2019-11-25
Che fine fa la beneficenza
Sms solidali e conti correnti dedicati: a ogni tragedia l'Italia si mobilita. Però i soldi spesso restano bloccati fra burocrazia e rischio di sprechi. E adesso a Venezia cosa succederà?Ci sono due Italie quando il Paese è messo a dura prova da un disastro idrogeologico o sismico. L'Italia che si mobilita, che si fa in quattro, che non si risparmia accorrendo lì dove c'è l'emergenza, adoperandosi in mille modi e soprattutto facendo piovere donazioni alle popolazioni in difficoltà; e l'Italia della politica, veloce a istituire i numeri di telefono solidali e ad aprire conti correnti dedicati, ma altrettanto pronta a impantanare nelle sabbie mobili di norme e codicilli gli interventi a cui sono destinati i finanziamenti. A ogni tragedia, e nel nostro Paese purtroppo sono sempre più frequenti (terremoti, alluvioni, frane), le amministrazioni si sbizzarriscono nel consueto repertorio delle strutture di missione, nella nomina di commissari straordinari, di commissioni o cabine di regia. Il vocabolario è ricco di soluzioni, basta pescare quella giusta, a maggior impatto mediatico. Intanto la macchina della solidarietà popolare, della generosità anonima, si mette in moto e riversa fiumi di denaro, dimenticando gli scandali, gli sperperi, l'inettitudine degli enti pubblici, che ogni volta fanno seguito, immancabili, alle sciagure.Anche per Venezia, come per il terremoto in Centro Italia, per quello dell'Aquila e dell'Emilia Romagna, è scattato l'appello alla solidarietà. Anche in questo caso è stata riproposta la formula del contributo tramite gli sms per partecipare agli interventi di soccorso. E gli italiani stanno rispondendo, come sempre. Ma al di là della generosità è lecito porsi la domanda: dove sono andati a finire i soldi inviati nelle emergenze passate? Il grande tema del nostro Paese, infatti, spesso non è la mancanza di fondi, ma l'incapacità di spenderli.I numeri fotografano bene la situazione. Prendiamo il terremoto nel Centro Italia. Sono passati tre anni dalle spaventose scosse che investirono 140 Comuni, alcuni rasi al suolo, con danni per circa 24 miliardi di euro. Furono subito attivati un numero solidale, 45500 (reso disponibile per tre raccolte, nelle diverse fasi dell'emergenza) e un conto corrente bancario dedicato. Queste donazioni, aveva specificato la Protezione civile, sarebbero servite per supportare la ricostruzione dei territori colpiti, mentre per la gestione dell'emergenza sarebbero stati utilizzati fondi pubblici. Complessivamente sono stati raccolti 34.967.834 euro: 23.210.667 euro attraverso gli sms e 11.757.167,03 euro tramite il conto corrente bancario e il conto di tesoreria aperto in una prima fase dell'emergenza. Per far sì che l'utilizzo delle risorse raccolte fosse al massimo trasparente, fu istituito un Comitato di garanti con «l'obiettivo di garantire la trasparenza nella gestione delle risorse e l'approvazione dei progetti presentati dal commissario per la ricostruzione e dalle Regioni colpite», come si legge sul sito della Protezione civile. In sostanza il Comitato valuta e approva i progetti delle Regioni e poi i soldi sono trasferiti agli enti locali. Questo tesoretto è stato ripartito tra in base ai danni subiti: alle Marche è stato assegnato il 62% delle risorse, al Lazio e all'Umbria il 14% e all'Abruzzo il 10%. Al Comitato dei garanti sono pervenuti 94 progetti, ma se si considerano anche gli interventi minori programmati dalle Regioni, si supera quota 150. Ebbene: quelli ultimati sono solo 14. Sulla carta ci sono scuole da ricostruire, strade dissestate e ancora bloccate o a viabilità ridotta, beni artistici da restaurare, o più semplicemente la realizzazione di centri di svago per gli abitanti che in molti Comuni, da tre anni, non sanno più dove incontrarsi. Perfino i cimiteri sono ancora dissestati. Senza queste opere il territorio rischia di morire perché chi ha dovuto trasferirsi