In Stati come Spagna e Uk, dove non c’è la card, curve dei contagi sovrapponibili.
In Stati come Spagna e Uk, dove non c’è la card, curve dei contagi sovrapponibili.Nessuna correlazione tra le restrizioni e l’aumento dei casi. Un paradosso che emerge dal confronto dell’andamento delle curve dei contagi nei maggiori Paesi europei con il livello di restrizione applicato, e allo stesso la conferma che dal punto di vista epidemiologico la variante Omicron se ne infischia altamente del green pass tanto amato da Roberto Speranza e sodali. Oltreconfine sembrano avere compreso bene il concetto, e nella maggior parte dei casi non si sono affannati ad afferrare il vento con le mani. Gli scienziati, quelli veri, ne inventano sempre una. Quelli dell’Università di Oxford hanno tirato fuori dal cilindro il «Covid-19 stringency index», una misura calcolata sulla base di 17 differenti indicatori (si va dalla chiusura delle scuole alle limitazioni negli spostamenti, fino alle politiche di testing) che permette di quantificare l’intensità delle restrizioni messe in atto dai singoli governi nell’ambito della lotta al coronavirus. Ebbene, mettendo in relazione questo indice con la curva dei casi si arriva a conclusioni a dir poco sorprendenti. Nel Regno Unito, il premier Boris Johnson ha annunciato l’8 dicembre 2021 il «piano B» contro la Omicron, basato principalmente sull’utilizzo di mascherine nei mezzi pubblici e nei locali, e il ricorso allo smart working. L’abolizione di queste misure e del pass vaccinale, peraltro richiesto solo in alcune specifiche circostanze, è stata annunciata dal primo ministro britannico già il 19 gennaio scorso. Nonostante un livello di restrizioni «soft» e uno stringency index particolarmente basso - compreso tra i 41 e i 48 punti - non abbiamo assistito a un aumento dei contagi significativamente più alto rispetto al resto d’Europa.Discorso simile in Spagna. Nella penisola iberica non sono state introdotte restrizioni particolari per il lavoro, mentre ha fatto scalpore a metà gennaio - e dunque in piena ondata - l’annuncio da parte del primo ministro Pedro Sánchez di voler trattare il Covid come un’influenza. L’unico vero obbligo, quello di mascherina all’aperto, è stato apertamente contestato dagli scienziati in quanto ritenuto inutile, e non per niente da domani non sarà più in vigore. Risultato? Nonostante un valore di stringency index quasi identico a quello di Londra, la curva ha seguito un andamento molto simile a quello dell’Italia e del Regno Unito.Ma la prova che quello tra restrizioni e diminuzione dei casi rappresenti un binomio fallimentare arriva dalla Francia, il cui stringency index si è tenuto a livelli simili all’Italia e dunque molto alti (valori tra 66 e 72 nel periodo tra settembre del 2021 e i giorni nostri). Dopo aver dichiarato all’inizio della guerra ai non vaccinati, il presidente Emmanuel Macron ha introdotto dal 24 gennaio scorso il green pass obbligatorio. Nell’ultima settimana del mese appena trascorso, tuttavia, oltralpe si è raggiunto un picco di 5.000 casi per milione di abitante, cui ha fatto seguito un tasso di ospedalizzazione più che doppio rispetto al Regno Unito. Fatto ancora più singolare, in Portogallo si è assistito a un andamento simile della curva dei casi, ma con un tasso di ospedalizzazione pari alla metà di quello fatto registrare in Francia. Peccato che a Lisbona il governo non abbia introdotto particolari limitazioni, se non raccomandare ai datori di effettuare con regolarità test ai dipendenti e consigliare il lavoro da casa ove possibile. Neanche a dirlo, quello del Portogallo è uno degli stringency index più basso a livello continentale. Numeri e fatti che dimostrano come la scelta di introdurre restrizioni più severe non abbia portato a risultati concreti sul piano epidemiologico. Anzi, l’andamento delle curve farebbe ipotizzare che la falsa sicurezza conferita dal possesso del green pass abbia permesso una maggiore circolazione del virus.
Johann Chapoutot (Wikimedia)
Col saggio «Gli irresponsabili», Johann Chapoutot rilegge l’ascesa del nazismo senza gli occhiali dell’ideologia. E mostra tra l’altro come socialdemocratici e comunisti appoggiarono il futuro Führer per mettere in crisi la Repubblica di Weimar.
«Quella di Weimar è una storia così viva che resuscita i morti e continua a porre interrogativi alla Germania e, al di là della Germania, a tutte le democrazie che, di fronte al periodo 1932-1933, a von Papen e Hitler, ma anche a Schleicher, Hindenburg, Hugenberg e Thyssen, si sono trovate a misurare la propria finitudine. Se la Grande Guerra ha insegnato alle civiltà che sono mortali, la fine della Repubblica di Weimar ha dimostrato che la democrazia è caduca».
(Guardia di Finanza)
I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, grazie a una capillare attività investigativa nel settore della lotta alla contraffazione hanno sequestrato oltre 10.000 peluches (di cui 3.000 presso un negozio di giocattoli all’interno di un noto centro commerciale palermitano).
I peluches, originariamente disegnati da un artista di Hong Kong e venduti in tutto il mondo dal colosso nella produzione e vendita di giocattoli Pop Mart, sono diventati in poco tempo un vero trend, che ha generato una corsa frenetica all’acquisto dopo essere stati indossati sui social da star internazionali della musica e del cinema.
