2020-11-09
Chi ha le rotelle e chi no
Il bando predisposto da Domenico Arcuri prevedeva che le attrezzature scolastiche fossero completate entro il 31 agosto. La scadenza è slittata all'8 settembre e ancora al 31 ottobre. A oggi manca ancora il 20%. Cronaca di un fallimento.Il segretario della Uil Scuola Pino Turi: «Il problema del distanziamento nelle aule si risolve con più insegnanti Assurdo cambiare tavolini se restano le classi pollaio. La ministra Azzolina non ha cultura di governo»Lo speciale contiene due articoliChissà che finalmente non sia arrivata la settimana giusta, quella definitiva. Almeno così pensano alla struttura commissariale di Domenico Arcuri: «Nei prossimi giorni diffonderemo una nota conclusiva sui banchi», si lasciano sfuggire. A oggi, siamo fermi alle percentuali: «L'80% dei 2,4 milioni di banchi ordinati è stato consegnato», ha spiegato il commissario in un'intervista al Fatto Quotidiano. A spanne, insomma, ne mancherebbero poco meno di mezzo milione. Il programma per l'imballaggio, il trasporto e la consegna si sarebbe dovuto esaurire, secondo il bando, il 31 agosto. Di proroga in proroga, si è arrivati all'8 settembre prima e al 31 ottobre poi. La promessa del commissario di «soddisfare l'intero fabbisogno richiesto» entro la fine del mese scorso è rimasta lettera morta: la fornitura non è ancora stata ultimata, nelle scuole italiane continuano ad arrivare banchi monoposto e sedute innovative. Ora che gli istituti sono stati dimezzati per decreto, come scrivono alcune sigle sindacali, gli arredi restano inutilizzati, parcheggiati in attesa che tutti i ragazzi facciano ritorno in classe. «Le imprese dell'Ati sono pienamente all'interno del programma di consegna, almeno secondo i contratti siglati con Invitalia», spiega alla Verità Luca Trippetti, responsabile Assufficio di FederlegnoArredo. Capofila dell'associazione temporanea di impresa vincitrice del bando Arcuri è la veneta Mobilferro, a cui si aggiungono altre 6 imprese associate a FederlegnoArredo, tra cui Vastarredo, Sud Arredi e la Camillo Sirianni. Il lotto complessivo prevede la fornitura di 500.000 banchi monoposto e 130.000 sedute tradizionali. «I ritardi», continua Trippetti, «sono da imputare a questioni logistiche: le imprese e la struttura commissariale hanno dovuto ridefinire le aree prioritarie perché non coincidevano con quelle iniziali. In alcune scuole, per esempio, i banchi non potevano essere consegnati perché gli istituti erano impegnati nelle operazioni di sanificazione. In altre, è stato necessario sopperire alle difficoltà delle imprese estere». Che la strada della consegna sarebbe stata complicata, lo si era intuito già nelle prime fasi della telenovela banchi. L'avviso di gara, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 24 luglio scorso, riportava un quantitativo enorme: fino a 1,5 milioni di banchi monoposto, fino a 1,5 milioni di sedute scolastiche di tipo innovativo e 700.000 sedute complementari. Numeri da record, specie se parametrati ai tempi di consegna ridotti all'osso. «L'indagine avrebbe dovuto essere condotta in maniera più accurata», ricorda ancora Trippetti. «La fornitura è stata fatta in base alle richieste delle scuole, ma la domanda era mal posta: agli istituti è stato chiesto di indicare il fabbisogno complessivo, invece sarebbe stato più utile conoscere solo il numero dei banchi monoposto necessari per sostituire quelli biposto. Qual è l'urgenza di sostituire delle sedute monoposto già esistenti? Allargare il volume delle consegne ha finito inevitabilmente per rallentarle». Come spiega uno dei fornitori della struttura commissariale, è stato necessario cambiare le condizioni in corsa: numeri e tempi non stavano insieme. Per questo sono stati ridotti i quantitativi ed è stato allargato lo spettro dei fornitori, anche a soggetti esteri. Tra le quattro aziende straniere destinatarie di un affidamento diretto, è spuntata la svedese Kinnarps, una delle più grandi società di design per interni in Europa, con operazioni in 40 Paesi e un fatturato annuo di 420 milioni di euro. Conoscere dettagli ulteriori sugli accordi è impresa ardua. I