2023-09-10
«L’avidità ha messo a tacere le coscienze critiche. Ci salveranno i misantropi»
Il poeta e scrittore Claudio Pozzani : «Sentimenti e arte sono stati declassati a prodotti commerciali, oggi tutto può essere comprato e venduto. Gli intellettuali hanno perso il loro ruolo di guida»Claudio Pozzani (Genova, 1961) è poeta, romanziere, musicista e organizzatore di festival. Nel 1993 fonda l’associazione Circolo dei Viaggiatori del Tempo, locale di cultura musicale e letteraria underground, esperienza dalla quale nascerà nel 1995 il Festival Internazionale di Poesia di Genova, ben presto una delle più seguite manifestazioni europee dedicate alla poesia dei nostri giorni, ospitando autori di molti Paesi, figure magnetiche e premio Nobel. In qualità di poeta ha pubblicato raccolte quali Saudade & Spleen (2000), La marcia dell’ombra (2009) e l’antologia Spalancati spazi (2017, Passigli, tradotta in dieci lingue); in qualità di narratore i romanzi Kate et moi (2002, pubblicato in Francia e Romania) e Confessioni di un misantropo (2023, La nave di Teseo).Confessioni di un misantropo: chi è questo misantropo? C’è chi sostiene che se il mondo verrà mai cambiato lo sarà dai pessimisti e non certo dagli ottimisti, ma si può ancora essere misantropi oggi che l’intellettuale, il poeta, l’autore, è chiamato a salvare il mondo, ad esercitare un magistero perenne di pensiero e buone pratiche? «Il misantropo protagonista del mio romanzo è una figura paradossale ma possibile: da un lato odia l’umanità nella sua ignoranza e mediocrità e nella sua ansia di possesso, dall’altro spende tutta la sua lunga vita per contribuire a far vivere bene e in modo degno le persone. Stanislaw Jerzy Lec diceva che l’ottimismo e il pessimismo si distinguono soltanto per la data della fine del mondo e io sono d’accordo: il punto di non ritorno è già stato varcato tempo fa, quando il pensiero dominante globale è diventato “tu sei quello che hai”. Ormai tutto lo scibile, le sensazioni, i sentimenti sono stati portati a livello terreno, materiale. Tutto è diventato misurabile e miserabile. Non credo che ci possa essere una figura in grado di salvare il mondo, tanto meno gli intellettuali o i poeti, visto che per la stragrande maggioranza hanno abdicato al loro storico ruolo di coscienze critiche e di rabdomanti coraggiosi per paura di perdere i posti di presunto potere o visibilità mediatica. Quello che è ancora possibile secondo me è questo: rendersi conto del baratro verso il quale stiamo andando e cercare di fermare o invertire la nostra marcia o comunque rallentarla. Credo che ci si possa salvare solo singolarmente ed eventuali moti collettivi saranno formati da tante monadi sulla stessa lunghezza d’onda. Confessioni di un misantropo parla di un prossimo futuro ma che è già presente ora. Uso la metafora (e il paradosso) di una dittatura che mette all’indice l’ignoranza, l’arroganza, il sopruso, lo sfruttamento per mettere il dito nella piaga purulenta della perdita di ogni ideale e valore in tutte le classi sociali. L’uso distorto dei concetti di lavoro, di libertà, di cultura, di solidarietà sono alla base di molti tragici fraintendimenti e di molte miserie. Per esempio in nome del lavoro si fanno ricatti e si coprono crimini contro l’umanità come inquinamenti taciuti, tragedie ambientali e strutturali. Ci sono migliaia di esempi».Ma Claudio Pozzani che mestiere fa?«Sono 45 anni che mi sento rivolgere la domanda: “Ma tu che mestiere fai?” e solo perché sono poeta e non può essere considerato un lavoro vero, così la maggior parte di ruoli legati all’arte e alla cultura. Anche qui, basterebbe fare un articolo 1 della Costituzione più completo ed elevato: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro, sull’arte e sulla cultura”. Questa è la verità. La cifra dell’Italia è l’arte, la cultura e la creatività in genere e questo doveva essere sancito nell’articolo fondamentale della nostra Costituzione. L’unico passo in avanti come evoluzione umana sarebbe quello di separare il concetto di lavoro da quello di sopravvivenza. Solo in una società di schiavi si lavora per poter mangiare e campare. Il lavoro deve essere il coronamento delle tue professionalità, del tuo talento, delle tue aspirazioni, della tua capacità di collaborare con gli altri per raggiungere un fine. Solo in questo modo il lavoro può dare dignità, altrimenti è solo un mezzo per soddisfare bisogni primari e quindi per poter essere ricattati».Nel 2017 è uscita una selezione antologica della sua poesia: il titolo, Spalancati spazi, ricorda lo slogan che è associato al Festival Internazionale di Poesia, ovvero Parole spalancate. Poesia e cultura per lei significano aprire, scardinare? Non è in contrasto con una visione elitaria dell’atto poetico così come si evince da opinioni espresse nei circoli, nelle riviste, sui blog e dai poeti dei nostri giorni?«Penso che il poeta sia un artista solitario. Spesso è anche una creatura solitaria. Mi ritrovo molto nelle poesie di Sbarbaro, permeate dalla consapevolezza di essere soli in mezzo alla folla. Sul fatto della mia attrazione verso la parola “spalancato”, che ho usato sia per il mio Festival sia per la mia raccolta, devo dire che l’accoppiata è stata casuale, derivante da due scelte fatte con percorsi distinti. Il nome Parole spalancate per la rassegna l’ho scelto quando il gioco di parole iniziale (Genovantacinque, Genovantasei, ecc) si era interrotto nel 2000. Allora ho pensato a cosa potesse riassumere la filosofia del Festival e per me era l’apertura, la mancanza di barriere. In più ho aggiunto la malizia di un doppio senso in dialetto genovese: le palanche sono i soldi e “spalancato” è qualcosa che ne ha pochi... Nonostante sia da quasi 30 anni il festival di poesia più grande in Italia, le sovvenzioni sono sempre più risicate e devo fare i salti mortali per mantenere un livello di eccellenza internazionale. Invece, per quanto riguarda il titolo della raccolta Spalancati spazi, deriva da un verso della poesia La realtà della speranza alla quale sono molto legato. In verità il titolo mi è stato suggerito da un’amica e l’ho trovato subito appropriato, specialmente per una certa spiritualità e tendenza all’elevazione che sento nei miei testi e poi anche per il fatto che su cento reading ne faccio novanta all’estero. Questo deriva da un’arcaica mentalità che ancora imbeve molte parti della poesia italiana, dove resistono orticelli, parrocchie, circoli che invitano solo i propri aderenti e quindi è difficile che ospitino un cane sciolto come me».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.