2020-06-22
Che stangata ci aspetta
Ne parlano in pochi, ma cresce il rischio che l'autunno porti un inasprimento fiscale. Tutte le ipotesi e chi le sostiene.De Gasperi e Vanoni fecero un condono, abbassarono le aliquote al ceto medio e chiesero un contributo alle classi più agiate. Che aderirono con convinzione perché c'era un piano chiaro di rilancio. Adesso, invece, soltanto annunci.Lo speciale contiene due articoliÈ un argomento tabù, nessuno ne parla. Al momento tutta l'attenzione è per elargizioni di fondi a pioggia secondo una logica più assistenziale che di stimolo all'economia. Ma prima o poi il governo sarà chiamato a restituire i soldi avuti in prestito. La storia insegna che, in condizioni come questa, l'aumento delle tasse è la scorciatoia più battuta. I «pozzi» a cui attingere sono sempre gli stessi: la casa, il reddito fisso, i risparmi. Con un'aggravante: questa volta le tasse arriveranno anche dall'Europa. O peggio: siccome la crisi coinvolge tutta la Ue, il piano di rientro del debito potrebbe essere dettato direttamente da Bruxelles. L'atteso Recovery Fund che dovrebbe dare all'Italia 172 miliardi (sui 750 miliardi stanziati), di cui 82 miliardi a fondo perduto (da non restituire) e i restanti 90 miliardi da rimborsare da ora al 2058, non solo è un piano sottoposto a numerosi vincoli, ma contiene anche una sorpresa. Nelle pieghe è nascosto un prelievo fiscale extra di 20-30miliardi di euro l'anno, a carico dei bilanci delle grandi aziende, come rivela uno studio di Ipsoa. Ha l'aria di essere l'embrione di quella riforma fiscale europea di cui si parla da tempo.L'emergenza sanitaria ed economica che secondo numerosi istituti di ricerca sarà più grave della recessione del 2008, è stata affrontata con operazioni a deficit, ovvio massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali e a ogni sorta di sussidi, mentre sono state rinviate alcune imposte. Uno sforzo imponente, in deroga ai vincoli europei del pareggio di bilancio e del patto di stabilità, ma con risultati disastrosi sul bilancio pubblico. Bankitalia ha segnalato una crescita del debito pubblico di 36 miliardi; a fine anno salirà al 160% di Pil, dal 134% precedente l'emergenza. Il gettito delle imposte si è fermato a 24,2 miliardi, in netto calo rispetto ai 30,3 dell'aprile 2019 e ai circa 30 del 2018. Un 20% in meno. Se la tendenza continuerà così, lo Stato incasserà a maggio 8 miliardi e a giugno 10. Questo vuol dire che un trimestre di lockdown ha fatto scomparire circa 26 miliardi di euro.In attesa dei soldi del Recovery Fund, che chissà quando arriveranno (un asse di consenso tra i Paesi Ue non sembra essere né vicino né scontato), cresce il partito di chi ritiene inevitabile attingere nelle tasche dei contribuenti. C'è aria di nuove tasse, anche se nessuno osa dirlo. I Comuni hanno già lanciato l'allarme di un buco di 9 miliardi. Senza compensazioni dallo Stato, due sono le alternative che hanno di fronte gli enti locali: aumentare le imposte di loro pertinenza o tagliare i servizi. Questo significa ridurre le manutenzioni delle strade e dei giardini, le ristrutturazioni degli edifici pubblici, gli asili, i centri e le attività di assistenza agli anziani. Oppure aumentare l'addizionale comunale, le imposte di soggiorno, la tassa sull'occupazione del suolo pubblico, quella della pubblicità, o le rette dei nidi. O fare leva sull'Imu, che usualmente garantisce un gettito di 11 miliardi. Qualche voce isolata si è già fatta sentire per richiamare l'attenzione sulle possibili difficoltà di cassa. Il presidente dell'Inps, Pasquale Tridico, a marzo scorso, aveva detto che «fino a maggio non c'è un problema di liquidità». Poi aveva precisato che in ogni caso l'istituto «può contare sui trasferimenti dello Stato». Ma il messaggio era chiaro: siamo sull'orlo del baratro anche se possiamo contare sulla Tesoreria.Il governo continua a ripetere il mantra dell'«andrà tutto bene» ma il momento in cui si scontrerà con l'iceberg della realtà è vicino. Secondo gli economisti Alberto Forchielli e Fabio Scacciavillani l'Italia manifesta quasi tutti i sintomi dello stato prefallimentare. La ricetta per fronteggiare l'emergenza è quella di sempre, una sventagliata di nuove tasse, decretate dall'oggi al domani e fatte ingoiare come l'unico rimedio per evitare il default, l'arrivo della Trojka o il rischio di non poter pagare stipendi e pensioni.Romano Prodi ha indicato una strada da seguire: accettare il Mes e attingere ai risparmi degli italiani per risollevare l'economia. Ricordando poi che «giacciono in banca quasi 1.800 miliardi di liquidi e le famiglie hanno speso, in questi mesi di isolamento, 20 miliardi in meno». Ecco il tesoretto dove pescare. A stretto giro, il dem Graziano Delrio ha proposto una supertassa solidale da applicare ai redditi oltre gli 80.000 euro lordi per il biennio 2020-2021. Una batosta da 1,3 miliardi. Il ventaglio delle possibilità è ampio. Quando si parla del tesoretto dei risparmi, il pensiero va subito al colpo di mano perpetrato da Giuliano Amato nel 1992 sui conti correnti: intervenendo ora sui depositi che ammontano a circa 1.500 miliardi, un intervento analogo consentirebbe allo Stato di incassare in un sol colpo 9 miliardi. Anche la casa è da sempre nel mirino: recentemente la Corte dei conti suggeriva di ripristinare l'imposta sull'abitazione principale. Sempre in tema immobiliare qualcuno pensa di inasprire la tassa di successione, che in Italia è più vantaggiosa rispetto ad altri Paesi. Su questo tema c'è uno studio dell'Osservatorio sui conti pubblici presieduto da Carlo Cottarelli che suggerisce di aumentare la tassazione. Complessivamente questo mix di misure vale 30 miliardi. Quindi vicino ai 37 miliardi che verrebbero dal Mes. Altre leve fiscali da usare sono le addizionali che gli enti locali possono già maneggiare a loro piacere. A queste si aggiungono le imposte sui rifiuti, sull'occupazione del suolo pubblico e sulla pubblicità. Il piatto è ricco.