contratti restano top secret. Per giorni, la struttura commissariale ha tenuto nascosti perfino i nomi dei vincitori del bando. Quel poco di documentazione pubblicata sul sito del governo, è rimasta disponibile soltanto per poche ore. Come raccontato dalla Verità, tra gli assegnatari figurava anche la Nexus made srl, una piccola azienda di Ostia con un solo dipendente e un fatturato di appena 400.000 euro. Poco per giustificare una commessa da oltre 45 milioni. Il 9 settembre la Nexus è sparita improvvisamente dall'elenco dei contratti stipulati, per mancanza «dei requisiti di idoneità professionale, nonché della capacità tecnico-economica essenziali per l'esecuzione del contratto». Spiega ancora Trippetti: «Invitalia ha chiesto la massima discrezione sui contratti, per questo le informazioni non arrivano: il riserbo nella fornitura fa parte del contratto».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/chi-ha-le-rotelle-e-chi-no-2648673205.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="con-tutto-quel-denaro-sprecato-era-meglio-assumere-nuovi-prof" data-post-id="2648673205" data-published-at="1604864930" data-use-pagination="False"> «Con tutto quel denaro sprecato era meglio assumere nuovi prof» «Stiamo spendendo una montagna di soldi, ma non avremo una scuola migliore rispetto a quella che abbiamo lasciato. La miopia politica impedisce di agire con una visione. In questo triste gioco dell'oca, siamo sempre al punto zero». Al punto zero, di nuovo. Come a marzo, di fronte alla crescita dei contagi, le scuole restano chiuse, in tutto o in parte. A rimetterci, questa è la convinzione di Pino Turi, segretario generale Uil Scuola, saranno gli studenti, che rischiano di perdere un altro pezzo della loro formazione, dopo quello hanno già «lasciato per strada lo scorso anno». Segretario Turi, si è discusso per mesi delle sedute innovative, i famosi «banchi a rotelle». La fornitura non è ancora stata ultimata: nonostante i proclami del commissario all'emergenza, Domenico Arcuri, ne manca ancora il 20%. «Quella dei banchi è stata una politica sbagliata, sin dall'inizio. Il problema del distanziamento non si risolve in questo modo. Ci volevano più docenti, non più banchi». Qualcuno obietterebbe: il calo delle nascite in Italia finirà per impattare anche sul numero dei docenti. Perché incrementarlo ora? «In questi anni si è generata la falsa convinzione che non servano nuovi docenti. Alla situazione eccezionale che stiamo vivendo, si risponde con interventi eccezionali: investire sulle persone sarebbe stata la strada migliore. Si è preferito imboccare il sentiero più facile, senza una visione per il futuro». Ci sono arredi scolastici vecchi di 40 anni. Molti presidi hanno accolto con favore questa politica. «La fornitura dei nuovi arredi è una mera operazione di sostituzione, senza alcuna proiezione verso il futuro. Il nodo vero è un altro e non è ancora stato sciolto: non è possibile che in Italia ci siano ancora classi da 30 alunni». Le «classi pollaio» sono insostenibili di fronte a un'emergenza sanitaria come quella che ci troviamo ad affrontare. «Acquistare banchi monoposto non ha alcun senso se poi il numero degli alunni per classe resta lo stesso: 30 erano prima della pandemia, e 30 sono rimasti». Insomma, quello dei banchi è un falso problema? «Era necessario agire sulle classi, almeno le prime di ogni ciclo. Il distanziamento non lo fai con gli arredi nuovi. Intere classi sono finite in quarantena comunque: i ragazzi si sono ritrovati vicini l'uno con l'altro. Ora abbiamo i banchi, non tutti, e non abbiamo le persone». «Il nuovo dpcm ha dimezzato la scuola», avete scritto in una nota. La didattica a distanza, per il premier Conte, è stata una «scelta dolorosa». Il governo sta fallendo sull'istruzione? «La didattica a distanza non è scuola. Istruire non significa trasferire delle conoscenze. La scuola è fatta di esperienze, si tratta di socializzare, di far sorgere dei dubbi ai ragazzi. Insomma, di guardarsi negli occhi, non di comunicare attraverso lo schermo di un computer». A proposito di computer, circa 300.000 studenti ne sono ancora sprovvisti e non