
Nel libro del portavoce di Giuseppe Conte, i tormenti di giovane disoccupato del Meridione con una famiglia difficile vengono a galla: è un uomo guidato dal desiderio di rivalsa. Immagina di mandare la foto di una cena con Angela Merkel ai compagni di scuola in Germania. Il figlio di emigranti pugliesi insultato, picchiato, deriso («Casalino formaggino») negli anni vissuti a Frankenthal, in Renania, ha in testa questa rivincita. Ha anche cercato sui social quelli che lo bullizzavano. «Sogno di andare in una tv tedesca importante perché mi vedano quelli con cui sono cresciuto e che mi hanno fatto così male. Sogno che tornino a casa la sera dal lavoro, si siedano a tavola, accendano la televisione, mi vedano. E gli caschi la faccia nel piatto della zuppa».Ci sono sincerità e polvere di stelle ne Il Portavoce (sottotitolo «La mia storia»), l'autobiografia di Rocco Casalino prima pubblicizzata e poi congelata dall'editore Piemme in attesa degli eventi politici in evoluzione. Ora Giuseppe Conte e il suo responsabile della comunicazione sono fuori, guida Mario Draghi, così il libro si può distribuire. Va in libreria il 16 febbraio e sembra scritto sul lettino dello psicanalista, è liberatorio come un urlo in cima a una montagna e racconta le vicende di un ragazzo del Sud nato povero, cresciuto con dentro una rabbia vincente (60 alla maturità, laureato in Ingegneria), ma diventato ricco di sconfitta in sconfitta (non trovava lavoro) fino alla consacrazione televisiva. C'è una curiosità che percorre le 268 pagine: la faccenda del Grande Fratello, gli sguardi di chi lo bolla con il Grande Fratello lui non li regge più. Vorrebbe rimuovere la sua seconda nascita (quella pubblica) ma non può. Perché per l'Italia intera quel portavoce inquadrato a gambe larghe come un pistolero western mentre Conte annunciava i Dpcm, sarà sempre un prodotto da Grande Fratello. Se ne farà una ragione, c'è di peggio. Come quando, da bambino, era costretto a dormire nella vasca da bagno con la sorella perché quella era l'unica stanza che si poteva chiudere a chiave. Almeno lì il padre che tornava ubriaco non li avrebbe picchiati. In compenso angariava la mamma e sotto gli occhi di Rocco sfogava le sue manesche frustrazioni. Anni dopo, quando il genitore è in un letto d'ospedale a pochi minuti dall'ora del destino lui lo osserva e dice: «Muori. Devi morire». Poi spiega: «Pronuncio queste parole con lingua ferma, a voce né troppo alta né troppo bassa. Senza rabbia. Parole ferme, dure, normali (...). La rabbia ha impregnato ogni fibra del mio essere, ma è così da tanto tempo che è diventata tutt'uno con la mia anima e con il mio corpo». E ancora: «Sono sollevato. Tutto il male che aveva fatto a mia madre, tutto il dolore che aveva fatto patire a me da ragazzo (...). Non ho mai provato un dolore più grande che vedere picchiare, umiliare, violentare mia madre». Quelle scene se le porta dentro oggi a 48 anni, forse sono ancora causa delle insonnie e della paura dei vampiri. Il padre sarà perdonato solo sulla tomba, anni dopo. Il rapporto è simile a quello descritto in Open da André Agassi, anche se qui la narrazione è più ruspante. A scuola Rocco è bravo, lo «spaghetti fresser» (divoratore di spaghetti, ma Fressen è un termine usato solo per gli animali) è un piccolo genio informatico affascinato dal film culto di John Badham, Wargames, e a 14 anni tenta per gioco di hackerare il sito di una banca, con tanto di intervento della polizia. Suo padre va in pensione e la famiglia decide di tornare a casa, a Ceglie Messapica, dietro Ostuni. Una storia di emigrazione andata e ritorno come tante, ma il ragazzo si sente un deportato, sempre fuori posto: «Ero italiano in Germania e tedesco in Puglia». Negli anni salentini è travolto da tre rivelazioni che gli forgiano il carattere: la negazione di Dio (diventa anticlericale con sfumature nicciane), la sostituzione di Dio con il comunismo e il sesso con inclinazioni bipartisan. Nel senso che è gay ma non riesce a rivelarlo a sé stesso. Per ora la politica è lontana e la fregola di retroscena sul triennio contiano del tutto frustrata; Il Portavoce è un «Inside Rocco» e poco più. La sua professoressa di Lettere e Storia lo avvia all'estrema sinistra, un perfetto comunista (anche se ora la parola non gli piace). A 20 anni aderisce a Rifondazione comunista, Che Guevara e la Taranta, il suo idolo televisivo è Michele Santoro. Sono gli anni di Tangentopoli con le monetine a Bettino Craxi davanti all'hotel Raphael. Per Casalino è una catarsi sociale. «Col senno del poi capisco che non è una cosa bella, ma ai tempi sembrava che finalmente il popolo potesse liberarsi dei potenti malvagi e arroganti». Vorrebbe essere lì a tirare le cento lire; in embrione è il giorno alfa del suo grillismo.Diventa ingegnere elettronico a Bologna. È