2024-03-04
Le celebrazioni di Tatarella tacciono su presidenzialismo e premierato
Il ricordo del padre nobile della destra, a 25 anni dalla sua morte, ha glissato sull’idea che il capo dello Stato debba essere scelto nelle urne: è troppo scomoda ora che Giorgia Meloni lavora alla riforma costituzionale.Qualche settimana fa sono stato invitato in Senato a commemorare Pinuccio Tatarella. Il padre nobile della destra morì sotto i ferri l’8 febbraio del 1999, mentre era nel pieno della sua vigoria politica. A lui mi legavano e mi legano due fatti. Il primo è che quando, da direttore del Tempo, venni licenziato su due piedi dopo aver pubblicato un’inchiesta sull’operato dell’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, Tatarella fu il solo a denunciare la vicenda, convocando a Palazzo Madama una conferenza stampa. Il secondo episodio che in qualche modo mi collega a Pinuccio è che il giorno in cui morì, sul Giornale che a quei tempi dirigevo, uscì una sua intervista. Il colloquio con Giancarlo Perna è considerato il suo testamento politico, perché in quell’occasione l’ispiratore della transizione del Movimento sociale in un partito moderato come Alleanza nazionale si lasciò andare ad alcune considerazioni sul futuro del Paese.In Senato, in una cerimonia a cui ha partecipato anche il presidente della Repubblica, oltre a me sono intervenuti altri relatori, tuttavia l’aspetto che più mi ha colpito è che dello scomparso leader si è ignorata la parte più interessante del suo pensiero, ovvero l’idea che il nostro Paese dovesse evolvere verso un futuro presidenzialista. Sì, questo era il convincimento fortissimo di Tatarella il quale, a un certo punto, fondò addirittura una rivista che si chiamava Repubblica presidenziale. Secondo lui, che aveva ispirato il passaggio dal Movimento sociale a una destra nazionale annacquata nell’acqua di Fiuggi, ciò che mancava all’Italia era l’elezione diretta del capo dello Stato. I suoi interventi sull’argomento furono numerosi, anche poco prima della morte. Tuttavia, ciò che mi è apparso sorprendente è che nel giorno in cui si commemorava la sua scomparsa, nessuno oltre al sottoscritto abbia sentito il dovere di dire che Tatarella sognava una repubblica presidenziale. Eppure, l’argomento è all’ordine del giorno, dato che in Parlamento giace una legge che vorrebbe introdurre il premierato, ossia l’elezione diretta del presidente del Consiglio e si discute (ne ha fatto riferimento l’altro ieri Giorgia Meloni) delle ricadute sul Quirinale. Ma nonostante l’attualità del tema, l’8 febbraio, ricordando i 25 anni della morte di Tatarella, si è preferito ignorare che Pinuccio considerava l’elezione diretta del capo dello Stato un passaggio fondamentale per completare la transizione democratica italiana. Strano che si sia taciuta una delle proposte più importanti della persona che si voleva ricordare con tutti gli onori, no? Mi sono chiesto perché e ho pensato che il silenzio sul presidenzialismo fosse una specie di omaggio a Mattarella al quale, essendo presente, forse non era il caso di ricordare che Tatarella certo non sarebbe stato favorevole a un presidente eletto due volte dal Parlamento senza che fosse chiesto agli italiani che cosa ne pensassero. Per Pinuccio, dovevano essere gli italiani e non i partiti a decidere. Perché secondo lui la carica più importante dello Stato, ossia l’uomo (o la donna) che rappresenta l’unità d’Italia non poteva che essere indicata dagli elettori. Vi chiedete perché ricordi tutto ciò a distanza di qualche settimana dalla cerimonia a Palazzo Madama? La risposta è semplice: in questi giorni ho pensato che cosa avrebbe detto un presidente della Repubblica scelto dagli italiani a proposito delle manganellate ai contestatori di Pisa. In più mi sono chiesto se la polemica scatenata da qualche giornale a proposito delle parole di Mattarella confrontate con quelle di Giorgia Meloni sul sostegno alle forze di polizia avrebbe avuto senso. Anzi, mi sono detto: ma se il capo dello Stato fosse stato scelto dalla maggioranza degli elettori e non, come accadde nel 2015, da una minoranza di sinistra, avremmo visto le forze dell’ordine sul banco degli imputati per aver tutelato gli interessi dello Stato contro ogni provocazione? La risposta, per quel che mi riguarda, è no. E credo che sarebbe la stessa risposta di Tatarella.
Edoardo Raspelli (Getty Images)
Nel riquadro: Mauro Micillo, responsabile Divisione IMI Corporate & Investment Banking di Intesa Sanpaolo (Getty Images)
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