In particolare, i Baschi Verdi del Gruppo Pronto Impiego, attraverso un’analisi sulla distribuzione e vendita di giocattoli a Palermo nonché in virtù del costante monitoraggio dei profili social creati dagli operatori del settore, hanno individuato sette esercizi commerciali che disponevano anche degli iconici Labubu, focalizzando l’attenzione soprattutto sul prezzo di vendita, considerando che gli originali, a seconda della tipologia e della dimensione vengono venduti con un prezzo di partenza di circa 35 euro fino ad arrivare a diverse migliaia di euro per i pezzi meno diffusi o a tiratura limitata.
A seguito dei preliminari sopralluoghi effettuati all’interno dei negozi di giocattoli individuati, i finanzieri ne hanno selezionati sette, i quali, per prezzi praticati, fattura e packaging dei prodotti destavano particolari sospetti circa la loro originalità e provenienza.
I controlli eseguiti presso i sette esercizi commerciali hanno fatto emergere come nella quasi totalità dei casi i Labubu fossero imitazioni perfette degli originali, realizzati con materiali di qualità inferiore ma riprodotti con una cura tale da rendere difficile per un comune acquirente distinguere gli esemplari autentici da quelli falsi. I prodotti, acquistati senza fattura da canali non ufficiali o da piattaforme e-commerce, perlopiù facenti parte della grande distribuzione, venivano venduti a prezzi di poco inferiori a quelli praticati per gli originali e riportavano loghi, colori e confezioni del tutto simili a questi ultimi, spesso corredati da etichette e codici identificativi non conformi o totalmente falsificati.
Questi elementi, oltre al fatto che in alcuni casi i negozi che li ponevano in vendita fossero specializzati in giocattoli originali di ogni tipo e delle più note marche, potevano indurre il potenziale acquirente a pensare che si trattasse di prodotti originali venduti a prezzi concorrenziali.
In particolare, in un caso, l’intervento dei Baschi Verdi è stato effettuato in un negozio di giocattoli appartenente a una nota catena di distribuzione all’interno di un centro commerciale cittadino. Proprio in questo negozio è stato rinvenuto il maggior numero di pupazzetti falsi, ben 3.000 tra esercizio e magazzino, dove sono stati trovati molti cartoni pieni sia di Labubu imbustati che di scatole per il confezionamento, segno evidente che gli addetti al negozio provvedevano anche a creare i pacchetti sorpresa, diventati molto popolari proprio grazie alla loro distribuzione tramite blind box, ossia scatole a sorpresa, che hanno creato una vera e propria dipendenza dall’acquisto per i collezionisti di tutto il mondo. Tra gli esemplari sequestrati anche alcune copie più piccole di un modello, in teoria introvabile, venduto nel mese di giugno a un’asta di Pechino per 130.000 euro.
Soprattutto in questo caso la collocazione all’interno di un punto vendita regolare e inserito in un contesto commerciale di fiducia, unita alla cura nella realizzazione delle confezioni, avrebbe potuto facilmente indurre in errore i consumatori convinti di acquistare un prodotto ufficiale.
I sette titolari degli esercizi commerciali ispezionati e destinatari dei sequestri degli oltre 10.000 Labubu falsi che, se immessi sul mercato avrebbero potuto fruttare oltre 500.000 euro, sono stati denunciati all’Autorità Giudiziaria per vendita di prodotti recanti marchi contraffatti.
L’attività s’inquadra nel quotidiano contrasto delle Fiamme Gialle al dilagante fenomeno della contraffazione a tutela dei consumatori e delle aziende che si collocano sul mercato in maniera corretta e che, solo nell’ultimo anno, ha portato i Baschi Verdi del Gruppo P.I. di Palermo a denunciare 37 titolari di esercizi commerciali e a sequestrare oltre 500.000 articoli contraffatti, tra pelletteria, capi d’abbigliamento e profumi recanti marchi delle più note griffe italiane e internazionali.
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Stefano Arcifa
Parla il neopresidente dell’Aero Club d’Italia: «Il nostro Paese primeggia in deltaplano, aeromodellismo, paracadutismo e parapendio. Rivorrei i Giochi della gioventù dell’aria».
Per intervistare Stefano Arcifa, il nuovo presidente dell’Aero Club d’Italia (Aeci), bisogna «intercettarlo» come si fa con un velivolo che passa alto e veloce. Dalla sua ratifica da parte del governo, avvenuta alla fine dell’estate, è sempre in trasferta per restare vicino ai club, enti federati e aggregati, che riuniscono gli italiani che volano per passione.
Arcifa, che cos’è l’Aero Club d’Italia?
«È il più antico ente aeronautico italiano, il riferimento per l’aviazione sportiva e turistica italiana, al nostro interno abbracciamo tutte le anime di chi ha passione per ciò che vola, dall’aeromodellismo al paracadutismo, dagli ultraleggeri al parapendio e al deltaplano. Da noi si insegna l’arte del volo con un’attenzione particolare alla sicurezza e al rispetto delle regole».
Riccardo Molinari (Ansa)
Il capogruppo leghista alla Camera: «Stiamo preparando un pacchetto sicurezza bis: rafforzeremo la legittima difesa ed estenderemo la legge anti sgomberi anche alla seconda casa. I militari nelle strade vanno aumentati».
«Vi racconto le norme in arrivo sul comparto sicurezza, vogliamo la legittima difesa “rinforzata” e nuove regole contro le baby gang. L’esercito nelle strade? I soldati di presidio vanno aumentati, non ridotti. Landini? Non ha più argomenti: ridicolo scioperare sulla manovra».
Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera, la Cgil proclama l’ennesimo sciopero generale per il 12 dicembre.
«Non sanno più di cosa parlare. Esaurito il filone di Gaza dopo la firma della tregua, si sono gettati sulla manovra. Ma non ha senso».






