2022-11-21
La maledizione dei centri storici
Trastevere, Roma. Carabinieri e movida (Imagoeconomica)
Nel cuore delle città si vive sempre peggio: zone ostaggio della microcriminalità mentre le botteghe chiudono.La presidente del Comitato emergenza di Trastevere: «Le denunce cadono nel vuoto. Con le liberalizzazioni del decreto Bersani i minimarket bangladesi fanno da padroni».Romolo Guasco (Confcommercio): l’amministrazione dovrebbe investire in infrastrutture ma va tutto a rilento. Le grandi società spostano le sedi di rappresentanza a Nord.Il presidente di Ascobaires a Milano: «La sicurezza è un grosso guaio, ma il Comune spegne l’illuminazione nelle strade. Molti ci chiedono la consegna a casa perché non vogliono girare con carte di credito e contanti».Lo speciale contiene quattro articoli.Schiamazzi fino alle prime ore del mattino, musica ad alto volume che da pub e locali sale fino agli ultimi piani. Risse e atti vandalici a tutte le ore. Monopattini che sfrecciano sui marciapiedi e biciclette abbandonate ovunque a ostruire i pochi spazi per parcheggiare un’auto. Contenitori di mondezza che tracimano, strade lastricate di cocci di bottiglie, eredità della movida notturna. Restrizioni capestro per le auto, mezzi di trasporto pubblico sovraffollati, taxi introvabili. L’estensione della fascia verde a Milano è diventata un modello: il sindaco di Roma Roberto Gualtieri l’ha subito imitato, allargando la zona a traffico limitato verso l’area Nord della città. Ora dalle periferie ci si muove solo se si hanno vetture Euro4. La situazione posteggi è così assurda che un canale social, «Rome is more» e l’azienda Clementoni hanno creato un gioco da tavolo originale «per trovare parcheggio» a Roma intitolato «Er giro de Peppe».Poi c’è la microcriminalità: uno stillicidio di furti, scippi e aggressioni, intere zone in mano agli spacciatori o alla prostituzione. Fino a qualche anno fa, vivere nel cuore di una metropoli era il sogno di molti. Ora, per chi vi abita, è un incubo. Neppure l’offerta commerciale compensa i problemi. I negozi storici stanno chiudendo mentre proliferano paninoteche, fast food, take away, bar e mini market. I ristoranti di tradizione sono stretti tra gli aumenti delle bollette energetiche, i costi del personale e una clientela meno disposta a spendere per un menu di qualità. Ciò che caratterizzava le città italiane sta scomparendo. Le botteghe cedono il posto alla paccottiglia dei souvenir o all’abbigliamento di nessun pregio, perennemente in saldo. Sopravvivono i grandi marchi, ma sono gli stessi che si possono trovare in tutto il mondo. Ciò che rendeva uniche le città italiane si sta perdendo.Baby gang La microcriminalità dalle periferie sta dilagando nei centri storici. Piccoli furti nei negozi con tecniche lampo: entrano, s’impossessano dei capi a portata di mano e fuggono con monopattini, preferiti ai motorini perché più agevoli nel traffico. Di solito sono bande che agiscono in nuclei di poche persone. Oppure prendono di mira chi ha fatto shopping, lo avvicinano e gli strappano la busta con gli acquisti. Le baby gang si strutturano sui social, sanno che possono agire quasi indisturbate, facendosi forza della giovanissima età. Gli obiettivi sono oggetti firmati, dal cellulare al capo di abbigliamento all’orologio, ma spesso aggrediscono per il gusto di farlo, senza un vero scopo, se non quello di seminare il panico. A Milano scorazzano soprattutto nell’area vicino alla Stazione Centrale ma non disdegnano, specie al tramonto, anche le zone più centrali. Un report di Transcrime, il centro di ricerca sulla criminalità transnazionale condotto da tre università (Cattolica di Milano, Bologna e Perugia) con il Viminale, ha tracciato il profilo delle baby gang. Nella maggior parte dei casi, si tratta di giovani tra i 14 e i 18 anni. I gruppi sono diffusi soprattutto nel Centro-Nord; alcuni sono privi di struttura e gerarchia e compiono