2024-09-30
Cara Pascale, ci accolga nel partito del Calippo
Cara Francesca Pascale, le scrivo questa cartolina per chiederle di iscrivermi al suo partito. Non so ancora come si chiami, né che programma abbia, ma sono sicuro che sarà un partito di successo, dal momento che lo guida una grande statista come lei. Ora che si è anche iscritta all’Anpi e ha pure cambiato il colore dei capelli (da biondo platino a castano ramato) nessuno la fermerà più.E infatti già la vedo celebrata in tutti i salotti buoni della sinistra (da Lilli Gruber a Serena Bortone, da Francesca Fagnani a Bianca Berlinguer), nonché celebrata da interviste ossequiose su Repubblica e da paginate entusiaste sul Foglio, dove addirittura si guadagna il titolo di «vera anti Meloni». Non male per chi fino a qualche tempo fa non perdeva occasione di ricordarle i suoi trascorsi a Telecafone con il Calippo.Ma si sa nella vita si cambia, e lei è cambiata tanto: da donna del Calippo ad aspirante Rosa Luxembourg il passo è breve, soprattutto quando si diventa reginette dell’Arcigay. C’è stato un tempo (settembre 2014) in cui dichiarava all’Ansa: «Non sono lesbica, sono eterosessuale» e annunciava richieste di risarcimenti danni (10 milioni di euro) a chi come Michelle Bonev la definiva tale. Poi c’è stato l’outing, la relazione (interrotta) con Paola Turci, la scoperta dei Gay Pride. E così è diventata «attivista», come la qualificava l’altro giorno Lilli Gruber nel sottopancia durante Otto e mezzo. Che cosa abbia attivato, in quanto attivista, non è dato sapere ma l’espressione suona bene. E tanto basta a coloro che la trattavano come una di quelle per riabilitarla nel ruolo di simbolo dell’emancipazione delle donne. Tutto molto bello, si capisce. Ma ricorda quando nel 2006 lei fondò il comitato «Silvio ci manchi»? Ecco, adesso vorremmo fondarlo noi.Per anni l’hanno descritta come un paravento, una sgallettata miracolata, arrampicatrice, approfittatrice, bonificatrice di bunga bunga. L’hanno presa in giro per i costosi fagiolini di Palazzo Grazioli, l’hanno denunciata persino per i presunti maltrattamenti a Dudù e Dudina. Ora è diventata Simone de Beauvoir in versione Lgbtq. Ovviamente fluida. Ovviamente antifascista. A Serena Bortone infatti ha parlato della necessità di creare «un’alleanza che parta dall’antifascismo». Da Arcore a Ventotene, dalla battaglia per i fagiolini alla battaglia per la libertà, la trasformazione è completa: il partito può nascere. Arriva la «vera anti Meloni». Dichiara pure di farsi le canne. E dunque Telecafone può essere definitivamente dimenticata.Noi ovviamente siamo felici dell’entusiasmo che circonda la sua iniziativa, cara Pascale. E ci accodiamo. È pur vero che definirla «erede del Cav» (Foglio dixit) pare un po’ avventato, dal momento che nella sua vita non ha dimostrato di saper costruire nulla, a parte un paio di relazioni sentimentali. Ed è pur vero che l’unica volta che si è presentata alle elezioni (consiglio comunale di Napoli) prese 88 voti, così pochi che lei stessa commentò «non mi ha votato nemmeno il mio palazzo». Ma siccome il suo nuovo partito, anche se ancora non esiste, è già celebrato come un successo a reti di sinistra unificate, non possiamo fare a meno di chiederle ossequiosamente una tessera. Purché non sia a forma di Calippo.
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Piergiorgio Odifreddi (Getty Images)