altrove in modo temporaneo, in attesa della ricostruzione, potrebbe decidere di abbandonare definitivamente il proprio Comune.Nelle Marche sono 83 i progetti che si traducono in 106 interventi, di cui 87 approvati e solo 14 ultimati. Tra questi ci sono la biblioteca della scuola a Belforte del Chienti, una nuova palestra a Tolentino, il centro polivalente a Caldarola e la sistemazione degli impianti sciistici sui monti Sibillini. Per gli altri le pratiche sono in corso. Ai ritardi si sono accavallate le polemiche su alcune opere, come i 3 milioni previsti per la grotta sudatoria di Acquasanta Terme, considerati uno spreco a fronte di altre priorità. Ci sono poi casi in cui le nuove normative sarebbero addirittura un ostacolo alla ricostruzione. È la situazione della scuola di Sant'Angelo in Pontano, che secondo l'Ufficio per la ricostruzione delle Marche, «potrebbe avere dei problemi dal decreto 123». Come se non bastassero le lentezze burocratiche.In Umbria, Lazio e Abruzzo la situazione non è migliore. Siamo ancora a livello di presentazione e approvazione dei progetti. Al momento l'unico risultato in Umbria è la distribuzione di 200 computer nelle scuole di Spoleto e della Valnerina, mentre per gli interventi nei Centri delle comunità, ai quali sono destinati circa 3 milioni, il traguardo è lontano. Nel Lazio e in Abruzzo i soldi degli sms sono destinati alle scuole. Ci sono rispettivamente circa 5 milioni e 3 milioni da spendere. I fondi sono arrivati a destinazione, ma si incagliano. Non sono spariti, come disse l'allora sindaco di Amatrice e attuale consigliere regionale del Lazio, Sergio Pirozzi, per poi correggersi e ribadire che voleva denunciare la «gestione scellerata». La Procura di Rieti aprì un'inchiesta ma il procuratore, Giuseppe Saieva, disse subito che l'indagine si sarebbe rivelata «una grossa bolla di sapone». Eppure il danno, se vogliamo, è maggiore di una ruberia. Tutto è rendicontato, supervisionato, l'istruttoria dei progetti è effettuata con scrupolo quasi maniacale. Ma non si procede. A furia di frammentare i centri decisionali, di dividere le responsabilità, il risultato è la paralisi.Uno scenario simile a quello del Centro Italia si è verificato anche con il terremoto che interessò nel 2012 parte della Pianura Padana, soprattutto nel territorio emiliano, ma anche in Lombardia e Veneto. Meno vittime (27) ma danni molto seri per 13 miliardi di euro ad aziende, case e patrimonio culturale. Con i messaggini, furono raccolti oltre 15 milioni di euro, ma faticarono ad arrivare alle Regioni. La Protezione civile spiegò che c'erano stati ritardi nel trasferimento dei soldi da parte delle compagnie telefoniche. Una volta sbloccati, i fondi furono destinati a 37 progetti. A oggi, 11 cantieri devono essere avviati, 7 sono in corso, 16 completati e 3 sono sotto istruttoria.Per il terremoto che distrusse L'Aquila nel 2009 (309 vittime, 10 miliardi di euro di danni) con le donazioni via sms furono raccolti 5 milioni di euro. Ma quei soldi non sono stati spesi e non sono arrivati direttamente ai terremotati. Sono entrati in un complesso ingranaggio per un progetto di microcredito. Il meccanismo prevedeva la costituzione di un fondo di garanzia gestito da un consorzio finanziario. Grazie a questo fondo patrimoniale, famiglie e imprese potevano ottenere mutui a tasso agevolato. Numerose le polemiche di chi, rimasto senza reddito, aveva difficoltà ad avere il credito dalle banche. Il grande ostacolo all'impiego dei fondi e, quindi, all'apertura dei cantieri? Il terrore di entrare nel mirino della magistratura, o di incorrere in una contestazione della Corte dei conti per danno erariale. La paura della tangente ha moltiplicato i soggetti responsabili, nell'illusione che più passaggi di carte ci sono, più difficile è la corruzione. Ma questo ha moltiplicato le norme, spesso in contraddizione tra loro. A ogni emergenza si comincia da capo, come se fosse la prima.