atti vandalici perlopiù ai danni di coetanei; altri sono legati alla malavita locale e fanno spaccio e estorsioni. Infine alcune gang si ispirano alle organizzazioni criminali straniere. Fra le attività criminali più spesso associate, emergono risse, percosse e lesioni, atti vandalici e disturbo della quiete pubblica nei centri storici.Addio ai negozi storiciMa i centri storici muoiono anche per la progressiva chiusura dei negozi. A parte le griffe, le botteghe tradizionali stanno chiudendo ovunque, stangate dal caro bollette, dalla riduzione della clientela disposta a spendere e dall’assenza del cambio generazionale. A Roma, a fine anno, chiuderà l’ultimo guantaio di alta gamma, Catello D’Auria, che serviva perfino la regina Elisabetta. Saracinesca abbassata per il panificio-pasticceria Palombi, 124 anni di storia, in via Veneto, e per il Caffè della Pace, aperto 123 anni fa dietro Piazza Navona, tappa fissa di Fellini, Ungaretti e Monicelli. A Torino, nell’ultimo decennio, sono scomparsi 409 negozi di vendita al dettaglio. Al posto dei caffè storici, stuzzichini e aperitivi. Prima della pandemia ha abbassato la serranda il Caval ’d Brons: ai suoi tavoli si erano seduti Totò, Frank Sinatra, Ingrid Bergman, Ava Gardner e Orson Welles. Scompaiono pure le librerie.incubo ciclabiliI progetti green vengono sbandierati perché dovrebbero favorire una convivenza più serena e «sostenibile». Invece le restrizioni al traffico sempre più draconiane come a Milano e Roma o le domeniche a piedi per abbassare il tasso di inquinamento non fanno che tenere lontana la gente dai centri storici. Il fanatismo per le due ruote ha portato a ridurre gli spazi per le auto per lasciare posto alle piste ciclabili, ma biciclette e monopattini si sentono autorizzati a invadere i marciapiedi. La giunta Gualtieri ha annunciato che a Roma parte dei fondi del Pnrr andranno a realizzare altri 54 chilometri di piste ciclabili. Ma in alcune strade, le ciclabili realizzate da Virginia Raggi sono già state trasferite sui marciapiedi per recuperare spazio ai parcheggi. Il traffico ovviamente ne risente, senza contare gli autobus e i mezzi per la raccolta dei rifiuti costretti a fermarsi in mezzo alla strada. I tassisti si lamentano che i tempi di percorrenza sono aumentati e i clienti si arrabbiano. Le consegne ai negozi sono un dramma.decibel spaccatimpaniSe spostarsi in auto è una maledizione, anche starsene in casa diventa problematico. Il frastuono della movida, sette giorni su sette dal tramonto all’alba, non risparmia nemmeno gli ultimi piani. Il 65% degli abitanti delle città è esposto a decibel superiori alla norma, e per il 5% l’inquinamento acustico supera i 75 decibel. A Roma il 60% degli abitanti è esposto a un baccano oltre i 55 decibel e il 40% oltre i 50 decibel durante la notte. Secondo l’università Bicocca, almeno il 42% dei milanesi sono esposti, quotidianamente, a una soglia che supera i 65 decibel di giorno e 50 di notte. In alcune case si toccano gli 80 decibel, peggio che vivere accanto a una tangenziale. Alcuni portali internet per la compravendita di immobili riportano, quartiere per quartiere, una «mappa dei rumori». In alcune vie del centro come via Spadari, via Moscova, via Ariosto, corso Garibaldi, corso di Porta Romana o piazza Wagner, si rilevano in media, di giorno, più di 70 decibel. Non esattamente l’ideale per una vita tranquilla. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/centri-storici-degrado-2658727131.