Il 19 aprile la Uefa annuncerà la formula della nuova Champions League che dal 2024 avrà in calendario 100 partite in più rispetto al modello attuale. Dalla prossima stagione al via la terza competizione continentale per club, la Conference League. Il meccanismo porterà inevitabilmente maggiori introiti e renderà i club sempre più dipendenti dai diritti televisivi. E anche le Nazionali fanno a gara di sponsor.
Il 19 aprile la Uefa annuncerà la formula della nuova Champions League che dal 2024 avrà in calendario 100 partite in più rispetto al modello attuale. Dalla prossima stagione al via la terza competizione continentale per club, la Conference League. Il meccanismo porterà inevitabilmente maggiori introiti e renderà i club sempre più dipendenti dai diritti televisivi. E anche le Nazionali fanno a gara di sponsor.Quello del numero troppo alto di partite in una singola stagione calcistica è un mantra che ormai si ripete ciclicamente ogni anno, il più delle volte per giustificare lo scarso rendimento di club e giocatori, giunti a fine campionato ormai spremuti e scarichi. Un tema di cui si è discusso con ancor più frequenza nell'ultimo anno, da quando la pandemia ha imposto ritmi più serrati per recuperare il tempo perso durante il primo grande lockdown di marzo 2020 che ha bloccato per oltre tre mesi praticamente i campionati di tutto il mondo e rinvito di 12 mesi gli Europei. «Occorre ridurre il numero di squadre della Serie A da 20 a 18», «dividiamo la Serie A in due gironi e introduciamo i playoff in modo che ci sia un numero inferiore di partite» e poi ancora «annulliamo per una stagione tutte le amichevoli delle Nazionali» si leggeva sui giornali e si ascoltava nelle principali trasmissioni televisive e radiofoniche. Proposte, però, che non tenevano conto di un fattore molto importante e determinante che, nel calcio moderno, è diventato essenziale per la sua sopravvivenza: i diritti televisivi.È superfluo ormai spiegare e sottolineare come a tenere in piedi tutto il circo dell'azienda pallone siano i proventi che le televisioni versano ogni anno nelle casse dei club. Basta considerare che i ricavi dalla cessione dei diritti audiovisivi hanno un impatto medio del 45% sul fatturato di un top club e del 75% sul quello di una squadra della fascia medio bassa. Per fare degli esempi concreti, riprendendo uno studio elaborato da SportEconomy, il club europeo sul cui fatturato la voce dei diritti tv ha un impatto minore è il Bayern Monaco con il 32%, Real Madrid e Barcellona sono rispettivamente a 34% e 35%, il Manchester United 38%, Chelsea 45%, Arsenal 46%, Manchester City 47%, Liverpool 49%. In Italia sul podio ci sono Inter 37%, Juventus 44% e Milan 48%, mentre Roma e Napoli registrano rispettivamente 59% e 69%.Traducendo queste percentuali in parole povere, significa che il calcio, italiano, europeo o mondiale che sia, è sempre più dipendente dalle tv che ormai da diversi anni hanno più di una voce in capitolo anche sui giorni e gli orari delle partite, ed è quindi quasi utopistico pensare che si possa ridurre il numero di match stagionali. Anzi, la tendenza va esattamente nella direzione opposta. Il principio è che più gare si giocano, più se ne trasmettono, più i club ricevono soldi dalle pay tv. Nei cinque top tornei europei, Premier League, Liga, Serie A, Bundesliga e Ligue 1, solamente il campionato tedesco rimane fedele alle 18 squadre. Il nostro è passato da 18 a 20 nella stagione 2004/2005 (prima di allora l'ultimo campionato disputato da 20 squadre era stato quello del 1951/1952. E proprio la Uefa, l'organismo che gestisce il calcio europeo, ha deciso di riformare la sua più importante e redditizia competizione per club a livello continentale, ovvero la Champions League. In che modo? Aumentando il numero di partite. Il numero uno della Uefa, lo sloveno Aleksander Čeferin, annuncerà il 19 aprile, in occasione del prossimo comitato esecutivo, il nuovo format che entrerà in vigore dalla stagione 2024/2025 e che vedrà l'abbandono degli ormai tradizionali gironi che precedono la fase a eliminazione diretta e il passaggio a una specie di campionato unico formato da 36 squadre, quattro in più rispetto alle 32 che attualmente compongono gli otto gironi della prima fase, ognuna delle quali sarà impegnata per 10 partite, cinque in casa e cinque in trasferta contro avversari sempre diversi. Alla fine di questa fase le prime otto della classifica accederanno direttamente agli ottavi di finale, mentre le altre otto che comporranno il tabellone delle migliori 16 saranno decise attraverso degli spareggi tra le squadre che si sono piazzate tra il nono e il sedicesimo posto della classifica. Dopodiché quarti, semifinali e finale per un