2023-03-07
Che noia Kusturica che fa la morale ai film di Tarantino
Emir Kusturica (Getty Images)
Il regista balcanico Emir Kusturica: «Dopo di lui uccidere è diventato banale». Ma «Pulp Fiction» non vuole insegnare niente, è estetica del male.Ma che gli è preso, a tutti quanti? Ora ci si mette persino Emir Kusturica, regista serbo-bosniaco che nemmeno con un notevole sforzo di immaginazione potremmo definire «woke». Eppure, nell’intervista uscita sull’ultimo numero di Sette, il cineasta se ne esce con una critica a Quentin Tarantino che sembra partorita da un cineforum intersezionale. Kusturica racconta di aver pensato, in passato, di girare una pellicola su temi alla Dostoevskij. Ma, chiosa, «il film non si è fatto e oggi sarebbe più difficile» perché «oggi non c’è dibattito sull’ammazzare o no una persona. E sa di chi è la colpa?». Risposta: di Quentin Tarantino. Sia chiaro, il regista balcanico riconosce la grandezza del collega americano, «lui è nella storia del cinema, ha riscritto le regole, è un Godard americano, con più ironia». Non è che non sia bravo, insomma. È che non è buono. Con Tarantino, spiega Kusturica nell’intervista, «il cinema ha preso la posizione per cui i rapporti interpersonali non si fondano sulle ripercussioni morali delle azioni, ma su una realtà fatta di ricatti e massacri. […] È reale che le persone si ammazzino senza porsi alcuna domanda? Credo di no». La filmografia dell’ex commesso del Manhattan Beach Video Archives è riassunta brutalmente: «Nelle Iene c’è il senso dell’assurdo mascherato dall’idea del dilemma. Da Pulp Fiction in poi i film sono dominati da un eroe arrogante che uccide senza domande. Dopo Tarantino, la domanda non è uccidere o non uccidere, ma come, e quale musica ascoltare nel mentre. Raskolnikov non c’è, nessuno si chiede “Uccido o non uccido?” Come la canzone dei Clash: “Devo andare o devo restare”. Tutti sono andati via, è ora di tornare a certi dilemmi». Se non è cancel culture, perché non c’è invito alla censura, è comunque «lo stesso fottuto campo da gioco», per citare Pulp Fiction. Che qualcuno si chieda, a proposito di qualcosa vista in un film, se «è reale» lascia francamente interdetti. Perché o costui non sa nulla di cinema - ma trattandosi di Kusturica, possiamo ritenere che non sia questo il caso - oppure non si sta realmente chiedendo se «è reale», bensì se «è morale». La chiusa prescrittiva («è ora di tornare a certi dilemmi») depone in effetti per questa conclusione. Ma è una prescrizione autoritaria, bacchettona e superficiale. Intanto perché non è affatto vero che Tarantino non esprima alcuna etica: il legame tra Mr Orange e Mr White ne Le Iene, la fedeltà all’eredità paterna e la pietas nei confronti del suo carnefice per Butch Coolidge o la crisi di coscienza di Jules Winnfield in Pulp Fiction, tutto il personaggio di Jackie Brown nel film omonimo, la vendetta di Beatrix Kiddo in Kill Bill, la brutta fine inflitta a Stuntman Mike in Grindhouse, la lotta contro gli schiavisti in Django e i nazisti in Bastardi senza gloria: sono tutte situazioni in cui viene inseguito un «perché» etico, non ci sono «eroi arroganti che uccidono senza domande». Ha scritto Bruce Russell in Quentin Tarantino e la filosofia (Mimesis): «Ciò che è comune a tutti i film di Tarantino è che ci siano scampoli di compassione e moralità tra questa gente dura e senza scrupoli». Ma non è neanche questo il punto. A Peter Brunette che nel 1992 gli chiedeva se i suoi film non alimentassero la violenza nel mondo reale, Tarantino rispose: «La mia risposta è che non posso preoccuparmene. Come artista, la violenza fa parte del mio talento. Se comincio a pensare alla società, o a quello che una persona sta facendo a qualcun altro, è come se avessi delle manette». E a Gerald Peary che, nello stesso periodo, gli chiedeva conto della scena del poliziotto torturato ne Le Iene, replicava: «È la mia scena preferita del film. Una regista donna mi ha detto: “La cosa spaventosa è quanto ti sia piaciuto”. All’inizio, Harvey Weinstein di Miramax ha chiesto: “Cosa ne pensi di eliminare la scena della tortura?”. Tagliare? Non se ne parla. “Guarda”, dissi, “fa parte del film, è per le persone che apprezzano l’intero pacchetto”. […] Certo, penso che la scena sia piuttosto orribile. Ma non l’ho mostrata per trasmettere un messaggio. Non credo che Stanley Kubrick stesse condannando la violenza in Arancia meccanica. Voleva filmare quella roba. È stato cinematograficamente eccitante». L’accenno a Kubrick è interessante, perché Tarantino va oltre i soliti argomenti usati per giustificare i film più crudi: sono un monito contro la violenza, vogliono sensibilizzare il pubblico e bla bla bla. L’autore di Pulp Fiction fa un passo ulteriore: non c’è nulla da giustificare. L’arte non deve dare spiegazioni. E per quante buone intenzioni ci fossero all’origine di Arancia meccanica, lo sguardo compiaciuto sui delitti testimonia una tensione estetica verso il sangue che va al di là del bene e del male. Il rimando filosofico non è casuale. Ha scritto il filosofo Travis Anderson: «Quello che abbiamo nelle Iene è un caso impeccabile di quello che Nietzsche definirebbe una forza dionisiaca che tenta di esprimersi in una forma tragica». È un’interpretazione che il regista potrebbe accettare. Nel 1993 diceva infatti a Graham Fuller: «Per me la violenza è un argomento totalmente estetico». Certo, nella vita vera la violenza è molto meno eccitante. Ma se uno vuole vedere la vita vera, va a pagare le bollette alla posta, non al cinema a vedere Tarantino.
Pedro Sánchez (Getty Images)
Alpini e Legionari francesi si addestrano all'uso di un drone (Esercito Italiano)
Oltre 100 militari si sono addestrati per 72 ore continuative nell'area montana compresa tra Artesina, Prato Nevoso e Frabosa, nel Cuneese.
Obiettivo dell'esercitazione l'accrescimento della capacità di operare congiuntamente e di svolgere attività tattiche specifiche dell'arma Genio in ambiente montano e in contesto di combattimento.
In particolare, i guastatori alpini del 32° e i genieri della Legione hanno operato per tre giorni in quota, sul filo dei 2000 metri, a temperature sotto lo zero termico, mettendo alla prova le proprie capacità di vivere, muoversi e combattere in montagna.
La «Joint Sapper» ha dato la possibilità ai militari italiani e francesi di condividere tecniche, tattiche e procedure, incrementando il livello di interoperabilità nel quadro della cooperazione internazionale, nella quale si inserisce la brigata da montagna italo-francese designata con l'acronimo inglese NSBNBC (Not Standing Bi-National Brigade Command).
La NSBNBC è un'unità multinazionale, non permanente ma subito impiegabile, basata sulla Brigata alpina Taurinense e sulla 27^ Brigata di fanteria da montagna francese, le cui componenti dell'arma Genio sono rispettivamente costituite dal 32° Reggimento di Fossano e dal 2° Régiment étranger du Génie.
È uno strumento flessibile, mobile, modulare ed espandibile, che può svolgere missioni in ambito Nazioni Unite, NATO e Unione Europea, potendo costituire anche la forza di schieramento iniziale di un contingente più ampio.
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