2025-10-03
Calano le tasse sui redditi da lavoro. Nei prossimi 3 anni 20 miliardi alla Difesa
Giancarlo Giorgetti (Ansa)
Approvato ieri in Cdm il Documento programmatico di finanza pubblica: «Nel 2025 deficit al 3% e Pil allo 0,5%».Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp), il nuovo spartiacque della contabilità statale che prende il posto della vecchia Nadef e segna la rotta delle prossime manovre economiche. E la prima notizia, per chi ama i numeri, è piuttosto incoraggiante: il deficit dovrebbe scendere già quest’anno al 3% consentendo all’Italia di uscire dalla procedura d’infrazione Ue con un anno di anticipo. Il Pil invece segna un timido +0,5% nel 2025, destinato a salire allo 0,7% nel 2026. Un decimale in più qui o là, frutto di una manovra ancora in via di definizione, potrebbe regalare un piccolo bonus statistico agli analisti.Nel dettaglio, il tasso di crescita programmatico per il triennio 2026-2028 è fissato rispettivamente allo 0,7%, 0,8% e 0,9%, con il tasso tendenziale leggermente più prudente: 0,7% nel 2026 e 2027 e 0,8% nel 2028. Nulla di eclatante, ma sufficiente a dare al governo qualche margine per intervenire su fisco, famiglie e lavoro, senza dimenticare, naturalmente, l’incognita sempre in agguato delle spese per la difesa.Ed ecco il pezzo forte: la spesa militare. Il Dpfp prevede un incremento complessivo di circa 20 miliardi in tre anni, distribuito con uno 0,15% del Pil nel 2026, 0,3% nel 2027 e 0,5% nel 2028. Chiaramente, questa mossa è subordinata all’uscita dalla procedura per deficit eccessivo, il che significa che se i conti non reggono, i missili e i carri armati dovranno aspettare. A meno di non ottenere una deroga visto l’eccezionalità delle spese militari. Come ha sottolineato il ministro Giorgetti, l’approccio resta «pragmatico»: gli impegni internazionali vanno rispettati, ma senza dimenticare la promozione dell’industria nazionale.Se la Difesa occupa le prime pagine, il fisco non resta certo in disparte. Il taglio dell’Irpef sarà il primo passo: quest’anno il ceto medio beneficerà della riduzione della seconda aliquota dal 35% al 33% per i redditi tra 28.000 e 50.000 euro. Non ci sarà alcun allargamento fino a 60.000 euro, per ora, ma l’idea è chiara: alleggerire il carico su chi lavora, stimolare i consumi e dare ossigeno al portafoglio dei contribuenti «medi». Soprattutto alla luce delle ultime indicazioni da cui risulta che quasi la metà degli italiani non versa un euro al fisco. Vuol dire che a pagare sono i «soliti noti». Sul fronte famiglie, invece, si guarda alle detrazioni fiscali, al quoziente familiare e a nuovi incentivi per natalità e conciliazione vita-lavoro, perché l’Italia ha bisogno di nuovi cittadini oltre che di nuove armi.La sanità riceverà un’attenzione speciale, con 2-3 miliardi aggiuntivi oltre ai 4 già previsti: obiettivo, migliorare stipendi e assumere personale. Il ministero della Salute sta già lavorando a un piano da 27.000 assunzioni, con priorità agli infermieri. Insomma, se i missili fanno notizia, gli infermieri faranno storia. Scrive la nota del Mef: «Concorre al finanziamento della manovra una combinazione di misure dal lato delle entrate e di interventi sulla spesa; questi ultimi tengono conto del monitoraggio compiuto e dell’adeguamento dei relativi cronoprogrammi di spesa», precisa il ministero. «Si ricorda che la manovra dello scorso anno ha reso strutturali fondamentali misure quali quelle relative alla riduzione del carico fiscale sui redditi da lavoro, le missioni internazionali, il rinnovo dei contratti pubblici e ha finanziato, in misura rilevante, il livello del finanziamento del fondo sanitario nazionale e ha previsto la costituzione di fondi per gli investimenti e per la ricostruzione».Non mancano le misure per le imprese. Dopo le difficoltà con Transizione 5.0, il governo punta a strumenti incentivanti orizzontali con risorse nazionali, mentre l’Ires dovrebbe diventare più premiale e semplice. Anche le Zes, zone economiche speciali, vedranno confermata e possibilmente rafforzata la dotazione finanziaria, in linea con l’impegno preso con Confindustria. Il Dpfp non dimentica nemmeno il futuro energetico: il consiglio dei ministri ha approvato lo schema di delega al governo per l’energia nucleare sostenibile. Il ministro Pichetto Fratin parla chiaro: si punta al quadro della neutralità tecnologica e della transizione energetica europea. Innovazione, sicurezza e responsabilità verso cittadini, imprese e ambiente: un tris d’assi che il nucleare prova a giocare senza bluff.Il Dpfp, insomma, alza il velo sul quadro macroeconomico, dando segnali positivi sull’indebitamento e aprendo spiragli per la manovra. Occhi puntati su Bruxelles, dove il documento arriverà il 15 ottobre, e sulle Camere, che lo esamineranno il 9 dello stesso mese. Tra tagli, detrazioni e spese mirate, la prossima legge di bilancio si annuncia una partita a scacchi, con pedine fiscali, cavalli militari e alfieri sanitari. Se tutto va secondo i piani, il deficit toccherà quota 3% già quest’anno, anticipando l’uscita dalla procedura d’infrazione e liberando risorse per le priorità del governo: un piccolo miracolo contabile che fa ben sperare, anche se il debito resta su una traiettoria al rialzo. Difficile dire se basterà per rendere tutti felici, ma di certo il Dpfp mette in fila numeri e intenzioni, e lo fa con quel mix di prudenza e ambizione che è diventato il marchio di fabbrica della quarta legge di bilancio dell’esecutivo Meloni.
Ecco #EdicolaVerità, la rassegna stampa del 3 ottobre con Carlo Cambi