totale di 225 partite, 100 in più (un incremento dell'80%) rispetto alle 125 della formula attuale. Una riforma definita dalla stessa Uefa come «la più radicale degli ultimi 20 anni».Sul tavolo dell'Uefa ci sarebbe poi anche l'idea di prendere come esempio il modello economico che negli ultimi anni ha portato il Superbowl a essere uno degli eventi sportivi più seguiti e redditizi al mondo. La finalissima che determina la squadra campione della Nfl negli Stati Uniti è stata quantificata in cinque miliardi di euro equivalenti in diritti audiovisivi, a fronte di quella della Champions League che ne raggiunge al massimo uno. Il piano è quello di guadagnare 100 miliardi di euro in 10 anni, cifra astronomica che la National Football League incasserà per 10 anni, a partire dal 2023, dalle televisioni americane e da Amazon per la trasmissione delle gare di football. E per farlo avrà necessariamente bisogno di incrementare gli introiti provenienti dalle tv.Sempre la Uefa, su un'idea dell'ex presidente Michel Platini, aveva introdotto nel 2018 una nuova competizione per Nazionali, la Uefa Nations League, pensata per sostituire quella serie di amichevoli ritenute dai più come «inutili» e «poco spettacolari». E a partire dalla prossima stagione, 2021/2022, avremo anche la Europa Conference League, una competizione continentale per club che affiancherà le già esistenti e consolidate Champions ed Europa League. Si tratta di un torneo a cui prenderanno parte in totale 184 squadre, almeno una per ognuna delle federazioni iscritte alla Uefa, delle quali soltanto 32 arriveranno alla fase a gironi.A proposito di Nazionali, nelle scorse settimane SportBusiness ha pubblicato una classifica che mette in ordine le Nazionali per ricavi da sponsor: in testa alla classifica c'è la Germania con 130 milioni ricavati da 17 sponsor, poi Francia e Inghilterra rispettivamente con 92 milioni ricavati da 13 sponsor e 88,4 milioni ricavati da 23 sponsor, e l'Italia al quarto posto con 42,7 milioni ricavati da 25 sponsor (8 in più rispetto alla Germania prima che però guadagna quasi 90 milioni in più).
Lucetta Scaraffia (Ansa)
In questo clima di violenza a cui la sinistra si ispira, le studiose Concia e Scaraffia scrivono un libro ostile al pensiero dominante. Nel paradosso woke, il movimento, nato per difendere i diritti delle donne finisce per teorizzare la scomparsa delle medesime.
A uno sguardo superficiale, viene da pensare che il bilancio non sia positivo, anzi. Le lotte femministe per la dignità e l’eguaglianza tramontano nei patetici casi delle attiviste da social pronte a ribadire luoghi comuni in video salvo poi dedicarsi a offendere e minacciare a telecamere spente. Si spengono, queste lotte antiche, nella sottomissione all’ideologia trans, con riviste patinate che sbattono in copertina maschi biologici appellandoli «donne dell’anno». Il femminismo sembra divenuto una caricatura, nella migliore delle ipotesi, o una forma di intolleranza particolarmente violenta nella peggiore. Ecco perché sul tema era necessaria una riflessione profonda come quella portata avanti nel volume Quel che resta del femminismo, curato per Liberilibri da Anna Paola Concia e Lucetta Scaraffia. È un libro ostile alla corrente e al pensiero dominante, che scardina i concetti preconfezionati e procede tetragono, armato del coraggio della verità. Che cosa resta, oggi, delle lotte femministe?
Federica Picchi (Ansa)
Il sottosegretario di Fratelli d’Italia è stato sfiduciato per aver condiviso un post della Casa Bianca sull’eccesso di vaccinazioni nei bimbi. Più che la reazione dei compagni, stupiscono i 20 voti a favore tra azzurri e leghisti.
Al Pirellone martedì pomeriggio è andata in scena una vergognosa farsa. Per aver condiviso a settembre, nelle storie di Instagram (che dopo 24 ore spariscono), un video della Casa Bianca di pochi minuti, è stata sfiduciata la sottosegretaria allo Sport Federica Picchi, in quota Fratelli d’Italia. A far sobbalzare lorsignori consiglieri non è stato il proclama terroristico di un lupo solitario o una sequela di insulti al governo della Lombardia, bensì una riflessione del presidente americano Donald Trump sull’eccessiva somministrazione di vaccini ai bambini piccoli. Nessuno, peraltro, ha visto quel video ripostato da Picchi, come hanno confermato gli stessi eletti al Pirellone, eppure è stata montata ad arte la storia grottesca di un Consiglio regionale vilipeso e infangato.
Jannik Sinner (Ansa)
Alle Atp Finals di Torino, in programma dal 9 al 16 novembre, il campione in carica Jannik Sinner trova Zverev, Shelton e uno tra Musetti e Auger-Aliassime. Nel gruppo opposto Alcaraz e Djokovic: il duello per il numero 1 mondiale passa dall'Inalpi Arena.