hanno una connessione internet. «È inaccettabile che si punti sulla didattica a distanza in un Paese che si deve ancora adeguare dal punto di vista infrastrutturale. La scuola è l'unico modo per eliminare le disuguaglianze, per questo è fondamentale garantirne l'accesso a tutti gli studenti. Per farlo, bisogna riaprirle immediatamente». Almeno su questo punto si trova in sintonia con il ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina. «Sulla riapertura delle scuole siamo tutti d'accordo. Il problema è che il ministro non ha una cultura di governo. La sua esperienza politica è fatta di sola opposizione. E se sei al vertice, finisci per opporti a te stesso: la Azzolina dovrebbe rimettere i ragazzi a scuola anziché limitarsi ad auspicarne il ritorno». In che modo? Avete fatto delle proposte al ministro? «Creare le condizioni perché le scuole possano funzionare non è impossibile, ma bisogna agire in maniera interdisciplinare. Bisogna intervenire sulla sicurezza dei ragazzi, sui trasporti. Sono misure che non si prendono da un giorno all'altro, certo, ma si poteva almeno iniziare». Nel caos in cui è finita la scuola, quanto pesano le fughe in avanti dei governatori regionali? «I presidenti di Regione sono entrati a gamba tesa sulla scuola, senza conoscerne le caratteristiche attuali. Alcuni, come Michele Emiliano, si sono inventati addirittura la composizione delle classi». L'ordinanza del presidente Emiliano ha generato non poco caos, anche tra i magistrati. «La confusione generata evidenzia la completa mancanza di visione, non c'è la capacità di scegliere. Il vero problema, in questo modo, resta irrisolto: non si tratta di decidere se tenere le scuole aperte o chiuse, ma di come agire per tenerle aperte».
Nel riquadro Roberto Catalucci. Sullo sfondo il Centro Federale Tennis Brallo
Sempre più risparmiatori scelgono i Piani di accumulo del capitale in fondi scambiati in borsa per costruire un capitale con costi chiari e trasparenti. A differenza dei fondi tradizionali, dove le commissioni erodono i rendimenti, gli Etf offrono efficienza e diversificazione nel lungo periodo.
Il risparmio gestito non è più un lusso per pochi, ma una realtà accessibile a un numero crescente di investitori. In Europa si sta assistendo a una vera e propria rivoluzione, con milioni di risparmiatori che scelgono di investire attraverso i Piani di accumulo del capitale (Pac). Questi piani permettono di mettere da parte piccole somme di denaro a intervalli regolari e il Pac si sta affermando come uno strumento essenziale per chiunque voglia crearsi una "pensione di scorta" in modo semplice e trasparente, con costi chiari e sotto controllo.
«Oggi il risparmio gestito è alla portata di tutti, e i numeri lo dimostrano: in Europa, gli investitori privati detengono circa 266 miliardi di euro in etf. E si prevede che entro la fine del 2028 questa cifra supererà i 650 miliardi di euro», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert SCF. Questo dato conferma la fiducia crescente in strumenti come gli etf, che rappresentano l'ossatura perfetta per un PAC che ha visto in questi anni soprattutto dalla Germania il boom di questa formula. Si stima che quasi 11 milioni di piani di risparmio in Etf, con un volume di circa 17,6 miliardi di euro, siano già attivi, e si prevede che entro il 2028 si arriverà a 32 milioni di piani.
Uno degli aspetti più cruciali di un investimento a lungo termine è il costo. Spesso sottovalutato, può erodere gran parte dei rendimenti nel tempo. La scelta tra un fondo con costi elevati e un Etf a costi ridotti può fare la differenza tra il successo e il fallimento del proprio piano di accumulo.
«I nostri studi, e il buon senso, ci dicono che i costi contano. La maggior parte dei fondi comuni, infatti, fallisce nel battere il proprio indice di riferimento proprio a causa dei costi elevati. Siamo di fronte a una realtà dove oltre il 90% dei fondi tradizionali non riesce a superare i propri benchmark nel lungo periodo, a causa delle alte commissioni di gestione, che spesso superano il 2% annuo, oltre a costi di performance, ingresso e uscita», sottolinea Gaziano.
