2020-04-02
Caos decreti: spunta il terzo sulla liquidità
Il Cura Italia deve ancora essere approvato. I contenuti della manovra di aprile sono un mistero. E adesso Giuseppe Conte pensa a un altro intervento per far arrivare soldi alle imprese, a un passo dal fallimento dopo un mese di stop. Ma si parla di cifre ridicole: 10 miliardi. Il decreto di marzo si chiama Cura Italia. È approdato solo martedì in Aula per affrontare gli emendamenti della maggioranza e dell'opposizione. Nonostante il coronavirus il nostro Paese resta una democrazia parlamentare e quindi il governo dovrà affrontare questa rogna della conversione in legge. Dei soldi promessi (25 miliardi) ne sono stati erogati poco meno di 3. Gli altri sono al momento ancora promesse, molte delle quali sono protagoniste del fallimento digitale dell'Inps e di altri mezzi frantumati dalla burocrazia italica. Nel frattempo, il premier Giuseppe Conte ha confermato che si appresta a varare il decreto di aprile entro la metà del mese. Non sappiamo con che nome sarà battezzato. Speriamo non Resuscita Italia, vista la situazione a metà tra l'ottimistico e la presa in giro. Di questo decreto ancora non c'è traccia. Potrebbe però seguire il medesimo schema di quello di marzo, solo con importi diversi. Se così fosse ci sarebbe da dubitare della capacità del governo di imparare dagli errori. Uno su tutti sta proprio nell'uso dei decreti. Sono, infatti, il mezzo peggiore per prendere decisioni ai tempi del Covid-19. Eppure l'obiettivo del nuovo testo sarebbe quello di estendere i bonus per gli autonomi, salvo cambiare le regole di accesso agli incentivi, e inserire il reddito di emergenza per tutti coloro che hanno perso il lavoro, compreso chi per anni è stato impiegato in nero. Se non bastasse, in piena «decretite», il premier ha aggiunto un terzo Dpcm che dovrebbe servire a dare liquidità alle imprese. «Con l'avvio del mese di aprile, il governo è al lavoro su due decreti, uno per le famiglie e uno per dare liquidità alle imprese vista l'emergenza economica causata dalla pandemia coronavirus». Sono le parole del presidente del Consiglio, nel corso dell'incontro con i leader di opposizione. «Siamo al lavoro per anticipare in un decreto-legge, da adottare subito, le misure più urgenti. Avvertiamo tutta l'urgenza di intervenire prima possibile», ha ribadito Conte a Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Antonio Tajani. Tracciando, poi, un quadro economico generale, del quale non ha dato alcun tipo di dettaglio né di anticipazione, il premier ha proposto «un tavolo maggioranza-opposizione che si riunisca con ritmo più serrato» al fine di assicurare un «confronto che porti alla più ampia condivisione possibile anche sul piano sostanziale». Nell'ottica del governo, il decreto cosiddetto «liquidità» dovrebbe essere varato prima del decreto aprile. Scusate lo scioglilingua, ma purtroppo la confusione linguistica rende in modo plastico il caos in cui sta finendo la nostra economia. Molti Paesi non hanno varato decreti. Hanno aperto i cordoni delle casse perché le imprese possano avere un salvagente almeno per i prossimi due mesi. Per fortuna, Conte sente l'urgenza di fare qualcosa per le aziende. Adesso, a un mese dalla chiusura delle scuole in Lombardia, evento che ha dato avvio alla consapevolezza del dramma che ha travolto il Nord Italia. In momenti di morte, a criticare l'azione del governo si rischia di passare per negativi e per inopportuni. Ma se si vede un muro in avvicinamento, bisogna, invece, gridare al conducente di frenare. E pensare di risolvere il problema delle aziende, costrette alla chiusura per tutelare la vita dei dipendenti, con un decreto significa accelerare verso il muro dei fallimenti e la tragedia economica. Anche le indiscrezioni numeriche che circolano fanno poco sperare. «Questa manovra richiederà lo stanziamento da parte del Tesoro di altri 10 miliardi di euro da aggiungere ai precedenti 5 inclusi nel programma di garanzia», riferiva ieri una fonte del Mef all'agenzia Reuters. Non ha saputo essere più preciso nemmeno il ministro dell'Economia. Ieri, al question time, Roberto Gualtieri ha spiegato che «intendiamo presentare quanto prima una misura per rafforzare ulteriormente il sistema delle garanzie dello Stato per i prestiti alle imprese, per rafforzare ulteriormente le misure già prese e arrivare complessivamente a interventi analoghi, se non superiori, a quelli presi da altri Paesi europei». Inoltre, ha concluso il ministro, «il governo italiano è al lavoro su una proposta concreta di emissione comune di titoli». Il continuo rinvio e accavallamento di decreti si spiega in soli due modi. I giallorossi attendono l'esito dell'Eurogruppo per sapere quanti soldi possono spendere. E, secondo motivo, non c'è denaro a sufficienza. La combinazione delle due motivazioni rischia di essere irreparabile.