviso in due lobi in una forma finale quasi a cuore. I fiori, che presentano cinque petali bilobati ciascuno, si possono raccogliere da aprile ad ottobre, ma i principi attivi si trovano oltre che nei fiori (malvae flos), anche nelle foglie (malvae folia F.U. XI): sono le due parti di questa bella piantina più ricche di mucillagini. Se il fiore non viene raccolto si giunge al frutto. I frutti di malva sono poliacheni circolari, cioè tondi e contenenti più semi e sono frutti che si raccolgono quando si seccano sulla pianta (proprio come i frutti della pianta di basilico), per ricavarne i semi per piantare la pianta. Della malva si usano anche i fusti, che possono arrivare fino a un metro di altezza, pensate, e le radici, ma lo scettro dell’uso spetta come dicevamo a fiori e foglie, ricchissimi di mucillagini. In cucina si usano in primo luogo i germogli, i fiori e le foglioline che possono sembrare una normale verdurina, ma per la ricchezza in mucillagini sono una via di mezzo tra, sì, la fogliolina di spinacio e la più stravagante - per il nostro palato - alga, essendo come questa le foglie di malva un po’ scivolose. Le foglie si possono mangiare fresche, meglio se piccoline e in abbinamento ad altre verdure, sia in insalate, sia cotte in minestre che risulteranno un pochino più dense grazie alle mucillagini che le foglie di malva rilasceranno nel brodo di cottura. Ci si possono anche riempire omelette o frittate, idem coi fiori. Non bisogna esagerare a mangiare e bere malva, però, perché proprio la quota di mucillagine, se si assume tanta malva consecutivamente per molto tempo per effetto accumulo potrebbe diminuire l'assorbimento intestinale di farmaci e in generale di macronutrienti (carboidrati, proteine, lipidi) e micronutrienti (sali minerali e vitamine). O avere un importante effetto lassativo, come accadde a Cicerone. Si può mangiare, cotto, anche il midollo del fusto, spellandolo, dunque, un po’ come si fa coi cardi.Sembra che il nome malva derivi dal greco malakos che vuol dire «morbido». Come l’effetto principale della malva sul nostro organismo, l’emollienza. Secondo altri l’etimologia sarebbe invece direttamente latina, dal latino mollire cioè «in grado di ammorbidire». Non conosciamo l’origine precisa del nome, ma in entrambi i casi suggeriti si nomina la pianta con l’effetto principale del suo uso interno ed esterno: ammorbidire, calmare, sfiammare. Le mucillagini della malva sono un po’ il superpotere di questa pianta: hanno un forte potere emolliente in grado di coaudiuvare la cura di un mal di gola, una bronchite, un reflusso gastroesofageo, una gastrite, le emorroidi, un’infiammazione urinaria, l’asma, se condotte all’interno dell'organismo tramite infusi o sciroppi. Le mucillagini, in particolar modo se assunte in forma più concentrata e impattante dell’infuso, come è nel caso dello sciroppo o in quello in cui si mangino foglie o fiori di malva, sono in grado di aiutare anche a regolarizzare il transito intestinale perché si gonfiano e letteralmente spingono lo svuotamento dell’intestino dal suo contenuto post-digestivo (se mangiate fiori o foglie, bevete molto e più del normale perché la mucillagine abbia l’acqua necessaria a gonfiarsi e non la sottragga alla nostra solita idratazione, esattamente come si fa quando si assume crusca e, in generale, fibre). Sempre le mucillagini hanno la capacità di ammorbidire e nutrire la pelle se la malva viene applicata localmente, per uso, dunque, esterno, sotto forma di acqua di malva, di estratto aggiunto a creme e detergenti (il detergente intimo alla malva è un grande classico) e anche di impacchi con le foglie bollite. La malva presenta anche effetto antinfiammatorio, anche sulle mucose, effetto che quindi si può sfruttare per tutti quei casi che abbiamo appena citato ossia per le mucose infiammate di naso, esofago, stomaco, intestino eccetera. Il decotto, un po’ più potente dell’infuso perché l'erba si bolle qualche minuto insieme all’acqua in bollore, poi si spegne e lascia a infondere, o l’infuso, che prevede di versare l’acqua bollente sulla pianta fuori fuoco e lasciare infondere, sono due perfette bevande calde e dolcemente curative tradizionalmente consigliate in tutte le affezioni respiratorie proprio grazie allo scioglimento delle mucillagini nell’acqua, due-tre tazze al giorno vi daranno sollievo e saranno anche utili per calmare lo stimolo a tossire (si chiama effetto antitussigeno), ricordatevelo nel caso di raffreddamento. La grammatica dei fiori di Simona Recanatini spiega che la malva stimola «l’attività fagocitaria del sistema immunitario» e perciò è molto indicata «contro i processi infiammatori delle vie aeree associate alla tosse». Si trovano anche cosiddetti sciroppi di malva che spesso sono infusioni o estrazioni di varia potenza di parti erboristiche della malva in acqua e talvolta si chiamano proprio così, mucillagine di malva, sottinteso bevibile. La malva è una pianta mellifera e si trova anche il miele di malva, di solito in combinazione con quello di eucalipto e altre piante notoriamente utili per la salute dell’apparato respiratorio. Secondo alcuni, la malva è anche calmante del sistema nervoso. Dal libro Curarsi con le erbe e altri rimedi naturali senza tempo di Valentina Beggio, Gribaudo, ecco degli usi della malva per la salute di bocca e denti. Se avete un’afta in bocca, fate bollire 25 g di fiori freschi di malva in 500 ml di acqua per 20 minuti, poi filtrate spremendo bene e bagnate un batuffolo nel decotto per poi premerlo più volte nella giornata sull’afta. Mal di denti? Masticate una foglia fresca di malva oppure prendete una generosa manciata di foglie di malva fresca, pestatele e poi strizzatele attraverso una garza o un telo per ricavarne il succo da applicare sul dente dolorante con un batuffolo di cotone, chiudendo la bocca per tenere il medicamento in posizione. Per pulire i denti all’antica, prendete un pezzetto di radice di malva essiccata e strofinatela su denti e gengive, masticandola un po’ ma senza ingerirla. Tre curiosità. La malva produce fiori che non profumano e, come il girasole, è eliotropica, cioè si muove seguendo la rotazione diurna del sole. Quando si prepara l’infuso o il decotto con i fiori secchi, che a causa dell’essiccamento hanno intensificato il loro colore malva fino a diventare di un bel blu molto caldo, la bevanda ha prima una colorazione bluastra, poi diventa verde. E fiori e foglie diventano quasi grigetti, per aver ceduto il colore e i microelementi.
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





