L'Italia produce 60 milioni di cappelli

- Il mercato dei copricapo resta immune alla crisi e il distretto fermano-maceratese arriva un giro d'affari da 140 milioni di euro.
- Guida agli ultimi trend: dal ritorno del «bucket hat» alla versione oversize sfoggiata da Kylie Jenner.
- Alexandre Daillance ha fondato il suo marchio 17 anni. Il suo cappello da baseball con la scritta «Sono venuto a spezzare cuori» è stato indossato anche da Rihanna.
- Qualunque sia la forma che preferite, per Miuccia Prada l'accessorio perfetto è in nylon. E la maison si prepara entro il 2012 a introdurne una versione sostenibile chiamata Re-Nylon.
- Borsalino omaggia Humphrey Bogart con un modello a lui dedicato. Per uomo o per donna, il panama non passa mai di moda.
Lo speciale contiene cinque articoli e gallery fotografiche.
Di paglia o di stoffa, in spiaggia o in città il cappello è un accessorio intramontabile. E l'Italia è uno dei maggiori produttori in Europa. Tutta la produzione avviene nel distretto produttivo fermano-maceratese (Montappone, Massa Fermana, Monte Vidon Corrado, Falerone, Mogliano, Loro Piceno e Sant'Angelo in Pontano) che nel giro di dieci anni ha raddoppiato il fatturato passando da 70 a 140 milioni di euro con una produzione di circa 60 milioni di cappelli. Questi numeri non sono da sottovalutare perché rappresentano il 70% dell'intera produzione italiana e il 50% di quella Europea.
La specializzazione, consolidatasi nel corso degli anni tanto da diventare un'eccellenza a livello mondiale,
insieme all'export ha reso la terra dei cappelli «immune» dalla crisi del 2008. Nel periodo il settore ha infatti segnato dati in crescita, soprattutto per quanto riguarda i mercati esteri. Le esportazioni sono dunque diventate fondamentali per il benessere del distretto. All'inizio la percentuale di produzione dedicata ai mercati esteri era ben poca cosa, e coinvolgeva un numero limitato di imprese nel distretto. Nel tempo questa è arrivata ad assorbire fino all'85% dei prodotti realizzati, e diverse piccole e medie imprese hanno iniziato a specializzarsi anche per mercati specifici. I paesi che da sempre hanno richiesto i cappelli italiani sono: la Francia, la Germania, la Spagna, la Gran Bretagna, gli Usa, la Russia e il Giappone. Negli anni si sono aggiunti anche il mercato russo e turco.
Il 2018 non è stato un anno brillante per quanto riguarda il settore del cappello, se confrontato con l'anno precedente. Il calo nelle importazioni ed esportazioni è stato minimo (ma c'è stato). Secondo gli ultimi dati Istat per quanto l'import ci si ferma a 5.271.040 euro, contro i 6.101.533 euro del 2017. Mentre le esportazioni arrivano a 19.846.844 euro 2018 contro i 20.509.712 euro dell'anno precedente. Nonostante la performace non brillante l'Italia si conferma uno dei maggiori produttori di cappelli a livello europeo. Nel terzo trimestre del 2018 il settore ha però avuto una piacevole sorpresa: la Svizzera. La Confederazione elvetica è stata infatti la giurisdizione che ha maggiormente richiesto cappelli italiani, balzando dalla quarta alla prima posizione. Questo scatto in avanti ha fatto scendere al secondo posto la Germania, che dopo anni di segni positivi ha fatto registrare un segno negativo sull'export italiano. Il Paese guidato da Angela Merkel ha infatti segnato un -2,4% nella richiesta di cappelli italiani (l'incasso dal Paese rimane comunque uno dei più alti: 15 milioni di euro). Al terzo posto, con la Francia, si torna in territorio positivo registrando un +2,7% con 14 milioni di euro. Fuori dal podio si ritrovano invece il Regno Unito e gli Stati Uniti. Il Paese di Donald Trump conferma la preferenza per i prodotti italiani, facendo registrare segni positivi anche nel 2018 (10 milioni di euro), anno dominato dalle continue minacce protezionistiche del presidente americano. Dietro gli Usa ci sono la Spagna, che tende a stabilizzare la richiesta di cappelli italiani, i Paesi Bassi (+15%) e l'Austria (1,2%). Risultati negativi arrivano invece dalla Russia (-12,3%) e dal Giappone (-5,8%). In entrambi i paesi l'andamento delle esportazioni è sempre stato altalenante (nel 2017, in Russia, il risultato export era stato positivo anche grazie al settore del lusso che ha trainato molto il segmento dei cappelli).
Il 2018 non ha dunque retto il confronto con il 2017. I dati, anche se negativi, risultano essere molto positivi se confrontati con il resto dell'Europa. E inoltre è da considerare il fatto che circa il 90% della produzione dei cappelli italiani proviene da un unico distretto industriale composto da circa 90 aziende. Realtà che portare ricchezza economica alle Marche, all'intera Italia e prestigio nel mondo.
