2024-05-30
L’anatema sulla «frociaggine» è l’altolà del Papa alla Cei che vuole i gay nei seminari
Per Jorge Bergoglio non devono entrare ma i vescovi italiani hanno promosso un documento più permissivo. Che per ora il Pontefice ha bloccato, ribadendo un «no» molto colorito.Per monsignor Francesco Savino, vicepresidente della Conferenza episcopale, il polverone si basa sul niente: «Il vicario di Cristo è inclusivo». Parla pure Luca Casarini: «È anziano e sbaglia».Lo speciale contiene due articoli.Piano piano il velo sulle parole attribuite a papa Francesco sull’aria di «frociaggine» si alza e si chiarisce così il contesto e il senso più preciso di quelle affermazioni così grossolane, quanto coerenti con le regole per l’accesso ai seminari. E si svela che le parole del Papa sono una risposta alla Conferenza episcopale italiana, che vorrebbe forzare per far accedere ai seminari anche gli omosessuali, giocando sui termini.Andiamo per gradi. L’8 dicembre 2016 la congregazione per il Clero, allora guidata dal prefetto cardinale Beniamino Stella, pubblica un documento, approvato dal Papa, Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis, che disciplina appunto la formazione dei novelli sacerdoti nei seminari. Questo documento recepisce quanto già stabilito da un analogo documento del 2005. Si ribadisce che «la Chiesa, pur rispettando profondamente le persone in questione, non può ammettere al seminario e agli ordini sacri coloro che praticano l’omosessualità, presentano tendenze omosessuali profondamente radicate o sostengono la cosiddetta cultura gay».Il 16 novembre 2023, la 78ª Assemblea generale straordinaria della Conferenza episcopale italiana ha approvato la nuova Ratio nationalis formationis sacerdotalis per i seminari in Italia che, appunto, dovrebbe recepire quanto espresso nel documento vaticano del 2016. Succede, però, che questa norma dei vescovi italiani sia tutt’ora ferma al dicastero per il Clero, in attesa di approvazione. Strano. Cosa è accaduto? Secondo diverse fonti, alcune apparse anche sul Web sul blog messainlatino.it, il problema riguarderebbe proprio l’accesso ai seminari per le persone con tendenze omosessuali. La norma italiana prevederebbe, infatti, la possibilità di far accedere ai seminari anche le persone omosessuali con «tendenza omosessuale non radicata» mentre, come abbiamo visto, quella vaticana non opera questa distinzione. Peraltro, dicono gli esperti, questa caratterizzazione è piuttosto difficile da stabilire e la conseguenza sarebbe quella di aprire le porte dei seminari a tutti coloro che manifestano questo orientamento sessuale. Sarebbe questo il motivo per cui il documento dei vescovi italiani è ancora fermo in attesa del placet del dicastero per il Clero e proprio di questo, secondo nostre fonti che confermano le già citate voci comparse sul web, i vescovi italiani avrebbero, appunto, chiesto conto al Papa il 20 maggio scorso. E il Papa, nella riunione a porte chiuse, avrebbe risposto con le parole che hanno mandato ai matti i liberal dentro e fuori le sacre stanze.A papa Francesco, la richiesta ardita dei vescovi italiani ha certamente irritato, basta rileggere le parole che gli sono state attribuite. Quel «mettere fuori dai seminari tutte le checche, anche quelle solo semi orientate», sarebbe appunto un passaggio della risposta di Francesco che rimanda alla questione della «tendenze omosessuali non radicate» che i vescovi italiani avrebbero, invece, introdotto nel loro documento per aprire un po’ le porte dei seminari anche agli omosessuali. E Francesco ha ribadito in modo netto la sua contrarietà.Le scuse presentate da Francesco tramite la Sala stampa vaticana per le parole che gli sono state attribuite e che sono state fatte uscire a orologeria da qualche vescovo presente, quindi, riguardano i toni, certamente non leggeri e anche volgari, ma non spostano di una virgola il punto. E cioè che il Papa pensa, in coerenza con i documenti della Santa Sede, che nei seminari non devono entrare persone omosessuali. «Nel dubbio, meglio che non entrino», aveva detto già nel 2018, sempre ai vescovi italiani riuniti in assemblea.Torna, quindi, ciò che abbiamo già scritto ieri: non si vuole accettare che la Chiesa si doti di un argine, di un criterio, per la formazione del suo, chiamiamolo così, personale. Che questo non lo vogliano le redazioni alla moda è normale, ma il punto è che anche all’interno della Chiesa c’è chi vorrebbe abbattere questi bastioni. Francesco, ritenuto «aperto» e capace di sfondare tutte le dighe, però non ci sta. Sia chiaro, papa Bergoglio non ha bisogno di mostrare che è simpatetico con «todos, todos, todos», Lgbt compresi, ma la sua linea, per quanto possa