2025-07-09
Addio agli operai. La Cgil tifa eutanasia e aborto e diventa il sindacato di morte
Le ditte che chiudono non interessano più, la Confederazione si butta sui «diritti». Soprattutto se c’è da sopprimere una vita.Che la sinistra abbia scelto da tempo di abbandonare la tutela dei diritti sociali (casa, lavoro eccetera) per dedicarsi alla promozione dei diritti civili, meno costosi e più alla moda, è cosa risaputa. Un po’ più demoralizzante è il fatto che ora anche il sindacato - il quale, fino a prova contraria, nasce proprio per difendere i lavoratori - abbia deciso di percorrere la stessa strada. Le aziende che chiudono e gli operai che restano a spasso sono un retaggio del passato: oggi la Cgil (e non solo) si occupa di altre faccende, per altro mostrando una netta predisposizione per tutto ciò che riguarda la morte.Notizia di queste ore è l’adesione del sindacato rosso alla campagna dell’associazione Luca Coscioni per la somministrazione della pillola abortiva al di fuori degli ospedali. «Garantire il pieno diritto di scegliere come interrompere una gravidanza, anche in modalità farmacologica e senza ricovero ospedaliero, è l’obiettivo della campagna Aborto senza ricovero promossa dall’associazione Luca Coscioni», leggiamo sul sito ufficiale della confederazione. «La Cgil, insieme alla Uil, ha deciso di aderire e promuovere questa iniziativa che mira a superare gli ostacoli, spesso ideologici e non sanitari, che ancora oggi limitano l’applicazione uniforme della legge 194 su tutto il territorio nazionale».Come noto, in piena emergenza Covid nel 2020, fu Roberto Speranza a emanare le linee guida del ministero della Salute che consentirono «l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza (Ivg) farmacologica nei consultori e negli ambulatori, con la possibilità di assumere la seconda pillola anche a casa». Un bel favore all’industria farmaceutica che produce le pillole abortive, molto meno alle donne che perdono la possibilità di essere seguite da specialisti competenti in un procedimento che (sempre secondo il ministero) ha maggiori possibilità di eventi avversi rispetto all’aborto chirurgico. In effetti, non si capisce bene quale diritto si voglia difendere qui: quello delle donne ad arrangiarsi da sole abortendo in casa? Discutibile, per le meno.Il sindacato, in ogni caso, è convintissimo: «La campagna lanciata dall’associazione Luca Coscioni ha l’obiettivo di portare direttamente ai Consigli regionali una petizione popolare per chiedere l’adozione di procedure chiare e uniformi che rendano realmente accessibile l’aborto farmacologico senza ricovero», si legge sul sito. «La Cgil sostiene con convinzione questa battaglia per i diritti e invita tutte e tutti a firmare la petizione, promuoverla sui territori e condividerla tra le strutture e le persone interessate. È tempo di garantire non solo il diritto all’aborto, ma anche la possibilità concreta di esercitarlo in modo sicuro, dignitoso, rispettoso della salute e delle scelte di donne e persone che possono restare incinte. Il diritto alla salute e all’autodeterminazione non può dipendere dal luogo in cui si vive né essere condizionato da convinzioni ideologiche o politiche».Posto che ognuno è libero di esprimere le sue opinioni, qualcuno può spiegare che cosa c’entri la Cgil con la legge 194 e la pillola abortiva? Non è un dubbio peregrino, anzi. A tale proposito vale la pena di ricordare quanto accaduto a Torino qualche giorno fa. Il sindacato piemontese ha scelto le vie legali per chiedere la chiusura della stanza dell’ascolto voluta dalla Regione allo scopo di sostenere le donne in difficoltà intenzionate ad abortire e fare loro conoscere le possibilità alternative. Il Tar ha sì deciso di chiudere la stanza (almeno per ora) per via di un problema tecnico, ma ha anche chiarito che la Cgil non ha motivo di occuparsi di simili questioni. Come ha spiegato Claudio Larocca del Movimento per la vita, «il Tar ha evidenziato il difetto di legittimazione attiva della Cgil che viene estromessa dal giudizio, in quanto il loro statuto non contempla finalità riferibili alla legge 194 e alla sua applicazione. Nessun diritto delle lavoratrici viene violato dalla stanza come aveva sostenuto il sindacato in moto totalmente pretestuoso e infondato».Chiaro, no? Per il tribunale amministrativo la Cgil deve occuparsi di lavoratori, non di aborto. Nonostante ciò, il sindacato continua a essere attivissimo tanto sull’interruzione di gravidanza quando sul fine vita. Qualche giorno fa si è espresso sulla proposta di legge del centrodestra dichiarando, per bocca delle segretarie confederali Daniela Barbaresi e Lara Ghiglione, che «preoccupa e desta allarme il testo base depositato dalla maggioranza sul fine vita, poiché non si limita a disattendere le indicazioni contenute nella sentenza della Corte costituzionale numero 242/2019, ma crea un percorso a ostacoli volto con tutta evidenza a precludere l’esercizio del diritto». Niente di inedito: la Cgil, già anni fa, aveva raccolto le firme per il referendum sull’eutanasia legale e ora in alcune Regioni italiane, a partire dal Piemonte, contribuisce a spingere la proposta di legge dell’associazione Coscioni sul fine vita.Che si tratti di aborto o eutanasia, ritorna questa inquietante ossessione per soppressione della vita. Che è decisamente discutibile in sé e lo diventa ancora di più se a esserne preda è il sindacato. Chissà, forse i vertici della Cgil ritengono che le morti sul lavoro non siano sufficienti e che si debba fare molto di più per dare una ulteriore spuntatina alla popolazione italiana.
Il giubileo Lgbt a Roma del settembre 2025 (Ansa)
Mario Venditti. Nel riquadro, da sinistra, Francesco Melosu e Antonio Scoppetta (Ansa)