2023-08-02
Cancellate il sussidio, è un regalo agli evasori
Leggendo queste storie si capisce perché in alcune regioni la percentuale di cittadini che non versano i contributi allo Stato sia ancora così alta: la mancia M5s oltre a disincentivare il lavoro incoraggia il sommerso. Meglio toglierla quanto prima.Ieri mattina, dopo aver sfogliato i giornali e letto le cronache delle proteste di chi contesta la sospensione del Reddito di cittadinanza mi sono chiesto: ma chi sono questi signori? Davvero sono talmente disperati da passare il loro tempo davanti alla sede dell’Inps, allo scopo di ottenere un ripensamento da parte del governo e dell’istituto, invece di cercarsi un lavoro, fosse pure part time o mal retribuito? Così ho chiamato il bravissimo Simone Di Meo, nostro collaboratore dalla Campania, chiedendogli di raccontare le storie di chi protesta e anche quelle di qualche altro percettore del sussidio che si lamenta sui social. Di Meo ha ricostruito le storie di chi minaccia di mettere a fuoco la città se non riavrà l’assegno mensile dell’Inps. Si tratta in larga parte di persone con un lavoro nero, che arrotondano i guadagni con i soldi statali, cioè dei contribuenti. Non sono, come ci vorrebbero far credere, capi famiglia disperati, che non hanno alcun mezzo di sostentamento e senza il contributo pubblico non saprebbero come mangiare e pagare l’affitto. In una giornata, il collega ha scovato la signora che fa l’affittacamere, gestendo due bed&breakfast abusivi, e anche se risulta nullatenente vive nella casa dell’ex marito: reddito presunto 2.000 euro, 400 euro il reddito di cittadinanza. Poi ci sono i coniugi che fanno i badanti per anziani e allettati rigorosamente in nero, guadagnando 2.500 euro al mese, cui si sommano 1.300 euro di reddito di cittadinanza. Un altro fa il custode abusivo al Vomero, con casa in comodato gratuito concessa dai condomini, 1.200 euro di «stipendio» esentasse e 600 euro di reddito. Poi c’è la parrucchiera che lavora a domicilio: guadagni intorno ai 1.500 euro non dichiarati, che uniti ai 600 euro dell’Inps diventano 2.100. La lista può continuare con l’ex poliziotto che fa il buttafuori in discoteca e se serve pure il cameriere, alla cui paga unisce i 700 euro del reddito, o l’ex autista di un politico di centrodestra, che fa il vigilante abusivo e somma l’introito con 400 euro di reddito. Insomma, tra chi fa il sit in di protesta e chi invece si scatena sui social minacciando fuoco e fiamme, è difficile trovare chi vive solo con il sussidio dell’Inps. Tutti o quasi, se non hanno figli piccoli da accudire a casa o sono impossibilitati da disabilità, si arrangiano con lavori non dichiarati e spesso l’assegno dell’ente previdenziale è qualche cosa che si aggiunge. Difficile, insomma, trovare i veri poveri fra coloro che si sono visti revocare il Reddito di cittadinanza: ci sono più furbi che bisognosi.Del resto, la richiesta a Di Meo non l’ho fatta a caso. Nei mesi scorsi, quando il governo Meloni decise di rivedere la misura che avrebbe dovuto abolire la povertà (ricordate Luigi Di Maio, quello che dopo essere stato trombato alle elezioni si è sistemato come inviato nel Golfo per conto dell’Europa?) mi colpì uno studio pubblicato su Lavoce.info, il sito di informazione fondato da Tito Boeri e non certo sospetto di simpatie per l’attuale maggioranza. Descrivendo gli effetti del Reddito di cittadinanza e analizzando le caratteristiche dei percettori del sussidio, alcuni ricercatori davano conto del fatto che la metà dei beneficiari aveva ricevuto una proposta di lavoro dai centri per l’impiego, ma ben il 56 per cento non l’aveva accettata. Possibile, mi sono chiesto? Pur avendo la possibilità di trovare un’occupazione, più di un quarto di chi riceve l’assegno Inps ha rifiutato l’offerta preferendo rimanere a casa in una condizione precaria? La ricerca, che risale a circa un anno fa, metteva in evidenza alcuni aspetti. Per prima cosa smentiva la narrazione che nessuna delle persone assistite avesse avuto una proposta di lavoro. Il 50 per cento aveva ottenuto una richiesta, ma più della metà l’aveva respinta. Perché, mi sono chiesto. Beh, sentite le risposte e pensate a quelli che protestano a Napoli. Il 53,6 per cento aveva dichiarato che l’attività non era in linea con le proprie competenze, il 24,5 per cento con il proprio titolo di studio, l’11,9 per cento che la retribuzione era troppo bassa e il 7,9 per cento non voleva spostarsi da casa. In pratica, l’86 per cento pur essendo disoccupata non ha intenzione di fare un lavoro che ritiene non adatto per sé o eccessivamente lontano. Che altro dire? Che leggendo le storie raccolte da Di Meo si capisce perché, secondo l’Inps, in alcune regioni si registra un alto tasso di evasione contributiva: il Reddito aiuta a incentivare il lavoro nero. Meglio toglierlo quanto prima.
Jose Mourinho (Getty Images)