Il 24enne di Sesto Pusteria, campione in carica e in corsa per chiudere l’anno da numero 1 al mondo, è stato inserito nel gruppo Bjorn Borg insieme ad Alexander Zverev, Ben Shelton e uno tra Felix Auger-Aliassime e Lorenzo Musetti. Il toscano, infatti, saprà soltanto dopo l’Atp 250 di Atene - in corso in questi giorni in Grecia - se riuscirà a strappare l’ultimo pass utile per entrare nel tabellone principale o se resterà la prima riserva.
Il simulatore a telaio basculante di Amedeo Herlitzka (nel riquadro)
Negli anni Dieci del secolo XX il fisiologo triestino Amedeo Herlitzka sperimentò a Torino le prime apparecchiature per l'addestramento dei piloti, simulando da terra le condizioni del volo.
L'articolo contiene una gallery fotografica.
Gli anni Dieci del secolo XX segnarono un balzo in avanti all’alba della storia del volo. A pochi anni dal primo successo dei fratelli Wright, le macchine volanti erano diventate una sbalorditiva realtà. Erano gli anni dei circuiti aerei, dei raid, ma anche del primissimo utilizzo dell’aviazione in ambito bellico. L’Italia occupò sin da subito un posto di eccellenza nel campo, come dimostrò la guerra Italo-Turca del 1911-12 quando un pilota italiano compì il primo bombardamento aereo della storia in Libia.
Il rapido sviluppo dell’aviazione portò con sé la necessità di una crescente organizzazione, in particolare nella formazione dei piloti sul territorio italiano. Fino ai primi anni Dieci, le scuole di pilotaggio si trovavano soprattutto in Francia, patria dei principali costruttori aeronautici.
A partire dal primo decennio del nuovo secolo, l’industria dell’aviazione prese piede anche in Italia con svariate aziende che spesso costruivano su licenza estera. Torino fu il centro di riferimento anche per quanto riguardò la scuola piloti, che si formavano presso l’aeroporto di Mirafiori.
Soltanto tre anni erano passati dalla guerra Italo-Turca quando l’Italia entrò nel primo conflitto mondiale, la prima guerra tecnologica in cui l’aviazione militare ebbe un ruolo primario. La necessità di una formazione migliore per i piloti divenne pressante, anche per il dato statistico che dimostrava come la maggior parte delle perdite tra gli aviatori fossero determinate più che dal fuoco nemico da incidenti, avarie e scarsa preparazione fisica. Per ridurre i pericoli di quest’ultimo aspetto, intervenne la scienza nel ramo della fisiologia. La svolta la fornì il professore triestino Amedeo Herlitzka, docente all’Università di Torino ed allievo del grande fisiologo Angelo Mosso.
Sua fu l’idea di sviluppare un’apparecchiatura che potesse preparare fisicamente i piloti a terra, simulando le condizioni estreme del volo. Nel 1917 il governo lo incarica di fondare il Centro Psicofisiologico per la selezione attitudinale dei piloti con sede nella città sabauda. Qui nascerà il primo simulatore di volo della storia, successivamente sviluppato in una versione più avanzata. Oltre al simulatore, il fisiologo triestino ideò la campana pneumatica, un apparecchio dotato di una pompa a depressione in grado di riprodurre le condizioni atmosferiche di un volo fino a 6.000 metri di quota.
Per quanto riguardava le capacità di reazione e orientamento del pilota in condizioni estreme, Herlitzka realizzò il simulatore Blériot (dal nome della marca di apparecchi costruita a Torino su licenza francese). L’apparecchio riproduceva la carlinga del monoplano Blériot XI, dove il candidato seduto ai comandi veniva stimolato soprattutto nel centro dell’equilibrio localizzato nell’orecchio interno. Per simulare le condizioni di volo a visibilità zero l’aspirante pilota veniva bendato e sottoposto a beccheggi e imbardate come nel volo reale. All’apparecchio poteva essere applicato un pannello luminoso dove un operatore accendeva lampadine che il candidato doveva indicare nel minor tempo possibile. Il secondo simulatore, detto a telaio basculante, era ancora più realistico in quanto poteva simulare movimenti di rotazione, i più difficili da controllare, ruotando attorno al proprio asse grazie ad uno speciale binario. In seguito alla stimolazione, il pilota doveva colpire un bersaglio puntando una matita su un foglio sottostante, prova che accertava la capacità di resistenza e controllo del futuro aviatore.
I simulatori di Amedeo Herlitzka sono oggi conservati presso il Museo delle Forze Armate 1914-45 di Montecchio Maggiore (Vicenza).
Continua a leggereRiduci











