2025-07-20
Alta tensione tra Vaticano e Netanyahu
Chiesa colpita a Gaza (Getty)
Il segretario di Stato Pietro Parolin a gamba tesa sulla chiesa colpita a Gaza: «Legittimo dubitare che il raid sia stato un errore». L’accusa a Israele: 100 morti in un giorno solo, di cui 37 in coda per gli aiuti umanitari. Benjamin Netanyahu e Leone XIV si sentono al telefono.Continuano le tensioni tra Israele e Vaticano: le azioni di Gerusalemme sono sotto la lente di ingrandimento della Santa Sede, in attesa che si faccia luce sul raid israeliano che ha colpito la chiesa della Sacra famiglia a Gaza.A intervenire in merito è stato il segretario di Stato della Santa Sede, Pietro Parolin, in un’intervista al Tg2 Post. Oltre a definire quella nella Striscia «una guerra senza limiti», ha chiesto che si faccia chiarezza sull’attacco. E non esclude che non sia stato «un errore».L’inchiesta promessa da Gerusalemme deve infatti definire «se è stato veramente un errore, cosa di cui si può legittimamente dubitare» oppure «se c’è stata una volontà di colpire direttamente una chiesa cristiana, sapendo quanto i cristiani sono un elemento di moderazione proprio all’interno del quadro del Medio Oriente e anche nei rapporti tra palestinesi ed ebrei», ha spiegato il segretario di Stato del Vaticano. E in tal caso sarebbe evidente «ancora una volta, una volontà di far fuori qualsiasi elemento che possa aiutare ad arrivare a una tregua perlomeno e poi a una pace». Parolin, pur ribadendo che il Vaticano è disponibile a mediare, ha sottolineato come sia «tecnicamente molto difficile in questo momento andare oltre», visto che «la mediazione» è possibile «soltanto» quando «le due parti» del conflitto «l’accettano».Le dichiarazioni del segretario di Stato della Santa Sede arrivano poco dopo il colloquio telefonico tra papa Leone XIV e il premier israeliano, Benjamin Netanyahu. La conversazione tra i due sarebbe stata «bonaria e amichevole» secondo Gerusalemme, mentre dal Vaticano trapela tutt’altro tono. Infatti, il Pontefice «ha espresso nuovamente preoccupazione per la drammatica situazione umanitaria della popolazione a Gaza il cui prezzo straziante è pagato in modo particolare da bambini, anziani e persone malate», ha reso noto il comunicato della Santa Sede. Il Papa ha anche ripetuto a Netanyahu «l’urgenza di proteggere i luoghi di culto e soprattutto i fedeli e tutte le persone in Palestina ed Israele». A commentare la telefonata è stato lo stesso Parolin: «Credo che sia stata opportuna, non si poteva non informare direttamente il Papa di quanto è successo, che è di una gravità assoluta» ha detto sempre al Tg2 Post, esortando però Israele «dopo tante parole» a dare «spazio ai fatti». E a vedere con i propri occhi la distruzione della chiesa a Gaza è stato il cardinale Pierbattista Pizzaballa che, all’indomani del raid, ha portato aiuti e beni di prima necessità, oltre a offrire conforto ai feriti e alla comunità cristiana. Anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è espresso su quanto successo, affermando che in questi conflitti «non ci si limita più solo al pur triste compito di colpire soldati contrapposti ma si spara e uccide su luoghi di preghiera, in luoghi in cui si distribuisce acqua e pane e si colpiscono soccorritori che prestano aiuto ai feriti». Il rischio è che prenda piede «una spirale di risentimenti, di odio, di contrapposizioni che genera a sua volta costantemente altre violenze».E al governo israeliano si sono di nuovo rivolti ieri i genitori degli ostaggi per chiedere che termini la guerra e che tornino a casa i loro cari. Su questo fronte, il presidente americano, Donald Trump, ha comunicato che «a breve» altri dieci ostaggi saranno liberati. A non garantire questa possibilità, poco prima, è stato però Abu Obeida, portavoce delle brigate Al-qassam, ovvero l’ala armata di Hamas: «Se il nemico è irremovibile e rifiuta questo round» di negoziati, «allora non garantiamo un ritorno alla formula di accordi parziali né alla proposta di rilascio di dieci prigionieri». Tra l’altro, sempre riguardo al tema delle trattative, secondo il Times of Israel, il ritardo di Hamas nel rispondere alle mappe aggiornate sul ritiro dell’Idf è dovuto anche al tempo necessario per trasmettere gli aggiornamenti ai leader di Hamas, dato che sono nascosti nei tunnel. Nel frattempo, nella Striscia, stando a quanto riportato da Al Jazeera, sono state uccise oltre 100 persone dall’alba di ieri, di cui 37 mentre aspettavano gli aiuti nei centri di distribuzione gestiti dalla Gaza humanitarian foundation (Ghf). Alcuni testimoni hanno raccontato che l’Idf avrebbe iniziato a sparare indiscriminatamente «tra le 5 e le 6 del mattino». A smentire i racconti è la stessa Gaza humanitarian foundation: «L’attività delle Idf che ha causato vittime è avvenuta ore prima dell’apertura dei nostri siti e, a quanto ci risulta, la maggior parte delle vittime si è verificata a diversi chilometri di distanza dal sito Ghf più vicino», si legge nella dichiarazione. L’esercito israeliano ha intanto affermato che «l’incidente», che sarà sottoposto a «verifiche», è accaduto «a un chilometro di distanza dal punto di distribuzione più vicino e durante la notte, quando il sito non era aperto». L’Idf ha incolpato quindi «i palestinesi che si sono avvicinati alle forze israeliane», costituendo «una minaccia».
Rod Dreher (Getty Images)