2020-05-12
«Chi nell’Ue ci attacca dimentica di essere un figlio dell’Impero»
Valerio Massimo Manfredi (Matteo Nardone/Pacific Press/LightRocket via Getty Images)
L'archeologo Vittori Massimo Manfredi: «Roma ha dato radici anche ai “popoli del Nord". Trattarci come untori è un insulto alla storia del continente».«A me, la pandemia del covid fa pensare alla cosiddetta “peste antonina"».Come mai? «Deformazione professionale. Fu una delle più grandi catastrofi sanitarie dell'età classica, e ha molto da insegnarci». Ad esempio? «La facilità con cui si può precipitare nel dramma. La durezza del colpo che una epidemia può impartire ad una civiltà». Che proporzioni ebbe?«La sola Roma aveva un milione di abitanti». Non conosciamo il tasso di contagio. «Ma la percentuale di mortalità sì: uno su tre, o su due, non sopravvisse. Un terzo dell'umanità di allora». Valerio Massimo Manfredi è uno degli autori italiani più letti nel mondo, il grande raccontatore della classicità. Polemista caustico, «innamorato perso» dell'Italia, della sua storia e della sua cultura, animato da grande passione civile. Nasce archeologo, diventa una firma a Il Giornale di Montanelli per i suoi reportages, oggi è un fine cesellatore di best seller: il suo Scudo di Talos ha venduto un milione di copie. Negli ultimi ha partecipato a sette spedizioni archeologiche. Si dibatte sulle radici dell'Europa, che oggi rischia di dividersi sugli aiuti e sul Covid. «Dobbiamo incazzarci, dovremmo avere più orgoglio, più consapevolezza. Non dobbiamo accostarci alla storia dell'impero con un sorriso di superiorità».Cioè?«Pensiamo che il mondo sia nato oggi, accettiamo la tesi singolare che l'Europa sia stata unita dall'euro». E non è così?«L'Europa è stata modellata, plasmata, inventata dall'impero. Da noi italiani e da tanti popoli che si riconobbero in quel progetto. L'Europa ha avuto la sua prima moneta unica nel sesterzio: ed è diventata “una" quando è stata... “connessa"». Connessa? «Dall'età di Augusto in avanti tutto l'impero era collegato con il massimo della tecnologia che quella civiltà potesse esprimere». Le strade? «Non solo: le comunicazioni. Un manoscritto spedito da Roma arrivava a Cesare, in Spagna, in otto giorni, come un pacco nel tempo di Amazon. Ogni 25 miglia c'era una stazione di sosta. Ogni stazione si cambiava il cavallo, e ogni due anche il conducente. Non si fermavano mai».Come accadeva?«Con 80.000 chilometri di strade pavimentate, il doppio dell'equatore. Soffro a sentir parlare quei tipi...».Chi?«Chi oggi ci guarda dall'alto in basso: non fosse che per questo - uso un termine prosaico - devono andare a cagare».Spieghiamogli qualcosa. «I cosiddetti “popoli del Nord Europa" dovrebbero sapere cosa accadde quando Druso andò a combattere i germanici». Un capo militare di 25 anni. «Esatto. Guardò il Reno e disse: “Perché questo fiume piega a sinistra? Facciamo un canale dritto che porta nello Zuiderzee". Per rendere il fiume più velocemente navigabile». E ci riuscirono. «Scherzi? lo deviarono di 32 chilometri per accorciare la percorrenza, mutarono la storia per sempre. Erano ingegneri idraulici e signori delle infrastrutture quando il resto del mondo costruiva in legno». Una superpotenza tecnologica.«Pensa agli acquedotti - Roma riceveva un milione di metri cubi di acqua potabile al giorno - alle strade e, ovviamente, ai ponti». Che non cadevano. «Molti popoli «barbari» lottarono contro i barbari al fianco dei romani perché l'impero era inclusivo». Più dell'Europa sul Coronavirus?«Certo! La romanitas non era una teoria sulla razza, un club di ottimati dell'economia e nemmeno una discendenza: era una idea di cittadinanza universale». I confini di quell'impero erano lontani. «La Britannia arrivava fino al vallo Adriano. Una muraglia-fortezza di novanta chilometri da mare a mare, nella Scozia odierna».E dal punto di vista demografico?«Un terzo dell'umanità viveva nei confini dell'impero Romano. Il confine alpino lo costituiscono due ragazzi. Druso, di cui ho appena parlato, e suo fratello Tiberio». Perché mi parlava della peste «antonina»?«Per molti studiosi fu uno dei fattori che accelerarono la decadenza di Roma. Nella Roma sfavillante di Marco Aurelio la peste arriva con i soldati che tornano vincitori dalla guerra contro i Parti. Con i reduci dell'Iraq».Ecco l'analogia: il Covid colpisce il mondo della ricchezza e della globalizzazione nel suo momento più alto. «Proprio così. Morì l'imperatore Lucio Vero nel 169. E la seconda ondata si ripresentò dopo nove anni». Però si rivelò al mondo un grande scienziato. «Galeno! E dopo quel flagello cambiò il paradigma di un intero pianeta». Si è detto: italiani appestatori. «Stupidità, pregiudizio, luoghi comuni. Dall'impero in poi abbiamo regalato all'Occidente la civiltà e il concetto di vita che ispira l'Umanesimo. Dopo l'anno Mille dall'Italia si riaccende si irradia la luce, con nuovi valori e nuove speranze». Cosa abbiamo riscoperto, malgrado il dolore? «La solidarietà. Fossi stato infermiere sarei corso a Bergamo volontario, come mi capitò di fare da ragazzo in Friuli. Con gruppo di giovani, a 18 anni, mi recai a Gemona, tra i paesi annientati dal terremoto: l'A1 intasata dalle macchine di chi andava ad aiutare. Brividi». Le capitò ancora?