
Quella di Davide Casaleggio è una visione illiberale. Trasformare la democrazia in un votificio online non migliora la qualità delle decisioni pubbliche. E la Repubblica non è un blog.Ho letto l'intervista rilasciata ieri da Davide Casaleggio alla Verità, con l'interesse che si deve alle opinioni di un avversario politico. Il quotidiano fa un ottimo lavoro a stimolare il dibattito su un tema così importante e visionario come il futuro della democrazia.C'è però un passaggio dell'intervista che a mio parere non può essere sottaciuto, anzi va evidenziato e denunciato fermamente: quello in cui Casaleggio evoca la possibilità di chiudere il Parlamento e di sostituirlo con sistemi «più efficaci» - come dice lui - di democrazia diretta online.Tralascio tutti i precedenti storici, molto più drammatici, di chi ha proposto la chiusura dei parlamenti. È finita quasi sempre con la perdita della libertà e dei diritti individuali dei cittadini (il centrodestra si chiamava un tempo Casa delle libertà proprio in opposizione a una sinistra che aveva fatto poco e male i conti col suo passato antiliberale). Nel merito, non sottovaluto la necessità di riforme, costituzionali e regolamentari, per snellire e velocizzare le procedure parlamentari, o anche per dare maggiore peso e cogenza alle proposte di iniziativa popolare. Come dimostra il caso svizzero, d'altronde, la democrazia diretta è uno strumento potente di affrancamento e di assunzione di responsabilità dei singoli cittadini rispetto alle grandi questioni della società. Ma quel che Casaleggio non vede o fa finta di non vedere è che la democrazia rappresentativa non è un sistema in cui banalmente alcune centinaia di privilegiati premono bottoni per conto del popolo. La democrazia rappresentativa è il luogo in cui le donne e gli uomini scelti dagli elettori si confrontano, elaborano proposte, si controllano a vicenda, contribuiscono a creare le opinioni politiche sulle grandi e sulle piccole questioni del nostro tempo, difendono e rappresentano la propria comunità territoriale di elezione. Tutto in assoluta trasparenza e - secondo una espressione molto bella della Costituzione - «nell'interesse esclusivo della Nazione». È una mera illusione pensare che trasformare la democrazia in un «votificio online» migliori la qualità delle decisioni pubbliche e renda i cittadini più forti e ascoltati.Ci siamo battuti contro la sbilenca riforma costituzionale di Matteo Renzi e Maria Elena Boschi perché disegnava un quadro istituzionale ancora più confuso e inefficiente di quello attuale. E ci batteremo contro la visione illiberale sulla forma di governo evocata da Casaleggio. Rilanceremo con forza e sempre maggiore convinzione la nostra opzione di modernizzazione: una riforma in senso presidenzialista della repubblica italiana, un modello in cui un rafforzamento dei governi si accompagnerebbe a un rafforzamento del Parlamento, non certo a un suo svilimento. Il presidente degli Stati Uniti d'America, per fare un esempio, non può essere sfiduciato e può porre il veto a qualsiasi legge parlamentare, ma deve ogni anno sudare le sette camicie affinché il Congresso (cioè il Parlamento americano) gli voti il bilancio. Senza quel voto cruciale, il presidente è paralizzato. Anche nel sistema semipresidenziale francese c'è un robusto sistema di pesi e contrappesi, a cui l'Italia potrebbe ispirarsi per una innovazione concreta della sua forma di governo, che concili maggiore governabilità con una forte legittimità democratica degli eletti. Ma all'abolizione del Parlamento diciamo sonoramente No, tanto più se viene immaginata la sua sostituzione con una piattaforma Rousseau 2.0. Il M5s è libero di continuare a usare quel sistema per le decisioni interne (con tutta l'opacità che porta con sé, denunciata, per esempio, dal Garante della Privacy ma questo non è giudizio che compete a me dare), ma la Repubblica italiana è qualcosa di più grande e prezioso di un blog fattosi partito.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».
Antonio Scoppetta (Ansa)
- Nell’inchiesta spunta Alberto Marchesi, dal passato turbolento e gran frequentatore di sale da gioco con toghe e carabinieri
- Ora i loro legali meditano di denunciare la Procura per possibile falso ideologico.
Lo speciale contiene due articoli
92 giorni di cella insieme con Cleo Stefanescu, nipote di uno dei personaggi tornati di moda intorno all’omicidio di Garlasco: Flavius Savu, il rumeno che avrebbe ricattato il vicerettore del santuario della Bozzola accusato di molestie.
Marchesi ha vissuto in bilico tra l’abisso e la resurrezione, tra campi agricoli e casinò, dove, tra un processo e l’altro, si recava con magistrati e carabinieri. Sostiene di essere in cura per ludopatia dal 1987, ma resta un gran frequentatore di case da gioco, a partire da quella di Campione d’Italia, dove l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti è stato presidente fino a settembre.
Dopo i problemi con la droga si è reinventato agricoltore, ha creato un’azienda ed è diventato presidente del Consorzio forestale di Pavia, un mondo su cui vegliano i carabinieri della Forestale, quelli da cui provenivano alcuni dei militari finiti sotto inchiesta per svariati reati, come il maresciallo Antonio Scoppetta (Marchesi lo conosce da almeno vent’anni).





