2023-10-28
Chiede il porto d’armi, il giudice gli dà un Pos
Pasticcere lodigiano, preoccupato per le rapine quando raccoglie i contanti dai suoi negozi, fa richiesta per poter avere una pistola. Il Tar rigetta: se ha paura dei banditi basta farsi pagare con la carta di credito. Secondo le toghe la difesa «non è un diritto assoluto».Un ristoratore di Lodi ha tre attività, tra le quali un bar e una pasticceria e tutti i giorni viaggia con molto denaro contante frutto degli incassi della giornata. Ha chiesto al Tar il porto d’armi spiegando che si sarebbe sentito più sicuro con una pistola addosso ma il Tar ha risposto di no. Usi il pos e i pagamenti elettronici e così limiterà i rischi. Questa sentenza mi fa venire in mente un gioielliere veneto che dopo aver subito varie rapine e sparatorie si rivolse alla prefettura, o forse alle forze dell’ordine direttamente - non ricordo bene - e gli fu detto di trasferire la gioielleria da un’altra parte perché quella zona era troppo insicura; è un fatto vero, non sto raccontando una barzelletta anche se in effetti, secondo me, nei due casi di barzelletta si tratta. Nella sentenza del Tar si sostiene che non ci sono gravi pericoli per la sua incolumità visto che l’uomo potrebbe limitare sensibilmente i rischi limitando «la circolazione del denaro contante e avvalendosi di mezzi di pagamento alternativi». Il Tar sottolinea anche che «il porto e la detenzione delle armi non costituiscono oggetto di un diritto assoluto» ma che devono essere verificate tutta una serie di condizioni perché siano rispettate «l’ordine pubblico e la tranquilla convivenza della collettività». Come se il povero pasticcere avesse chiesto il porto d’armi convinto di dare una svolta alla sua vita e di girare a Lodi e nelle campagne adiacenti Rambo IV. Non mettiamo in dubbio che il porto d’armi non costituisca un diritto in assoluto ma, ad oggi, non costituisce un diritto assoluto anche pagare non in contanti e non può il nostro pasticcere di Lodi apporre un cartello fuori del bar o della pasticceria o di ambedue nel quale scriva così: «Qui si paga solo con metodi elettronici. Sennò, non avendo il porto d’armi, quando trasporto il contante, possono essere cazzi amari». Il pasticcere dovrebbe fare una specie di opera di proselitismo con tutti quelli che frequentano i suoi locali e che pagano in contanti trattandosi spesso anche di cifre minime, tipo un caffè, un cappuccino con la brioche, un succo d’arancia, una crostatina, un po’ di bignè e un cannolo siciliano. Sarebbe interessante sapere se tutti quelli del Tar, quando vanno al bar, pagano con moneta elettronica, mi piacerebbe fare degli appostamenti ma non posso perché incorrerei in un reato e in quel caso non mi toglierebbero solo il porto d’armi, che non ho, ma mi toglierebbero anche il diritto di circolazione che invece mi serve. Perché, se è vero che il porto d’armi non è un diritto assoluto, il contante con cui si può pagare - recentemente elevato fino a 5.000 euro - non è sottoposto a un divieto di essere utilizzato. Quindi se il porto d’armi non è un diritto assoluto, il pagamento in modalità elettronica non è un dovere assoluto, e quindi tale diritto e tale dovere vanno in contrasto, e da questo punto di vista ci pare che la sentenza emessa dal Tar mostri qualche punto debole, per dirla elegantemente. Tra l’altro c’è anche da dire che il commerciante richiedente il porto d’armi lo aveva già avuto in passato senza che fossero state rilevate infrazioni o cattivo uso dello stesso. Quindi quelle verifiche atte a non rendere tale porto non pericoloso per la convivenza civile erano già state ampiamente provate dal retto comportamento del pasticcere. Ora, considerato il livello di sicurezza delle città italiane, soprattutto in termini di furti e rapine, non è irrazionale la paura del pasticcere, è una paura reale, cioè che ha fondamento nell’andamento della società a questo riguardo. Quel pasticcere lì non va in giro a cavallo con il cappello in testa e l’eventuale pistola nel fodero, modello far west, non ha chiesto il porto d’armi per giocare con la pistola, lo ha chiesto come strumento di difesa, anzi, di legittima difesa, nel caso di incontro con qualche malintenzionato. Del resto, le aziende di portavalori non vanno a ritirare gli scontrini dei pos, delle carte di credito o di quant’altro, vanno a ritirare il contante, detto anche moneta liquida, immediatamente spendibile. La sicurezza personale di questo pasticcere è un diritto o no? Può essere che si pensi veramente che tale pasticcere possa convincere tutti i suoi clienti a pagare col pos per sentirsi più sicuro? In punto di diritto, cioè secondo quanto il diritto prevede, il Tar avrà fatto le sue considerazioni, in punto di fatto, che allude invece a ciò che accade nella realtà al netto della valutazione giuridica, si riscontra insicurezza per chi trasporta denaro soprattutto quando il soggetto compie tutti i giorni lo stesso percorso e, d’altra parte, non si può chiedere al pasticcere di passare da Civitavecchia prima di recarsi alla banca che dista dal suo esercizio commerciale un chilometro, per sviare i teppisti. Ma c’è un’altra fattispecie del punto. Dopo aver visto in punto di diritto e in punto di fatto dobbiamo anche considerare «in punto di morte». Perché, purtroppo, sono molti i casi in cui si è trovato in questa situazione un commerciante che, come unica possibilità di difesa, aveva appunto la legittima difesa che generalmente non consiste nel fare a botte col ladro ma consiste nell’avere qualche strumento immediato di difesa. Sarebbe interessante sapere dal Tar, escluso il pos, quali possono essere altri sistemi di difesa.