essere confusa, è quella della distinzione tra peccato e peccatore, tra persona e lobby. Così lo si vede approvare Fiducia supplicans per una benedizione «fast» alle coppie omosessuali (anche se la mens e la penna del testo è più del cardinale Víctor Manuel Fernández che di Francesco), incontra religiosi come il gesuita James Martin e la suora Jeannine Gramick che sono esposti a favore della cultura gay, riceve i trans in udienza, lascia al loro posto collaboratori chiacchierati circa la pratica omosessuale, ma l’omosessualismo in seminario non lo vuole.Può apparire contradditorio, ma questo è Francesco e a qualche zelante vescovo italiano che vorrebbe spalancare i seminari agli omosessuali la cosa è arrivata in faccia come un treno in corsa.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/cei-vuole-gay-nei-seminari-2668411376.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ma-i-prelati-saffrettano-a-sminuire" data-post-id="2668411376" data-published-at="1717031097" data-use-pagination="False"> Ma i prelati s’affrettano a sminuire Sulla «frociaggine» e le «checche» che invaderebbero i seminari italiani si è alzato un polverone. Le parole di papa Francesco hanno diviso l’opinione pubblica tra chi ha esultato e chi, i più liberal, dopo un momento di iniziale sbigottimento per quanto proferito dal proprio «campione», ha iniziato a protestare. Sul Corriere della Sera, a fare da scudo al Pontefice, è stato monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Ionio e vicepresidente Cei. «Non so chi abbia detto all’esterno quello che ha voluto dire, ma chiunque sia stato dovrà fare i conti con la sua coscienza e con il senso di collegialità con gli altri vescovi», attacca monsignor Savino, «il Papa viene dall’America Latina e l’italiano non è la sua lingua, chiunque abbia esperienza con le parole sa che una parola o una frase tolti dal contesto nel quale sono stati pronunciati possono far passare un messaggio completamente diverso da quello autentico». Per il prelato, Francesco «era preoccupato della felicità del futuro prete, che sia omosessuale o eterosessuale». E mentre a (quasi) tutti è sembrato lampante il «no» bergogliano ai gay nei seminari, monsignor Savino assume una posizione un po’ più sfumata sulla questione: «Non c’è un “no” a priori. La sua vera preoccupazione è la serenità di tutti. Il Papa voleva dire che i candidati, omo o etero, devono essere capaci di vivere bene le loro promesse rispetto all’obbedienza, alla povertà e alla castità. Amare con il cuore pieno e le mani vuote». E poi, dopo aver confermato il documento, fermo in Vaticano, della Cei sulla questione e in attesa di essere analizzato in uno dei gruppi di lavoro del prossimo Sinodo, monsignor Savino torna ad ammantare Bergoglio di arcobaleno: «Fin dall’inizio ha detto “Chi sono io per giudicare?” e di recente ha permesso la benedizione pastorale delle coppie dello stesso sesso. E poi, scusate, dal suo primo documento pastorale, l’esortazione Evangelii gaudium, e per l’intero pontificato la sua proposta-chiave è sempre stata l’inclusione». Più ermetico il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi: «Era un dialogo confidenziale riservato con i vescovi. Teniamo conto che sono incontri in cui, proprio per la loro natura confidenziale, si mischiano considerazioni generali e spesso anche osservazioni personali», ha dichiarato a margine di un incontro pubblico. Oltre ai prelati, anche il nuovo re delle Ong, l’ex no global Luca Casarini, è intervenuto sulla vicenda per difendere Francesco: «Noi dobbiamo guardare a quello che fa papa Francesco, non solo a ciò che dice. Sicuramente è uno che dà tanto fastidio ai poteri costituiti dentro la Chiesa ma segnalo comunque che è l’unico leader in grado di chiedere scusa». Da fine conoscitore degli ambienti di Curia, Casarini analizza che «lui (il Papa, ndr) non voleva offendere nessuno: ha semplicemente usato un linguaggio più scherzoso e certamente sbagliato dal punto di vista del politically correct, ma non intendeva discriminare nessuno». Sfoggiando, infine, doti da fine teologo, per il re Mida dei salvataggi in mare «è interessante l’uso che si fa di questo chiacchiericcio, per attaccare chi proprio sulla difesa dei diritti di tutte le persone, al di là degli orientamenti sessuali, ha costruito un suo modo di essere Papa. Una parte della Chiesa è, invece, convinta che esistano peccatori e non peccatori, che sia una specie di dogana dove mostrare documenti e alcuni entrano e altri no. Papa Francesco è un uomo di 87 anni che si carica sulle spalle una cosa gigantesca, è una persona come tutte, che può dire delle cose che magari poi deve chiarire ma è del chiacchiericcio che dobbiamo stupirci».