«Nel 1980 andammo con una Land Rover in Irpinia. Eravamo reduci dello scavo Anabasis. Dormivamo con il sacco a pelo a terra, a Torella dei Lombardi, Avellino». A far cosa?«Ricomponemmo in un cortile l'intero frontale di una Chiesa. Masso dopo masso, a braccia, da soli. All'inizio gli alpini della Julia ci guardavano: “Ma chi sono questi professorini? Che vogliono?". Poi ci videro con le pietre e ci invitarono a cena». Un arruolamento. «Il giorno dopo ci diedero anche uno scavatore per finire. La grandezza di un Paese». Mi vengono in mente le bare di Bergamo. «È stato terribile rinunciare ai funerali. Quando fin dalle elementari i tuoi insegnanti ti fanno capire chi siamo, devi salvare anche madonne e lapidi». Perché? «Noi siamo questo: la civiltà greco-romana, innervata nella storia del cristianesimo, le nostre radici». La sento commosso. «Torno a Marco Aurelio. Mi fa venire in mente uno slogan del 1968: gli intellettuali al potere. Devi capire, avere un progetto. Una visione. Lui l'aveva». Oggi ci manca.«Infatti temo egoismi e sentimenti miseri». Ad esempio?«Una volta, con degli amici produttori cinematografici, pranzammo al Pantheon. E lì ritrovai questo pensiero. Avevamo un amico alla Fao, di un piccolo Paese del Nord Europa. Era il 2012. Tutto il mondo rideva di Berlusconi e il signore si permise di dirmi: “Ehhh italiano bunga bunga"». E lei? «Gli chiesi di smettere. Proseguì. Mi infuriai. “Non lo amo, non l'ho mai votato, ma è il mio primo ministro", dissi. La penso ancora così. Non ho mai permesso a nessuno, nel mondo, di irriderci. Mai». Come finì il duello? «Mi alzai, indicai l'iscrizione latina sul Pantheon: “La vedi? Marcus Agrippa L.F. fecit. Questi siamo noi. Voi avete le renne e babbo natale"». Sublime. «Ti dicevo di Galeno: uno con le palle, uno che fonda una scuola, tant'è vero che ancora oggi si parla di «preparati galenici». Sai che Pericle si ammalò di peste perché consapevolmente si accasciò sul corpo del figlio morto? Qui nasce l'umanesimo, la sua radice». E poi? «Vai a vedere il vallo Adriano appena puoi. Scoprirai che ogni X chilometri i romani avevano un ospedale!Più posti letto di noi. “Uhhh! Con condizioni igieniche straordinarie, chirurgia! E le lettere di soldati convalescenti in Scozia ai genitori". Che dicevano? «Ne ricordo uno: “Papà, qui fa un freddo maledetto mi puoi far traferire in Marina?". Ah ah ah». Protoraccomandazioni. «Ce n'erano molte. Ma usavano come balsamo il terriccio delle paludi, lo stesso che ha conservato come fosse sotto formalina la testa di un decapitato a Copenaghen». Incredibile. «La storia è meno lontana di quanto immaginiamo, soprattutto in questi giorni». Lettura da quarantena? «Sono tornato al Bellum iudaicum di Flavio Giuseppe. Un ebreo, romanizzato e assimilato da Tito. Dopo di lui Pompeo occupò la Palestina: poi ci furono prefetti e governatori. Ma sempre guerriglia». Anche prima di Cristo?«Uhhhh... "La terra promessa era stata data da Dio" al popolo eletto, pagare le tasse all'imperatore per un palestinese era una bestemmia». Si capisce. «Lo sai che «sicario», viene da sica, cioè «pugnale»? Era meglio trovare accordo, ma Roma non ci sentiva. Sette capi ribelli prima di Cristo si proclamarono messia, e quindi re». Senza successo. «Lo sai che i ladroni vicino a Cristo non erano “ladri"? Roma li definiva così perché saccheggiavano le case dei collaborazionisti dell'impero». «Una sporca guerra», diremmo oggi.«Il primo dei resistenti si chiamava Giuda di Galilea. Aveva fatto così tanti massacri che i romani reagirono con duemila crocifissioni».Perché l'impero, tanto generoso con i popoli alleati trova il suo Vietnam in Palestina? «Temeva i Parti. La Palestina era l'ultimo diaframma che separava i due imperi. Se fosse caduto, i Parti sarebbero arrivati al mare e Roma avrebbe perso l'Africa e il Mediterraneo». Capisco: vinci una guerra decisiva, ma poi la peste ti spazza via. «Esatto. Lo sai che anche la peste manzoniana arrivò da un lanzichenecco?». Cioè un tedesco. «Un altro ricorso storico del Covid. Anche a Piumazzo, dove abito, morirono uno su cinque, 175 morti». Siamo partiti da Marco Aurelio, siamo passati per il vallo Adriano, l'umanesimo, la peste manzoniana, i terremoti, le nuove epidemie. «Lo so, è una storia terribile: sangue, morte, violenza, orrore. Poi si accende la scintilla e tutto riparte». Anche dopo questa terribile crisi economica?«Se non ci dimentichiamo chi siamo, sì. Io lo so, perché sono un archeologo. Il mio mestiere è questo: raccontare chi siamo, da dove veniamo. E soprattutto cosa possiamo creare».