
La Fondazione del gruppo assicurativo ha stanziato oltre 3 milioni per 495 interventi: il 49% per avviare nuove realtà. Finanziamenti ad hoc per l’istruzione paritariaSupportare le imprese e il territorio, nel segno dei valori della dottrina sociale della Chiesa: è la missione che dal 2006 guida l’attività di Fondazione Cattolica assicurazioni, guidata dal presidente Paolo Bedoni, attraverso cui il gruppo veronese esprime la sua attenzione alla responsabilità sociale svolgendo la funzione di «grant making», cioè di erogazione di fondi a sostegno di progetti terzi. Nel rapporto tra impresa e territorio, la Fondazione interviene fornendo supporto con la logica della sussidiarietà. Questo è uno dei valori su cui investe, insieme alla solidarietà, alla partecipazione attiva, alla gratuità e alla fraternità. I progetti sostenuti sono relativi a vari ambiti, tra cui l’assistenza sociale, l’educazione e l’istruzione, le attività culturali, lo studio e la ricerca. Nel 2019 l’ente ha effettuato 495 interventi in Italia, erogando oltre 3 milioni di euro. Circa la metà degli importi - il 49,1% - è stato destinato all’avvio di 68 nuove imprese sociali. Un tema che nel corso del triennio 2017-2019 ha assunto sempre maggiore importanza: gli stanziamenti a sostegno di iniziative di impresa sociale sono infatti passati dal 41% del 2017 al 49,1% del 2019.Tra i progetti c’è, ad esempio, la cooperativa sociale I Talenti di Fano, nelle Marche, che nell’ambito dell’economia circolare vuole favorire il riuso degli oggetti di scarto, evitando che diventino rifiuti. Questi oggetti, come le persone lasciate in disparte dalla società, diventano elementi con cui costruire un’attività imprenditoriale attenta alla riqualificazione. Oltre ad attività di recupero di mobili e oggetti usati, attraverso il Mercatone solidale, la cooperativa ha avviato iniziative come la pizzeria Angelo 2.0, per favorire l’inclusione di giovani con disabilità o situazioni familiari complesse, la libreria Equilibri, che occupa persone fragili, e la prima spiaggia sociale delle Marche, la Spiaggia dei Talenti, dedicata alle persone disabili. A Finale Emilia invece è nato il progetto di sartoria sociale Manigolde, con il duplice scopo di riutilizzare le grandi quantità di tessuto di scarto raccolto dall’associazione Mani tese e di offrire una ricollocazione alle donne rimaste isolate dopo il terremoto del 2012. Nel bresciano, infine, la Fondazione Castello di Padernello, insieme a un centinaio di volontari, ha riportato a nuova vita un’antica dimora, avviando un’attività turistica e culturale e una serie di progetti per rispondere ai problemi della disoccupazione giovanile e dello spopolamento dei borghi antichi.Anche nell’emergenza sanitaria Fondazione Cattolica assicurazioni, insieme al gruppo Cattolica, non ha fatto mancare il suo sostegno alle realtà in prima linea: in aprile è stato infatti stanziato un fondo del valore di oltre 2 milioni, di cui 500.000 euro sono stati donati a sei ospedali di Lombardia e Veneto per l’acquisto di strumentazioni e dispositivi di protezione individuale destinati ai reparti di terapia intensiva e subintensiva. Fondazione Cattolica ha inoltre stanziato 1,5 milioni di euro per una serie di realtà che si rispecchiano nella visione etica e ispirata alla dottrina sociale della Chiesa della compagnia, come la Cei e la Caritas; tra gli altri è stato previsto un finanziamento a supporto della rete delle scuole cattoliche italiane e dei centri formativi Fidae che, a seguito della pandemia, si sono trovati nella necessità di attivare la didattica a distanza.
Andy Mann for Stefano Ricci
Così la famiglia Ricci difende le proprie creazioni della linea Sr Explorer, presentata al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, concepita in Patagonia. «Più preserveremo le nostre radici, meglio costruiremo un futuro luminoso».
Il viaggio come identità, la natura come maestra, Firenze come luogo d’origine e di ritorno. È attorno a queste coordinate che si sviluppa il nuovo capitolo di Sr Explorer, il progetto firmato da Stefano Ricci. Questa volta, l’ottava, è stato presentato al Teatro Niccolini insieme alla collezione Autunno-Inverno 2026/2027, nata tra la Patagonia e la Terra del Fuoco, terre estreme che hanno guidato una riflessione sull’uomo, sulla natura e sul suo fragile equilibrio. «Guardo al futuro e vedo nuovi orizzonti da esplorare, nuovi territori e un grande desiderio di vivere circondato dalla bellezza», afferma Ricci, introducendo il progetto. «Oggi non vi parlo nel mio ruolo di designer, ma con lo spirito di un esploratore. Come un grande viaggiatore che ha raggiunto luoghi remoti del Pianeta, semplicemente perché i miei obiettivi iniziavano dove altri vedevano dei limiti».
Aimo Moroni e Massimiliano Alajmo
Ultima puntata sulla vita del grande chef, toscano di nascita ma milanese d’adozione. Frequentando i mercati generali impara a distinguere a occhio e tatto gli ingredienti di qualità. E trova l’amore con una partita a carte.
Riprendiamo con la seconda e conclusiva puntata sulla vita di Aimo Moroni. Cesare era un cuoco di origine napoletana che aveva vissuto per alcuni anni all’estero. Si era presentato alla cucina del Carminati con una valigia che, all’interno, aveva ben allineati i ferri del mestiere, coltelli e lame.
Davanti agli occhi curiosi dei due ragazzini l’esordio senza discussioni: «Guai a voi se me li toccate». In realtà una ruvidezza solo di apparenza, in breve capì che Aimo e Gialindo avevano solo il desiderio di apprendere da lui la professione con cui volevano realizzare i propri sogni. Casa sua divenne il laboratorio dove insegnò loro i piccoli segreti di una vita, mettendoli poi alla prova nel realizzare i piatti con la promozione o bocciatura conseguente.
Alessandra Coppola ripercorre la scia di sangue della banda neonazi Ludwig: fanatismo, esoterismo, violenza e una rete oscura che il suo libro Il fuoco nero porta finalmente alla luce.
La premier nipponica vara una manovra da 135 miliardi di dollari Rendimenti sui bond al top da 20 anni: rischio calo della liquidità.
Big in Japan, cantavano gli Alphaville nel 1984. Anni ruggenti per l’ex impero del Sol Levante. Il boom economico nipponico aveva conquistato il mondo con le sue esportazioni e la sua tecnologia. I giapponesi, sconfitti dall’atomica americana, si erano presi la rivincita ed erano arrivati a comprare i grattacieli di Manhattan. Nel 1990 ci fu il top dell’indice Nikkei: da lì in poi è iniziata la «Tokyo decadence». La globalizzazione stava favorendo la Cina, per cui la nuova arma giapponese non era più l’industria ma la finanza. Basso costo del denaro e tanto debito, con una banca centrale sovranista e amica dei governi, hanno spinto i samurai e non solo a comprarsi il mondo.





