2021-05-10
Caro Letta, a quando un’idea sul mondo reale?
Caro Enrico Letta, sarà perché siamo coetanei, sarà perché abbiamo avuto un militanza nei medesimi movimenti cattolici, sarà perché lei ha sposato una bravissima collega con cui condivisi alcuni momenti nei miei esordi da cronista, sarà perché lei ha sempre rappresentato il volto più civile e urbano del potere rispetto ai bulli d'assalto, ma ho sempre avuto, pur nella diversità d'idee, una certa stima per lei. E anche un po' di simpatia. Nella indimenticabile scena di Palazzo Chigi con il passaggio del campanello a Renzi, che l'aveva appena silurata a forza di #staisereno, come si faceva a non stare dalla parte del suo grugno offeso contro l'arroganza di quell'altro? Così pensavo che ritornando in Italia, dopo l'esilio parigino, lei potesse portare al Partito democratico qualcosa di nuovo e forte. E invece, che delusione.Non so se siano veri i sondaggi rivelati da Dagospia, secondo il quale il 65% degli iscritti al Pd riterrebbero la sua battaglia sullo ius soli fuori luogo, e il 75% inopportuno il suo tweet pro Fedez, ma se fosse così non mi stupirei. Ci si aspettava da lei idee potenti, linfa nuova, capacità di disegnare il futuro e di raggiungere quei tanti italiani che in questo momento non si sentono rappresentati da nessuno: invece, appena tornato sulla scena italiana, non ha saputo far altro che chiedere più cittadinanza per gli stranieri e il voto ai sedicenni. Poi è andato a rimorchio di un rapper miliardario sulla legge Zan. E poi ha preso una posizione forte e decisa su un tema fondamentale: la riforma della Coppa Italia. Qualcuno si è chiesto: niente da dire sul regolamento delle rimesse laterali? E sulle modifiche al fuorigioco?Chi la irride già definisce la sua come segreteria sottiLetta per via dell'assottigliamento dei voti che rischia di causare. Ma la cosa, per la verità, mi rallegra poco. E non solo per via di quell'antica stima di cui le dicevo. Ma perché sono convinto che nella politica di oggi ci sia bisogno più che mai di battaglie forti, di opinioni vere, di leader capaci di volare alto. E invece lei che fa? Ritorna con il marchio nobile di Sciences Po, l'esperienza parigina, l'insegnamento ai ragazzi, e si mette subito a navigare nella vaschetta putrida della politichetta italiana, con i tweet furbetti, la felpa Open arms, il pizzicotto sotto il banco, i dispettucci da asilo Mariuccia e le beghe da comari. Che tristezza.Ha scelto come obiettivo Salvini, e va beh. Ma a parte che questo giova più al leader della Lega che a lei: qual è il suo progetto? Che cosa vuole fare? Quale sono le sue proposte innovative? La sua idea di Paese? Le novità culturali? Finora abbiamo visto solo tattica. E pure di infimo livello. Anche la pantomima della candidatura Zingaretti a sindaco di Roma, per dire, è stata accompagnata da un dibattito assurdo sui tempi delle dimissioni, per fissare le elezioni a rate (prima comunali e poi regionali), in base a motivazioni e a criteri che stanno al Paese reale come io sto all'astrofisica nucleare. Spero non insegnasse questo ai suoi ragazzi a Parigi. Ma allora perché lo propina a noi?
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