2019-03-09
Cacciato dal Cern il fisico che smontò le balle sulle donne discriminate
Alessandro Strumia epurato dall'istituto ginevrino per aver affermato che colleghe meno capaci avevano fatto carriera solo grazie all'ideologia.Hanno scelto la vigilia della festa della donna per epurare il maschio «sessista». Mercoledì scorso, il Cern ha deciso di «interrompere i rapporti» con il fisico Alessandro Strumia, docente all'Università di Pisa, che a settembre si era macchiato di una colpa gravissima in tempi di Me too: dire la verità sulla parità di genere. Durante un convegno a Ginevra, organizzato dal 26 al 28 settembre dal Cern, Strumia aveva sostenuto che quella della discriminazione delle donne nella fisica è una panzana. Aveva spiegato, dati alla mano, che studiose che vantano meno citazioni, il cui lavoro scientifico, cioè, incide in misura inferiore, vengono in media preferite ai colleghi uomini nelle assunzioni. E che, se in alcuni settori disciplinari la presenza femminile è più risicata, questo dipende dal fatto che «uomini e donne tendono ad avere interessi diversi», come aveva precisato lui, raggiunto dalla Verità. Strumia, in sostanza, ha commesso il crimine capitale: affermare che il piagnisteo femministaiolo non si basa su evidenze statistiche e che, indagando in maniera oggettiva, cioè, con il metodo scientifico che i fisici di qualunque sesso dovrebbero tenere presente, si scopre che sono proprio gli uomini, semmai, quelli penalizzati. Peccato che femminismo e teoria gender rinneghino un elemento fondamentale del suddetto metodo scientifico: la verificabilità. Quello che conta non è il principio di realtà, cioè se una tesi sia comprovabile o meno sulla base delle evidenze. Quando si parla di «empowerment» delle donne, non si ha a che fare con un teorema da dimostrare, ma con un dogma.Dopo quello scandaloso intervento alla conferenza di Ginevra sulle discriminazioni di genere nella fisica, Strumia era stato sospeso dal Cern. L'ente di ricerca aveva aperto un'investigazione per verificare se il seminario del professore potesse aver violato principi quali «l'obbligo di esercitare riservatezza e tatto», o «la riservatezza nell'esprimere opinioni personali». Perché se le opinioni non sono quelle che piacciono alla gente che piace, bisogna tenersele per sé. Il professore, saputo dell'indagine interna, aveva concordato informalmente che avrebbe lasciato di sua iniziativa il Cern, senza altri polveroni. Ma alla fine, l'istituto ginevrino ha preferito annunciare pubblicamente che non gli avrebbe più esteso lo status di «visiting professor». A gennaio, intanto, il senato accademico dell'Università di Pisa aveva formalmente richiamato il fisico per aver violato il codice etico dell'ateneo, evocando «principi di realtà, correttezza e rispetto reciproco». E pare che sulla sanzione abbiano pesato anche alcune delle dichiarazioni che Strumia aveva rilasciato alla Verità.È un peccato che le «purghe» vengano dalle stesse istituzioni che celebrano la «competenza», rivendicando (giustamente) la libertà della scienza dai condizionamenti politici. E che le reprimende siano partite pure dalla città di Galileo Galilei, il padre del metodo scientifico moderno, dipinto come un martire del fanatismo cattolico, ma che molto più banalmente cadde sotto i colpi delle invidie accademiche e del pensiero unico del suo tempo. Ogni epoca ha la sua tirannide del politicamente corretto. Strumia, peraltro, è un recidivo. Pochi giorni dopo il misfatto a Ginevra, alla Verità aveva ribadito le sue ragioni: «Io ho fatto quello che dovrebbe fare uno scienziato», aveva argomentato. «Adottando un criterio bibliometrico, cioè misurando il numero di citazioni delle opere di scienziati uomini e donne, ho provato che non c'è alcuna discriminazione di genere». Trasgressione imperdonabile: come ha osato sottoporre a verifica sperimentale il vittimismo femminista? «Mi sono sentito in dovere di parlare», si era giustificato Strumia: «O mi censuravo da solo, o mi censuravano loro». Lo hanno censurato loro. Anche perché al fisico non è bastato difendersi sulle colonne del nostro quotidiano. Poco tempo fa e nonostante la sospensione del Cern e il provvedimento disciplinare dell'Università di Pisa, intervistato dalla Bbc, Strumia ha ammesso di non aver cambiato idea. Rieducazione fallita.Eppure, anche volendo ammettere che le idee del professore sulle donne siano biasimevoli, la carriera di questo studioso è più che commendevole. Se digitate il suo nome su Google scholar, il motore di ricerca dedicato all'accademia, trovate quasi 40.000 citazioni. Nel suo curriculum sono riportate decine di pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali. Il partito dei competenti lo potrebbe nominare segretario per acclamazione. Invece, i suoi omologhi lo puniscono. Un po' come è accaduto al premio Nobel James Watson. I commenti sul quoziente intellettivo dei neri sono costati allo scopritore della struttura del Dna la revoca dei titoli onorifici da parte del laboratorio di genetica da lui diretto per decenni. Per molto meno, un ingegnere di Google, nel 2017, si vide recapitare una lettera di licenziamento. Quasi come Strumia, James Damore aveva criticato apertamente le politiche di «inclusione» delle donne attuate dalla società e aveva addirittura osato scrivere che, se c'erano meno donne in ruoli di leadership, era semplicemente perché gli uomini erano più adatti a ricoprire quegli incarichi. Risultato: cacciato a pedate.«La fisica è stata inventata e costruita dagli uomini, non si entra per invito», aveva detto Strumia durante la conferenza di Ginevra. E probabilmente, la cosa peggiore della sua affermazione non era che fosse tacciabile di «maschilismo», ma che fosse vera. Sì, è così: la legge di gravitazione universale l'ha scoperta Isaac Newton, il teorema del flusso l'ha dimostrato Carl Friedrich Gauss, la teoria di Newton fu corretta da Albert Einstein, la fisica nucleare ha un «padre» (o un genitore 1?), cioè Ernest Rutherford. E se Marie Curie ha vinto un premio Nobel non è stato grazie alle quota rosa, anzi: dal momento che nella Polonia russa, il suo Paese natale, le donne non erano ammesse agli studi superiori, dovette trasferirsi a Parigi per frequentare la Sorbona. La Curie non portò mai rancore: quando scoprì un nuovo elemento, lo chiamò «polonio» in onore della sua terra natia. Oggi, le donne occidentali possono studiare ovunque. E se sono brave, se fanno una scoperta, se realizzano una ricerca valida, nessuno può privarle del frutto del loro lavoro. Quelle (noi crediamo poche: le scienziate sono in grande maggioranza professioniste serie) che campano di veti ideologici, piuttosto studino, si impegnino, si applichino. E dimostrino a Strumia che sono più brave di lui.
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