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-vigili-sempre-altre-priorita" data-post-id="2658727131" data-published-at="1669030645" data-use-pagination="False"> «I vigili? Sempre altre priorità» «Trastevere è diventata invivibile. Chi vi abita o si rassegna a essere in guerra perenne contro schiamazzi, risse e baby gang, oppure trasforma l’abitazione in un b&b e si trasferisce altrove». È quanto stanno facendo moltissimi residenti, assicura Simona Marcellini, combattiva presidente del Comitato Emergenza di Trastevere, gruppo di cittadini in prima linea contro il degrado di un’area storica della capitale. Anche lei se ne andrà? «No, io non mollo, continuo a sporgere denunce a incalzare la polizia municipale anche se ogni volta mi dicono che sono impegnati altrove e bisogna accettare l’idea di Trastevere come un parco giochi». Cosa incide sul degrado? «Con le liberalizzazioni del decreto Bersani sono proliferati i mini market, in mano a gruppi del Bangladesh. Favoriti dal fisco agevolato, hanno preso il posto degli esercizi storici. Sono aperti 24 ore e riforniscono i giovani di alcol per tutta la notte. Trastevere, come altri quartieri di Roma, ormai vive solo di ristorazione, di una miriade di piccoli locali con cibo di scarsissima qualità take away, di bar che offrono stuzzichini e aperitivi. A piazza San Cosimato ci sono otto minimarket non necessari, visto che c’è il mercato rionale. E attorno a questi prolifera la movida. Comincia alle 19 e va avanti fino alle 3-4 del mattino. All’alcol si aggiunge la droga. Al mattino i vicoli puzzano di vomito e di urina. Lo sballo è ormai sette giorni su sette». E le denunce alla polizia municipale? «Sono continue ma cadono nel vuoto. Abbiamo anche manifestato davanti al Campidoglio qualche mese fa, con altri comitati di quartiere, ma abbiamo ricevuto solo vaghe promesse. Ogni tanto leggo qualche analisi di sociologi o psicologi che attribuiscono l’aggressività dei giovani al Covid. È un alibi, una scusa. Il fenomeno c’era anche prima della pandemia. I genitori sono assenti e i ragazzi hanno la convinzione di godere dell’impunità totale, sanno che possono fare qualsiasi cosa e non avranno sanzioni, anzi c’è anche chi li giustifica. C’è una situazione di lassismo generalizzato da parte delle autorità. Spesso vengono organizzate feste con musica ad alto volume anche in negozi su strada che di notte dovrebbero essere chiusi». Che tipo di ragazzi sono quelli della movida? «Molti sono giovani turisti che hanno capito di essere in un paese senza regole, che non rischiano sanzioni. Ma sono soprattutto italiani. E non pensate a giovani che provengono da condizioni sociali di degrado. Sono di buona famiglia, figli di professionisti o impiegati pubblici. Lo sballo si conclude spesso con risse. Dalla mia finestra, li vedo che barcollano, pieni di alcol e vanno a pisciare e vomitare dentro i portoni». Ma le famiglie? «Bella domanda. Una notte mi affaccio perché non riuscivo a dormire per gli schiamazzi e vedo una ragazza a terra. Accorro e capisco che è in coma etilico. Un giovane mi dice che ha chiamato i genitori e non occorre far intervenire un’ambulanza. Io insisto e la ragazza viene portata in pronto soccorso. Sapete il padre quando è arrivato? Due ore dopo. Colpa del traffico? Dubito, era notte fonda». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/centri-storici-degrado-2658727131.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="nemmeno-il-giubileo-rilancera-roma" data-post-id="2658727131" data-published-at="1669030645" data-use-pagination="False"> Nemmeno il Giubileo rilancerà Roma «Roma soffre di problemi che si trascinano da anni e che il Covid e la crisi economica ha inasprito». Eppure le strade sono intasate da turisti, non dovrebbe andare poi così male. Invece Romolo Guasco, direttore di Confcommercio Roma, dice che è tutta apparenza. «È un turismo che spende poco e porta pochissimo alla città e al commercio. Anzi, la concentrazione dei flussi nei tradizionali punti di richiamo storico artistici ha cambiato il tessuto sociale della capitale. Il centro si sta svuotando dei residenti. Gli immobili vengono sventrati per far posto a b&b, monolocali che spesso operano in modo nascosto». Guasco sottolinea che il commercio di vicinato sta scomparendo. «Introvabili sarti, falegnami, pittori, restauratori, calzolai. Sono