Gli Etf, al contrario, sono noti per la loro trasparenza e i costi di gestione (Ter) che spesso non superano lo 0,3% annuo. Per fare un esempio pratico che dimostra il potere dei costi, ipotizziamo di investire 200 euro al mese per 30 anni, con un rendimento annuo ipotizzato del 7%. Due gli scenari. Il primo (fondo con costi elevati): con un costo di gestione annuo del 2%, il capitale finale si aggirerebbe intorno ai 167.000 euro (al netto dei costi). Il secondo (etf a costi ridotti): Con una spesa dello 0,3%, il capitale finale supererebbe i 231.000 euro (al netto dei costi).
Una differenza di quasi 64.000 euro che dimostra in modo lampante come i costi incidano profondamente sul risultato finale del nostro Pac. «È fondamentale, quando si valuta un investimento, guardare non solo al rendimento potenziale, ma anche e soprattutto ai costi. È la variabile più facile da controllare», afferma Salvatore Gaziano.
Un altro vantaggio degli Etf è la loro naturale diversificazione. Un singolo etf può raggruppare centinaia o migliaia di titoli di diverse aziende, settori e Paesi, garantendo una ripartizione del rischio senza dover acquistare decine di strumenti diversi. Questo evita di concentrare il proprio capitale su settori «di moda» o troppo specifici, che possono essere molto volatili.
Per un Pac, che per sua natura è un investimento a lungo termine, è fondamentale investire in un paniere il più possibile ampio e diversificato, che non risenta dei cicli di mercato di un singolo settore o di un singolo Paese. Gli Etf globali, ad esempio, che replicano indici come l'Msci World, offrono proprio questa caratteristica, riducendo il rischio di entrare sul mercato "al momento sbagliato" e permettendo di beneficiare della crescita economica mondiale.
La crescente domanda di Pac in Etf ha spinto banche e broker a competere offrendo soluzioni sempre più convenienti. Oggi, è possibile costruire un piano di accumulo con commissioni di acquisto molto basse, o addirittura azzerate. Alcuni esempi? Directa: È stata pioniera in Italia offrendo un Pac automatico in Etf con zero costi di esecuzione su una vasta lista di strumenti convenzionati. È una soluzione ideale per chi vuole avere il pieno controllo e agire in autonomia. Fineco: Con il servizio Piano Replay, permette di creare un Pac su Etf con la possibilità di ribilanciamento automatico. L'offerta è particolarmente vantaggiosa per gli under 30, che possono usufruire del servizio gratuitamente. Moneyfarm: Ha recentemente lanciato il suo Pac in Etf automatico, che si aggiunge al servizio di gestione patrimoniale. Con versamenti a partire da 10 euro e commissioni di acquisto azzerate, si posiziona come una valida alternativa per chi cerca semplicità e automazione.
Ma sono sempre più numerose le banche e le piattaforme (Trade Republic, Scalable, Revolut…) che offrono la possibilità di sottoscrivere dei Pac in etf o comunque tutte consentono di negoziare gli etf e naturalmente un aspetto importante prima di sottoscrivere un pac è valutare i costi sia dello strumento sottostante che quelli diretti e indiretti come spese fisse o di negoziazione.
La scelta della piattaforma dipende dalle esigenze di ciascuno, ma il punto fermo rimane l'importanza di investire in strumenti diversificati e con costi contenuti. Per un investimento di lungo periodo, è fondamentale scegliere un paniere che non sia troppo tematico o «alla moda» secondo SoldiExpert SCF ma che rifletta una diversificazione ampia a livello di settori e Paesi. Questo è il miglior antidoto contro la volatilità e le mode del momento.
«Come consulenti finanziari indipendenti ovvero soggetti iscritti all’Albo Ocf (obbligatorio per chi in Italia fornisce consigli di investimento)», spiega Gaziano, «forniamo un’ampia consulenza senza conflitti di interesse (siamo pagati solo a parcella e non riceviamo commissioni sui prodotti o strumenti consigliati) a piccoli e grandi investitore e supportiamo i clienti nella scelta del Pac migliore a partire dalla scelta dell’intermediario e poi degli strumenti migliori o valutiamo se già sono stati attivati dei Pac magari in fondi di investimento se superano la valutazione costi-benefici».
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