orgoglioso di quel Dott. Ing. che fa stampare sui biglietti da visita. Ma per trovare lavoro al Sud serve a poco, al massimo riesce a infilarsi in un call center dove la domanda più frequente è: «Ho lo schermo nero del computer, cosa faccio?». Risposta: «Provi ad accenderlo». A questo punto arriva, come uno schiocco del destino, il Grande Fratello. Prima edizione, anno 2000, 16 milioni di telespettatori al gran finale. Scopre che per entrare bisogna essere spiazzanti, provocare. Ai selezionatori dice: «Sono qui con la mia ragazza ma mi piacciono anche gli uomini. Sono un ingegnere elettronico, lavoro per una multinazionale americana e odiavo mio padre». Preso. È perfetto, resta nella casa 93 giorni su 100 e diventa ricco anche senza vincere. Serate, televendite, il Rolex, la Porsche. Torna a casa e rovescia i gettoni d'oro sul letto per mostrarli alla mamma. Ha svoltato, una vita da cinepanettone dei Vanzina. Ma con il sensore da ragazzo nato povero, Rocco coglie un particolare: questa pacchia finirà. Allora decide di buttarsi in politica, ovviamente a sinistra. A una trasmissione da reduci del Gf incontra Barbara Palombelli e le confida il proposito. È un domino: il sindaco di Roma Francesco Rutelli (marito della Palombelli) lo manda da Walter Veltroni che lo rimbalza ai Ds pugliesi. Il ragionamento è poco gramsciano: un volto noto potrebbe dragare voti presso i non militanti. Niente, all'ultimo Casalino si ritira, preferisce provare a fare il giornalista. Prima a Telelombardia, dove sostiene di essere stato licenziato perché criticava troppo duramente la Lega, poi a TeleNorba, pupillo di Lamberto Sposini. È il 2008, c'è il secondo Vaffa Day e Casalino individua il suo nuovo messia: Beppe Grillo. Entra nel Movimento 5 stelle, piace soprattutto a Vito Crimi, mette a frutto le tecniche televisive e indirizza con qualche dritta di marketing quell'esercito di neofiti. Riempie un vuoto, funziona sempre così. Nel frattempo ci sarebbero anche gli amori di un omosessuale lacerato e dubbioso, che rivela: «Se ci fosse una pillola per diventare etero la prenderei». È un elenco senza distinzione di sesso: dal compagno di scuola Markus alla giapponese Mieko, da Giuliana la fisioterapista ad Anastasia la lap dancer, da Daniel a Yoandys, a Gaetano, fino a Josè. È il compagno ufficiale, quello che lo mette in difficoltà con le scommesse in Borsa finite nel mirino dell'antiriciclaggio. Lo porterà anche al Quirinale in un incontro con Sergio Mattarella. Rocco arriva a Roma con la piena e con un ruolo tosto: capo della comunicazione al Senato. Gianroberto Casaleggio lo fa crescere con telefonate all'alba stile Gianni Agnelli. Quando, dopo le elezioni del 2018, partecipa al summit fra Luigi Di Maio e Matteo Salvini per decidere il presidente del Consiglio, vede entrare cardinali Giuseppe Conte e Giulio Sapelli. Vince il suo premier, che nel libro paragona a Tony Blair e John Kennedy. Lo stima ai limiti dell'adorazione, ne parla come di quel papà che non ha mai avuto.Nei tre anni contiani il Dott. Ing. «Casalino formaggino» è diventato larger than life; mentre racconta, mostra un super ego che riempie i saloni del potere e al tempo stesso sembra Aldo Baglio («Non ci posso credere...»). Stringe la mano alla regina Elisabetta e a Emmanuel Macron, va in palestra a fare i pesi con il premier greco Kiriakos Mitsotakis, siede a tavola accanto a Donald Trump. È travolto da una felicità provinciale, chissà a Ceglie Messapica domani... Nel suo esibire l'inventario c'è l'ingenuità dello Zelig. O di Totò Schillaci dopo i mondiali di Italia 90, quando disse: «Sono fortunato, ho conosciuto principi e sindaci». A proposito, che fine ha fatto?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
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Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
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Stadio di San Siro (Imagoeconomica)
Ieri il Meazza è diventato, per 197 milioni, ufficialmente di proprietà di Milan e Inter. Una compravendita sulla quale i pm ipotizzano una turbativa d’asta: nel mirino c’è il bando, contestato da un potenziale acquirente per le tempistiche troppo strette.
Azione-reazione, come il martelletto sul ginocchio. Il riflesso rotuleo della Procura di Milano indica un’ottima salute del sistema nervoso, sembra quello di Jannik Sinner. Erano trascorsi pochi minuti dalla firma del rogito con il quale lo stadio di San Siro è passato dal Comune ai club Inter e Milan che dal quarto piano del tribunale è ufficialmente partita un’inchiesta per turbativa d’asta. Se le Montblanc di Paolo Scaroni e Beppe Marotta fossero state scariche, il siluro giudiziario sarebbe arrivato anche prima delle firme, quindi prima dell’ipotetica fattispecie di reato. Il rito ambrosiano funziona così.