rimaste le insegne delle strade dedicate alle varie specializzazioni artigiane e qualche negozio solo a uso turistico, il resto è un deserto». Questo impoverimento si estende anche alla qualità dei divertimenti serali: «La proposta ai turisti è soltanto quella degli aperitivi che spesso degenerano nello sballo, con ripercussioni sulla qualità della vita per i residenti». C’è poi un altro aspetto che ha influito sul degrado della città. «Finché c’era la grande burocrazia pubblica e le grandi aziende», spiega Guasco, «anche il commercio ne beneficiava. Ma ora tante imprese hanno chiuso la sede romana e si sono trasferite al Nord. È comprensibile. Chi vuole aprire un punto nella capitale deve vedersela con gli spostamenti difficili, il traffico caotico, i mezzi pubblici impraticabili, la carenza di taxi. Ditemi quale multinazionale sarebbe disposta ad affrontare questi ostacoli». Nel periodo delle feste natalizie poi tutto diventa più complicato: «Il Comune ci ha comunicato che l’ingresso nella Ztl sarà limitato per tutta la settimana, senza deroghe il sabato e la domenica. Per il commercio è un disastro, perché è in quel periodo che l’area dello shopping diventa più attrattiva. Chi vuole fare compere o si adatta a usare i mezzi di trasporto pubblico o deve andare altrove». C’è attesa per le ricadute che potrebbe avere il Giubileo. Alcuni gruppi immobiliari alberghieri stanno facendo grandi investimenti per aggiudicarsi postazioni di prestigio ma, dice Guasco, l’amministrazione dovrebbe investire nelle infrastrutture. «Il Comune ci ha detto che sta sbloccando le pratiche di alcuni parcheggi nel centro storico. Ci sono strutture date in concessione che non hanno aperto. E poi mancano i taxi. Abbiamo chiesto di liberalizzare i turni e quindi di moltiplicare le corse. Parcheggi e mezzi di trasporto sono le condizioni fondamentali per la qualità della vita in una città». Confcommercio segnala inoltre la progressiva chiusura dei negozi storici, colpiti dal rincaro dei canoni di affitto e dai costi energetici. Ma anche vittime dell’impoverimento di chi abita nei quartieri storici. Si preferisce il prodotto in serie, o acquistato online per spendere meno: «Molte insegne hanno lasciato il posto ai mini market gestiti da stranieri o a punti vendita di prodotti di scarsa qualità. Così Roma sta perdendo la sua unicità». <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem3" data-id="3" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/centri-storici-degrado-2658727131.html?rebelltitem=3#rebelltitem3" data-basename="aspettano-i-clienti-fuori-dai-negozi-e-rubano-le-borse-con-gli-acquisti" data-post-id="2658727131" data-published-at="1669030645" data-use-pagination="False"> «Aspettano i clienti fuori dai negozi e rubano le borse con gli acquisti» «Il problema principale del centro di Milano è la sicurezza. Usciti dalle strade dello shopping di lusso, la vetrina luccicante della città, si entra in un’altra realtà. Buche, sporcizia, scarsa illuminazione. L’idea di posticipare l’accensione delle insegne e di spegnerle anticipatamente crea la condizione favorevole alla diffusione della criminalità». Gabriel Meghnagi è il presidente di Ascobaires, l’associazione degli esercizi commerciali di corso Buenos Aires e vie limitrofe, circa 270 punti vendita, aderente a Confcommercio Milano. Qual è l’emergenza principale? Le baby gang? «Quelle sono ovunque a Milano, in particolare attorno alla Stazione Centrale. Ma poi ci sono gli scippi, sempre più frequenti. Rubano oggetti di valore, come borse firmate e orologi. I ladri individuano le persone appena uscite da un negozio, le seguono e le depredano. Non mancano i furti nei negozi. Entrano, prendono ciò che possono e fuggono via». Le luminarie natalizie dovrebbero in parte far fronte al problema della sicurezza, o no? «Sì, peccato che quest’anno saranno scarse. Mancano gli sponsor e le luci si spengono per i costi