2024-09-28
«Caos sui bimbi trans. Spesso vogliono solo far felice un genitore»
Laura Pigozzi, psicologa e scrittrice
La psicologa clinica Laura Pigozzi: «Dietro tutti i discorsi sul gender ci sono interessi che portano alla medicalizzazione. Negli adolescenti è una ribellione».Laura Pigozzi, psicoanalista e psicologa clinica, è autrice di libri di successo come Amori tossici e il recentissimo L’età dello sballo (Rizzoli). Soprattutto nel primo ha approfondito la questione del gender con un approccio estremamente lucido e niente affatto settario. Non è una pericolosa sovranista o una temibile bigotta. Nei suoi saggi e nelle interviste che ha concesso si mostra molto cauta e talvolta dubbiosa. Sembra non amare le identità scolpite nella pietra, a cui preferisce «la più nobile identificazione». Insomma, non si può certo accusarla di avere pregiudizi su questo tema estremamente complicato. E non si può nemmeno non apprezzare il rispetto e la dolcezza con cui ragiona e argomenta: in fondo parliamo della vita di famiglie, bambini e ragazzi che si trovano a muoversi in un territorio in larga parte sconosciuto. Tuttavia, come professionista autorevole con anni di esperienza alle spalle, quando sente parlare di «bambini trans» rimane molto perplessa. «Come fa a porsi una questione sul genere un bambino che non è ancora entrato nella dimensione sessuale?», si interroga.La domanda è esattamente questa. Come può desiderare di appartenere a un sesso diverso da quello di nascita un bambino (o una bambina, ovviamente) che ancora non ha fatto esperienza del proprio corpo? «Ma è proprio questo a darci la misura del fatto che il dichiararsi appartenenti a un altro genere sia soltanto una questione nominale. Anche per gli adulti, per coloro che sono entrati nel proprio genere e che hanno un contatto con la propria sessualità, oltre che con quella dell’altro». Che cosa significa che è una questione nominale? «Che si tratta semplicemente di nominarsi in un modo o in un altro. Che cosa c’è, dunque, alla base? Ovviamente una idealizzazione. Voglio dire che mi sembra che sul gender si faccia tanto rumore per nulla. La psicoanalisi da sempre insegna che l’essere umano ha da sempre un po’ di fluidità. Se riconosciamo questo, che bisogno c’è di tutto questo discorso gender? Non c’è bisogno di manipolare il proprio corpo o di credere a certi ideali tecnoscientifici. Forse varrebbe la pena di chiedersi se non ci sia, nella volontà di cambio di genere, la ricerca rassicurante di un punto fermo, cioè di essere fissato nell’assoluto di una definizione precisa, benché opposta a quella che la biologia ha deciso: il che finisce paradossalmente per condurre al contrario della fluidità, già insita in ogni essere umano».Insomma, non è necessaria questa catalogazione un po’ burocratica. «Dietro a tutto questo, dietro a questi discorsi, alla fine c’è la manipolazione dei corpi, soprattutto i corpi giovani. Mi pare che molti ragazzi che si dichiarano appartenenti a un altro genere siano stati instradati in quella direzione con una sorta di tecnica di manipolazione. Dietro a questo maneggiare il corpo ci sono pure degli interessi, dopo tutto un bambino che si dichiara appartenente a un altro genere entra in un percorso di medicalizzazione».Certo. «Mi ha colpito una notizia uscita non molto tempo fa. La storia di un bambino che si sentiva un gatto e al cui riguardo si è parlato di disforia di specie. Ovviamente bisogna valutare caso per caso. Ma a quel bambino direi: guarda tesoro mio, che ci siamo tutti sentiti un po’ gatti, ci siamo tutti sentiti un po’ del genere diverso, siamo stati tutti un po’ disforici, è una questione che fa parte dell’essere umano. Se adesso insisti per dare a tutti i costi una definizione, ti metti in una casa piccola anziché tenerti una casa più grande. Quando un bambino dice una cosa del genere, anche non così estrema, significa che è molto angosciato. E così anche un adolescente. Bisogna, allora affrontare questa angoscia, chiedere da dove scaturisca».Ma come si affronta, poi, questa angoscia? «Il confine tra uomo e donna può essere mobile, un po’ poroso. Ma qualcuno - nel caso del bambino magari un genitore - deve far capire che è normale avere queste fantasie, decisamente meno tradurre la fantasia in una manipolazione del corpo. Soprattutto perché si dicono certe cose prima ancora di avere scoperto che cosa significhi essere uomo o donna. E poi mi faccia dire un paio di cose fuori dai denti».Prego. «Tante volte, il bambino vuole solo rendere felice uno dei due genitori. I bambini sono specializzati nel farci felici, ci danno attenzione, mettono tutto quello che hanno per raggiungere questo obiettivo. Con gli adolescenti è diverso. Secondo la mia lettura, questa manifesta intenzione di cambiare genere è un desiderio di smarcarsi dai genitori. Come a dire: tu mi hai fatto così e invece io voglio essere altro».Una forma di ribellione? «Sì. Solo che oggi non siamo più abituati alla metafora, non siamo più abituati a pensare a che cosa ci sia dietro una dichiarazione. Prendiamo tutto per buono, appiattiamo tutto. E facciamo una gran confusione senza considerare le conseguenze».