
La vicepresidente della Consulta Marta Cartabia battezza la kermesse a cui partecipano pure Enrico Letta e Carlo Cottarelli.I «competenti» sondano il terreno. Si fanno vedere in giro. Forse è l'appello all'unità degli europeisti di Carlo Calenda. Forse è l'imminenza delle elezioni europee, la sensazione che un trionfo della Lega e un tonfo dei 5 stelle potrebbe sparigliare le carte. Forse è la stretta sorveglianza del Quirinale sulla coalizione populista, con i veti e gli interventi più o meno indiretti. Fatto sta che «qualcuno» comincia ad accarezzare l'ipotesi di un futuro in politica. Che, nel nostro Paese, è da sempre la tentazione dei magistrati. Di Marta Cartabia, vicepresidente della Corte costituzionale, si era parlato nei concitati giorni delle trattative per la formazione del governo. Il capo dello Stato voleva smuovere le acque affidando un incarico transitorio a un tecnico e, tra i nomi dei papabili presidenti del Consiglio, era venuto fuori anche quello della beniamina di Giorgio Napolitano, che la volle alla Consulta nel 2011. Poi non se ne fece nulla, perché a sacrificarsi fu Carlo Cottarelli. Al premier mancato, quell'aborto fa ancora male. Tant'è che gira l'Italia e le tv a «spiegare l'economia» perlopiù contro i gialloblù. Ma anche la Cartabia sembra non aver abbandonato la seducente idea delle istituzioni politiche. Ed è forse per questo che il giudice della Suprema corte ha cominciato a scoprire qualche carta. Ad esempio, partecipando a Milano all'evento inaugurale di una scuola di formazione politica, Conoscere per decidere, nata da un'idea di Luciano Violante (con cui la Cartabia ha da poco pubblicato un libro) e Giorgio Vittadini, della Fondazione per la sussidiarietà.Nulla di illegittimo, ovviamente. Anzi, è nobile l'intento di restituire credibilità alla politica, la cui crisi ha avuto un prezzo «che sta diventando insostenibile per la collettività», come si legge nella brochure di presentazione dell'evento. L'impressione, però, è che la kermesse sia un tantino sbilanciata sullo schieramento «medio progressista», sul milieu degli «esperti» di sinistra che considerano quella di questo governo una risposta inadeguata ai problemi e, in qualche caso, tifano per lo spread pur di liquidare la coalizione pentaleghista.Alla conferenza inaugurale, dedicata a «popolo e democrazia», è stato letto un brano del famoso discorso di Piero Calamandrei ai giovani sulla Costituzione: «Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani». Qual miglior oratore di un giudice costituzionale per commentarlo. Tanto più che, per par condicio, tra gli ospiti della serata era previsto (poi è mancato per impegni fuori città) anche il presidente della Regione Lombardia, il leghista Attilio Fontana. Più in quanto governatore che in quanto leghista, per la verità. Ma è opportuno che un magistrato della Consulta associ pubblicamente il suo nome a quello di una sfilza di conferenzieri politicamente e partiticamente orientati, i quali, da qui a maggio, catechizzeranno l'uditorio milanese? Si va da Anna Finocchiaro, che il programma della scuola di formazione definisce «già parlamentare» (del Pd), a Lorenzo Ornaghi (emblema del governo dei competenti, essendo stato ministro dei Beni culturali con Mario Monti), dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori (ovviamente dem), all'ex premier Enrico Letta, passando per l'ubiquo premier mancato, Cottarelli. Con poche voci non allineate al verbo degli esperti: quella di Giulio Sapelli sarà forse la più illustre.Nessuno, come evidente, vuole impedire alla giurista Cartabia di parlare in pubblico. Ci mancherebbe. Durante la conferenza le è scappata qualche considerazione dal sapore tecnocratico: tipo quella sulla «comprensione illuminata delle questioni pubbliche come necessità perché la democrazia possa funzionare». Ma il punto vero è che, per una figura che è sempre sembrata incline a enfatizzare il ruolo politico e legislativo dei giudici e che, durante lo stallo istituzionale del maggio scorso, era stata presa in considerazione da Mattarella come possibile premier, il battesimo di Conoscere per decidere pare l'ennesima conferma di ambizioni che vanno oltre le mura del palazzo della Consulta. Magari nella speranza che esse siano sostenute proprio dall'illustre inquilino che abita dall'altra parte della strada, protetto dai corazzieri.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