energetici. Trovo assurdo che i commercianti si rifiutino di pagare una quota per l’illuminazione. Non capiscono che se la strada è buia, difficilmente i clienti vanno a fare acquisti e finiscono per privilegiare i negozi di vie più festose e anche percepite come più sicure». L’amministrazione è consapevole del problema della sicurezza? «Certo, ma non vedo interventi incisivi. I clienti spesso ci chiedono di consegnare gli acquisti direttamente a casa perché hanno paura a uscire con la carta di credito o i contanti. Gli scippi dei sacchetti fuori dal negozio sono all’ordine del giorno. I ladri schizzano sui monopattini che hanno sostituito i motorini per questo genere di furti. Le persone hanno paura a girare nel centro di Milano dopo il tramonto. Alcuni alberghi mettono in guardia gli ospiti e questo contribuisce a creare l’immagine di una città poco sicura». Gli alberghi consigliano i clienti a non uscire la sera? «Mi è stato riferito che un hotel cinque stelle lusso, vicino alla Stazione Centrale, ha suggerito agli ospiti di lasciare in camera oggetti di valore come pure contanti e carte di credito, per le uscite serali. È come dire di non venire più a Milano, non è una buona pubblicità per la città. Fino a qualche tempo fa c’era una squadra di polizia locale in borghese che interveniva su segnalazione di furti e scippi, ma le forze si sono ridotte da 12 a 8 e poi a 4 agenti. Ora non resta che chiamare il 112, ma non si mobilitano se è stato rubato un telefono cellulare». Quale è la situazione a corso Buenos Aires? «Simile a quella delle strade commerciali. Le vie limitrofe sono impercorribili per questione di sicurezza, il manto stradale è dissestato, monopattini e biciclette sono parcheggiate in modo selvaggio davanti alle vetrine e ostruiscono gli ingressi. C’è anarchia totale, i marciapiedi sono pericolosi, si rischia di essere travolti dai monopattini. La sensazione è che si possa fare qualsiasi cosa, restando impuniti. D’altronde quando le strade sono buie e malmesse, i controlli diminuiscono e i commercianti sono impotenti. Chiamare la polizia municipale, ammesso che intervenga, è inutile». Avete segnalato il problema? «Ogni giorno i commercianti di via Palestrina, viale Monza, viale Brianza, via Venini scrivono al Comune. Il problema della sicurezza è particolarmente sentito nell’area tra via San Gregorio, via Felice Casati, via Scarlatti, via Petrella e nel tratto tra largo Argentina e piazzale Loreto. In piazza Argentina sono all’ordine del giorno scippi, spesso a danno di anziani strattonati e rapinati. Alle segnalazioni nessuno risponde». E la scomparsa di negozi storici? «È un altro tema che penso interessi tutte le città italiane. Il Covid e i rincari energetici hanno dato il colpo finale a esercizi già in crisi, incalzati dai grandi marchi alla ricerca di nuovi spazi. In galleria Vittorio Emanuele i canoni di locazione sono aumentati di otto volte e pochi sono riusciti a sostenere tali rincari». Quali attività sono più colpite dalla crisi? «I negozi di calzature artigianali, l’abbigliamento di alta classe per uomo, la sartoria di tradizione sono una rarità. Così pure gli orologiai. C’è il problema del cambio generazionale. I giovani vedono che i genitori fanno fatica ad andare avanti e preferiscono orientarsi su altre attività. Anche l’antiquariato ha vita difficile. Qualche bottega è sopravvissuta in zona Brera e nel quadrilatero. Per il resto sono tutte grandi firme. Mi chiedo perché un turista dovrebbe venire a Milano per comprare le stesse griffe che trova vicino a casa propria. Si è perso ciò che rende uniche le nostre città».
«Murdaugh: Morte in famiglia» (Disney+)
In Murdaugh: Morte in famiglia, Patricia Arquette guida il racconto di una saga reale di potere e tragedia. La serie Disney+ ricostruisce il crollo della famiglia che per generazioni ha dominato la giustizia nel Sud Carolina, fino all’omicidio e al processo mediatico.