Giorgia Pacione Di Bello
Il cappello di rafia
Quando la temperatura si alza, il cappello di rafia sembra fare capolino da qualsiasi armadio. Elegante e senza tempo, può essere acquistato un po' ovunque. Se c'è infatti chi non può fare a meno di una delle tante alternative di lusso, sono in molti che si affidano al fascino senza tempo di un cappello fatto a mano, acquistato in un piccolo negozio durante le vacanze estive. Ultimo trend assoluto è la decorazione sulla tesa. Che sia il vostro nome o una frase divertente, ormai il cappello va personalizzato.
Il «bucket» hat
Il classico cappello da pioggia, con la sua forma spiovente e il tessuto impermeabile, nasce nel 1900 come copricapo da pescatori e oggi è di nuovo sulle passerelle. Il cappello irlandese da passeggio è diventato di moda per la prima volta negli anni Sessanta grazie ai giovani londinesi che si identificavano con il simbolo della Royal Air Force e avevano come «uniforme» un parka e un «bucket hat». Riscoperto a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta da rapper e it-girl, oggi è di nuovo sulle passerelle.
Oversize
Grande, anzi grandissimo. Il cappello dell'estate 2019 è oversize e Instagram friendly. A portare questo stile in passerella è stato il francese Jaquemus che con il suo cappello oversize ha conquistato le pagine delle più grandi riviste di moda e anche la neo miliardaria Kylie Jenner che ha posato per una sua foto di Instagram completamente nuda ma con il suo maxi cappello, guadagnandosi 11 milioni di like.
Visiera
Chiunque abbia partecipato al Coachella di quest'anno indossava una visiera. Coloratissimo e logato questo accessorio è tornato sulle passerelle grazie a Dior. Indossato dal nuovo idolo dei teenager Billie Eilish, sembra che il visore sia esso in plastica o in paglia (come nella versione firmata Luis Vuitton) sia diventato un elemento immancabile nell'armadio di ogni influencer e wannabe. Sembra che la moda non si stanchi mai di ispirarsi al mondo del tennis.
Millinsky: il diciassettenne che ha conquistato Rihanna con i suoi cappelli
Nasaseasons nasce a Parigi. Un movimento di adolescenti che si muovono per i più grandi party underground della capitale. Come può il progetto di un gruppo di ragazzi che non hanno ancora raggiunto la maggiore età finire nei più grandi store del mondo? A raccontarlo è Alexandre Daillance (in arte Millinsky) che oggi ha 19 anni e vede regolarmente i suoi cappelli indossati da star come Rihanna. «Ho contattato un sacco di persone tramite Instagram per chiedere loro di indossare i miei prodotti». Ian Connor, Luka Sabbat, Virgil Abloh, Theophilus London e Keith Ape sono solo alcuni dei nomi a cui Alexandre ha chiesto supporto per la sua nuova linea. Ma mentre moltissimi si accontenterebbero di avere un brand famoso su Instagram, il 17enne Millinsky voleva «essere rispettato» nella mondo della moda. Il suo prossimo passo? Contattare i buyer di grandi negozi in giro per il mondo, come aveva fatto per gli influencer.
In una società che «dipende troppo dal giudizio altrui», Nasaseasons vuole farsi un nome nello streetwear e spaziare ben oltre i cappelli, producendo anche felpe, tshirt e giacche. La sua nuova collezione presenta infatti abbigliamento con le frasi che hanno reso così famosi i suoi cappelli. I «classici» così vengono chiamati sul suo store completamente sold out leggono: «Sono venuto qui per spezzare cuori» (il modello scelto da Rihanna), «quasi famoso», «single per stanotte», «no fotografie», «meglio da solo che con te». Una linea che strizza l'occhio a una generazione ossessionata dai social media, ma che per Millinsky avrebbe bisogno di vivere di più offline.
Mariella Baroli
«Bucket» o con la visiera, il cappello di Prada è in (eco) Nylon

Che sia con la visiera o stile «bucket» come vuole l'ultimo trend, per Prada il cappello è in nylon. Miuccia Prada racconta così la sua storia d'amore con questo materiale povero che la stilista italiana ha portato fino in passerella. «Improvvisamente il nylon mi è sembrato più interessante di qualunque tessuto d'alta moda. Ho deciso quindi di introdurlo in collezione e in sfilata e questo ha inevitabilmente messo in discussione, quasi sovvertito, la percezione tradizionale e convenzionale del lusso. Ad oggi, il nylon, è ancora una mia ossessione».
Le stampe della nuova stagione rimandano a un moderno Frankenstein, con immagini del celebre mostro per gli uomini e cuori dagli accenni steam punk per la donna. Questa sarà forse l'ultima collezione in nylon per Prada, che ha da poco annunciato come l'azienda convertirà tutto il nylon vergine di Prada in Re-Nylon, materiale realizzato con rifiuti di plastica recuperati negli oceani, come reti da pesca o scarti di fibre tessili destinati alle discariche.
Per presentare questo nuovo tessuto, Prada ha creato una partnership con National Geographic, realizzando una serie di cortometraggi dal titolo «What We Carry», il primo episodio ambientato a Phoenix in Arizona ci porta alla scoperta di una delle fonti di produzione di ECONYL insieme all'attrice Bonnie Wright e Asher Jay, artista ambientalista.
Mariella Baroli
Borsalino celebra Humphrey Bogart






























